Gli agricoltori e la capacità di protestare

Gli agricoltori e la capacità di protestare

       Le politiche della UE non cessano di tradire, per chi vuol leggere, fino a che punto questo organismo stia diventando sempre più rigidamente burocratico, demagogico e avulso dalla realtà e in fondo inutile. A questo totalitarismo travestito si aggiungono il masochismo e il servilismo, anch’essi opportunamente dissimulati.

       Iperboli e immeritate accuse? Vediamo alcuni esempi concreti.

       L’attuale crisi economica di nazioni come la Germania, fino ad alcuni anni fa locomotiva dell’economia europea; l’isteria anti-russa di cucina americana e le scervellate sanzioni partorite  a più riprese dall’ineffabile ma pericolosa Presidente della Commissione; l’abulia e la miopia riguardo all’invasione migratoria e alla strisciante islamizzazione dell’Europa; la soffocante ridda di misure e provvedimenti legislativi a tutti i livelli, personali e non solo economici; l’ostinata e costosa politica di aiuti nei confronti dell’Ucraina senza un minimo di critica per la cervellotica espansione della NATO (origine del caos in atto); la conseguente perdita delle forniture di gas russo a buon mercato; le incerte e dubbie solidarietà nei confronti di Israele e la timidezza o prudenza nei confronti dell’Iran, patrona dei vari movimenti terroristici di marca islamica da Hamas agli Houthis…La lista potrebbe continuare, ma anche gli esempi sopra elencati bastano da soli a gettare un’ombra poco lusinghiera sull’istituzione.

        La recente decisione della UE di destinare (ovvero sperperare) altri 50 miliardi di euro in Ucraina, dopo aver sostanzialmente ricattato Victor Orban, che si opponeva, senza che nessuno effettivamente sappia come e dove quei fondi e materiali saranno ricevuti ed utilizzati, costituisce un ultimo esempio dell’irresponsabile dilettantismo che regna a Bruxelles. E semplicemente incredibile che enormi risorse e attenzioni continuino a venire dedicate a un Paese dove i sospetti e le prove di una dilagante corruzione ai massimi livelli sono di dominio pubblico. Il fatto che i miliardi  in questione possano forse essere attinti dai proventi di fondi russi congelati non diminuisce e anzi aumenta l’assurdità del progetto. Dalle immani risorse inghiottite per rifocillare e alloggiare milioni di migranti a quelle destinate all’Ucraina, il comune denominatore è sempre lo stesso un disinvolto e goffo sperpero di denaro pubblico da parte di Stati in buona parte con strutturali problemi finanziari. 

      Il suddetto comportamento dovrebbe suscitare proteste e resistenze negli elettori dei vari Paesi europei, se non fosse che la distrazione e il plagio delle platee urbane in proposito lo hanno facilitato e legittimato.  

     Come noto, è di questi giorni la massiccia protesta degli agricoltori di tutta l’Europa nei confronti di varie misure comunitarie. Il fatto che sia questa categoria a protestare in modo così corale, e non esponenti delle città, sembra indicare come degli elettori tendenzialmente meno esposti alle sofisticazioni (leggi:  l’oppio mediatico)  della civiltà urbana siano più capaci di reazioni e di critiche. Il dato può sembrare poco rilevante, ma in realtà costituisce un segnale della progressiva e sconsolante apatia delle masse cittadine.

    La cosiddetta PAC (Politica Agricola Comune), che ha stimolato le suddette proteste, è un ulteriore esempio di come un organismo originariamente istituito per facilitare gli scambi economici sia ormai diventato un’entità sostanzialmente invasiva, parassitaria e dispotica, ormai avvitata in un crescendo di rigidi schemi ideologici. Il ventilato accoglimento nella UE dell’Ucraina, Paese grande esportatore di grano, oltre che scarso campione di democrazia - opposizione e canali televisivi alternativi sono stati messi al bando - è un altro esempio della furbizia dei dirigenti comunitari. Non meraviglia che anche tale prospettiva inquieti gli agricoltori europei, che si troverebbero di fronte un formidabile concorrente di forniture agricole, ragione per cui vari Stati membri come la Polonia hanno già posto ostacoli alle importazioni di grano ucraino. Non vi è poi bisogno di molta fantasia per prevedere che, diventata membro, l’Ucraina assorbirebbe fatalmente anche cospicue fette di sussidi, ovviamente, sempre sottratti alle tasche degli altri Stati membri.

     Ora, la PAC in questione sarebbe motivata dall’obbiettivo di arginare l’inquinamento ambientale, ma nessuna delle infinite commissioni tecniche della UE sembra riconoscere che un fattore cardine del fenomeno è banalmente il drammatico incremento demografico, sotto il naso di tutti ma stranamente ignorato. Eppure, è banale: più uomini vuol dire più bestiame, più macchine, più consumo di combustibili,  più emissioni, più detriti, più consumo di acqua, più deforestamento, etc. A questo proposito, la supposta soluzione del famigerato “sviluppo sostenibile” è una delle più patetiche e fraudolente favole elaborate negli ultimi cento anni. 

      Insomma, come avviene per l’attuale crisi economica e politica che affligge l’Europa,  le cause reali del fenomeno rimangono nell’ombra.

