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Criminali a confronto

  • Pubblicato in Esteri

  Mai come oggi hanno imperversato le chiacchere e gli stravolgimenti, la cui diffusione è stimolata e facilitata dal famigerato “progresso tecnologico” (leggi internet, mass media, cellulari, etc.)

       Per giudicare con maggiore serietà avvenimenti e persone, la semplice aritmetica e i confronti forniscono strumenti meno fuorvianti e di parte.      

       Come noto, alcuni giorni fa la mente operativa di Hamas, Yahya Sinwar, è stato ucciso durante un rastrellamento israeliano. A detta di chi lo aveva interrogato più volte durante i suoi venti anni di prigionia in Israele, Yahia Sinwar, chiamato anche “il macellaio di Khan Yunis,”  era un uomo profondamente crudele, capace di uccidere con un rasoio i suoi stessi compagni di prigione perché sospetti di collaborare con Israele. Il suo sguardo stesso  denunciava del resto una cupa personalità.      

      Sempre a detta dello stesso membro dello Shin Bet (il Servizio di sicurezza israeliano), Sinwar era tuttavia anche un individuo estremamente intelligente e razionale, che in carcere apprese l’ebraico e studiò a fondo la storia biblica e dello Stato di Israele e il comportamento dei suoi carcerieri in modo da poterli più facilmente colpire a ogni possibile occasione. Insomma, un raffinato e paziente stratega dell’odio. Fu inoltre lui l’ideatore della strage del 7 ottobre del 2023 che ha poi causato le reazioni israeliane e innescato una micidiale rappresaglia che ha mietuto fra i Palestinesi, sia civili che membri di Hamas, circa 40.000 morti. Nel frattempo, un’ondata di livido antisemitismo e di dimostrazioni pro-Palestina e pro-Hamas si è propagata da un capo all’altro del pianeta.

       E qui inizia l’aritmetica. E possono anche iniziare i confronti, in particolare con le vicende ucraine.

      Nel caso dell’Ucraina, già solo durante l’invasione di Kursk il numero dei soldati ucraini morti in combattimento si aggirerebbe intorno ai 25. 000. A tale numero si aggiungono oltre 750.000 soldati morti durante l’intero conflitto. Vi sono poi i feriti, il cui numero sarebbe ancora più alto. Un’ecatombe. In altre parole, l’esercito ucraino è talmente dissanguato che per cercare di riempire i vuoti viene effettuata una spietata caccia di nuove reclute, spesso imberbi, anche nei bar e per le strade. E’ significativo che i mass media allineati alla NATO e ostili alla Russia tendano a sminuire le suddette perdite umane, ingigantendo al contrario quelle russe, che sono in realtà probabilmente dieci volte inferiori. Le ragioni dell’opacità e della riduzione delle perdite ucraine sono evidenti: ammettere che esse sono altissime significherebbe anche riconoscere la catastrofica direzione del conflitto e l’inevitabile imminente disfatta.

     La finzione e il mascheramento della realtà continuano dunque con le incessanti forniture di armi e denaro all’Ucraina con l’illusorio scopo di aiutarla a meglio fronteggiare la Russia. Campioni di tale supporto e delle sue fraudolente promesse sono le varie comparse e i sedicenti uomini politici che spadroneggiano oggi a Bruxelles assieme alle eminenze grigie che dietro le quinte gestiscono la politica estera americana.

     Il perché le nazioni europee e gli USA continuino ad alimentare la guerra in Ucraina e il giornaliero e inutile massacro di tante vite sfugge ad interpretazioni razionali, salvo chiamare in causa il cinismo, la più criminale stupidità e una vigliaccheria senza precedenti. Nessuno dei pretesi amici e sostenitori dell’Ucraina si azzarda infatti a scendere personalmente in campo per scontrarsi con l’odiata Russia. Personaggi bipolari come Macron lo annunciano di volta in volta, per poi fare marcia indietro. La nuda verità è che la lotta contro la Russia è fatta con le ipocrite dichiarazioni di fantocci euro-atlantici ma con la pelle degli Ucraini. Di fatto, l’insensata espansione a est della NATO ha devastato non solo l’Ucraina ma ha anche messo in ginocchio l’economia europea e innescato o riacceso secolari rancori nei confronti della Russia. A loro volta, tutti questi fattori hanno messo in moto uno spostamento di alleanze, nuovi fronti e convenienze strategiche i cui effetti negativi per gli interessi USA ed europei sono poco quantificabili.    