     Se comunque la messa a riposo di una percentuale dei terreni o magari le carni prodotte in laboratorio pretendono di essere una risposta all’inquinamento globale, con lo stesso criterio, analoghe limitazioni dovrebbero essere imposte alle industrie automobilistiche, alla circolazione degli aerei, alle produzioni delle fabbriche,  etc. Ovviamente, nessuno si sogna di farlo. Come dire infatti a centinaia di milioni di turisti che devono viaggiare di meno?  E come dirlo a tanti Stati dove il turismo è un’insostituibile componente del loro PNL? Ecco perché, dato l’attuale modello di sviluppo, le ricette dello sviluppo sostenibile sono una presa in giro.

      Insomma, sotto l’ombrello della lotta all’inquinamento, circolano molte fantasie o comunque progetti che mancano di realismo o di cui non sono visibili le conseguenze a lunga durata. L’aumento dell’estrazione del litio, reso necessario da un aumento della produzione di vetture elettriche, per esempio, richiederà enormi quantità di acqua e devasterà i territori circostanti (vedi il deserto dell’Atacama in Cile,  uno dei più grandi produttori di litio al mondo). In quanto alle carni prodotte in laboratorio, a parte il proibitivo costo degli impianti, nessuno è in grado di offrire affidabili statistiche sui loro effetti bio-chimici a lunga durata sull’organismo umano.

     Come si vede, in teoria non ci sono limiti alle invenzioni più spettacolari. Si può scegliere se trattarle come “innovazioni”o come avventure alla cieca. L’invenzione della carne sintetico-industriale, per il momento ancora proibita in Europa,  è del resto solo uno dei capitoli di quel processo di cambiamenti che alcuni interpretano come progresso.  La venerabile pecus (pecora) degli antichi Romani, vera carne e ricchezza, diventò “pecunia” e quindi danaro, sotto forma di monete talvolta a base di oro, ma ormai senza carne… Da qui, il gold standard, anch’esso disinvoltamente abbandonato (vedi Bretton Woods) e sostituito dalla libera emissione di banconote e in sostanza dai debiti. A loro volta, anche queste ultime, teoricamente protette dagli Stati, sono attualmente assediate dalle famigerate “criptovalute”, sostanzialmente invisibili, non protette da nulla e sostanzialmente losche. Il trionfo della più disinvolta speculazione. In quanto alla carta stampata, quella dei libri e dei giornali, l’assedio dei concorrenti digitali è sempre più massiccio ed inarrestabile. Le informazioni digitali, sono per definizione inafferrabili e scarsamente controllabili e manovrabili, se non da parte di un’esigua minoranza: la nuova élite. 

       Anche qui, comunque, niente  carne reale, palpabile, naturale. Alla catena si potrebbe aggiungere il confetto dell’Intelligenza Artificiale e di tutti i vari esperimenti miranti a ricreare macchine pensanti, in tutto e per tutto simili agli umani, ma artificiali. Probabilmente, gli inventori sono in competizione con la natura.

      Ritornando ora alle proteste degli agricoltori e quindi alla tirannica ragnatela di leggi, regolamenti e proibizioni comunitarie che gravano sulla vita degli Europei, vi è da chiedersi fino a che punto la libera circolazione delle merci e delle persone, che stava alla base dell’istituzione, compensi la suddetta ragnatela e insomma il crescente ed erratico dispotismo di questo organismo. Sempre più sovrapposto alle sovranità nazionali, avulso dalla realtà quotidiana e carente di democrazia nei suoi gangli più delicati – vedi il Presidente della Commissione che non è eletto dal popolo – strutturalmente squilibrato e disomogeneo dal punto di vista delle dimensioni demografiche ed economiche dei vari Stati membri, esso ha legittimato l’infelice parcellizzazione di una parte nevralgica dei Balcani e ha infine perso qualsiasi misura di autonomia e dignità, confondendosi spesso con la NATO e accettando le imposizioni di una nazione lontana migliaia di chilometri.

       Se gli agricoltori protestano, ne hanno ben donde. E’ quindi significativo il fatto che analoghe proteste non siano espresse anche dagli abitanti delle città, che si nutrono grazie alle attività degli agricoltori e che morirebbero letteralmente di fame, se cibi e derrate alimentari non affluissero giornalmente nei supermercati.  

     Le suddette platee cittadine, che sono anche quelle più esposte alla quotidiana spazzatura mentale e ideologica sfornata dei vari social media, sopportano abulicamente un ingombrante doppione legislativo, non protestano in massa contro l’invasione dei migranti, non sembrano  rendersi conto della progressiva islamizzazione dell’Europa, ma vanno poi a schiamazzare in oceaniche dimostrazioni anti-semite.

     Come dire che gli agricoltori, anche se talvolta i loro prodotti (peraltro più sicuri e genuini) sono più cari di quelli importati da Paesi lontani o lontanissimi, si meritano credito e stima, se non altro perché hanno ancora la forza e la capacità di esprimere critiche e di reagire. Occorrerebbero più agricoltori…

Antonello Catani – 7 febbraio 2024

Newsletter

. . . .