       I numeri sopra citati permettono comunque un raffronto con l’altra assurda tragedia palestinese e adesso anche libanese, entrambe generate, a spese dei civili, da fanatici militanti sovraimpostisi a forza alla popolazione. Le analogie fra lo strapotere di questi ultimi (Hamas e Hezbollah) e il regime ultra-reazionario che oggi governa l’Ucraina sono significative. Che il regime sia ultra-reazionario lo dimostrano anche i recenti assalti nazionalisti alle chiese oltre che il bando dell‘opposizione e la censura nelle comunicazioni oltre allo stesso fatto che tecnicamente Zelensky non ha ormai nessuna legittimità presidenziale. Ora, i morti e i feriti relativi che all’Ucraina sono di gran lunga più grandi di quelli di Gaza e del Libano, nell’ordine di 15-20 volte. Nonostante ciò, non si registrano manifestazioni e dimostrazioni ostili alla Russia in giro per il mondo neanche lontanamente paragonabili a quelle a favore di Gaza e di Hamas. Il fatto dovrebbe colpire, visto che il numero delle vittime ucraine è talmente superiore.

     L’altro raffronto che si impone, per quanto insolito, è quello fra il già menzionato Yahya Sunwar e il preteso "presidente" ucraino Volodymir Zelensky.

     Contrariamente a Sinwar, presente in prima linea nei tunnel della guerriglia a Gaza, Zelensky predilige i podi, i viaggi intercontinentali e i Parlamenti, insomma, luoghi più sicuri e comodi. Sinwar portava coerentemente al collo la tipica sciarpa (Kefiah) palestinese bianca e nera, mentre Zelensky ha abbandonato la cravatta e circola da anni con la stessa teatrale ma incongrua maglietta verde paramilitare, sempre lontano dalla prima linea

     Le azioni di Sinwar erano motivate da un odio feroce, a sua volta causato dall’esistenza di Israele e dai suoi venti anni di prigione. Il conflitto con la Russia e le incessanti questue di Zelensky  che chiede sempre più armi e denaro, sono originate in sostanza da un banale e petulante capriccio: quello di far parte della NATO, in realtà una delle entità più inutili e destabilizzanti oggi esistenti. Un capriccio che inizia ben prima dell’occupazione-referendum della Crimea e dunque senza reali necessità. Il fatto che esso sia stato letteralmente stimolato e alimentato dalla UE e dagli Stati Uniti non ne diminuisce la balordaggine, la mancanza di razionalità e l’inerente implicita aggressività. Se infatti già a un George Kennan, profondo conoscitore di cose russe, o allo stesso Henry Kissinger l’allargamento della NATO a est appariva un indebito errore strategico, come è possibile che gli Ucraini per primi non ne percepissero i rischi e le inevitabili reazioni russe?

      A parte le già menzionate accuse di crudeltà e ferocia, non risultano comunque a carico di Sinwar insinuazioni o sospetti di corruzione, contrariamente alla figura di Haniyeh, anche lui ucciso dagli Israeliani e in odore di corruzione miliardaria. Non così si può dire di Zelenzky e del suo entourage. Per quanto sommesso e non messo in risalto dalla narrativa ufficiale, un alone di corruzione dalle proporzioni gigantesche grava su questi ultimi. Essa va dalla svendita di risorse naturali dell’Ucraina a entità poco trasparenti come Blackrock fino all’incameramento personale di centinaia di milioni di dollari e alla rivendita delle armi ricevute in aiuto. Che le accuse in questione siano realistiche e non fantasiose è del resto imposto da una semplice constatazione: nessun rendiconto e trasparente analisi esiste sugli aiuti monetari e sulle armi e altro materiale forniti all’Ucraina. Nessuno, a partire dagli Stati Uniti, ha mai visto e controllato il conto della spesa delle centinaia di miliardi di dollari elargiti sotto varie forme al governo ucraino.  Le frequenti e cosmetiche epurazioni anti-corruzione di Zelensky ai più alti livelli sono una prova indiretta che non si tratta di dicerie e di malignità. Non c’è fumo senza arrosto.

      Certi recenti eventi sono inoltre anch’essi utili per il raffronto che stiamo effettuando.

      Come noto, Zelensky ha recentemente illustrato a Bruxelles il suo famigerato “piano di vittoria”. I suoi cinque punti, comprendono un immediato ingresso nella NATO o in mancanza di esso delle armi nucleari, altre armi convenzionali e razzi, altri aiuti finanziari e anche l’offerta di sostituire personale NATO con forze ucraine. Che le proposte o richieste siano demenziali e pericolose è talmente evidente che non ci sarebbe quasi bisogno di commentarle.

      Mentre la sua richiesta di ulteriori forniture di armi e denaro è quasi innocente, il fatto che Zelensky insista ancora oggi sull’ingresso nella NATO come presupposto della vittoria e quindi anche della pace è al contrario schizofrenico. Domandare in alternativa delle armi atomiche è inoltre pura follia. Più che paranoica, infine, la sua offerta di sostituire forze militari della NATO con personale ucraino è semplicemente in malafede. Se infatti l’Ucraina è costretta a rapire giovani nei bar e nelle strade per colmare il deficit di personale militare, da dove attingerebbe le risorse umane che offre alla NATO?

     Insomma, più che un “piano della vittoria” si tratta di un vero e proprio delirio o della trovata di un ciarlatano e di un commediante. Dietro di essa è infatti impossibile non sospettare la furberia di un tacito “Io avrei trovato una soluzione al problema. Se non l’approvate, il fallimento non è colpa mia.”

     Significative non sono tuttavia solo la paranoia, la demenza o la furberia del suddetto delirio. Significativi sono anche altri due elementi. Uno è il tono drammatico e da vittima  e la faccia tosta con cui il piano in questione è stato presentato come uno strumento vitale per la pace europea. L’altro elemento significativo ma anche incomprensibile è che nessuno dei supposti leaders partecipanti gli ha riso in faccia. O forse nessuno ha avuto il coraggio di farlo perché ciò farebbe crollare il gigantesco castello di menzogne e di stravolgimenti che hanno permesso il disastro ucraino. Rimane il fatto che nonostante il disastro, ancora oggi i ministri degli esteri della UE e il nuovo camerlengo della NATO, Rutter, hanno patrocinato un futuro ingresso dell’Ucraina della NATO!  Un’ostinazione da muli o da mentecatti.

     La teatrale e moraleggiante presentazione del “piano di vittoria”di Zelensky, dà la misura dell’individuo e serve da contrasto con quella di Sinwar. La figura di quest’ultimo era definita, paradossalmente limpida e chiara. Come ho detto, uno stratega dell’odio e con gli occhi iniettati di sangue. Tutto trasparente, senza possibilità di errore o di frode. La figura di Zelensky, al contrario, è quella di un commediante che ha perso il senso della realtà, di un millantatore, di una pseudo-vittima di un disastro di cui egli per primo è responsabile. Nel 2022 erano stati siglati a Istanbul i preamboli di un negoziato di pace, che fra l’altro prevedeva poche concessioni territoriali. Rifiutandole e facendosi irretire dalle pressioni euro-atlantiche, Zelenski ha contribuito all’ecatombe che sta devastando l’Ucraina.

     Sinwar non faceva finta di essere né un santo né una vittima. Zelenskiy al contrario, si dà arie da nobile crociato ma è di gran lunga più pericoloso di quest’ultimo. Stesse arie moraleggianti si danno anche gli altri protagonisti euro-atlantici e i reazionari ucraini che hanno ostinatamente alimentato e stimolato la rovina dell’Ucraina. Anche costoro non sono meno pericolosi di Zelensky. Eppure, sia quest’ultimo che gli altri continuano imperterriti e impuniti nelle loro malefatte.

Antonello Catani, 23 ottobre 2024

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Ursula Von der Leyen e i canzonettisti di Bella ciao

  • Pubblicato in Esteri

     Quello che si è visto e sentito nel Parlamento europeo a Strasburgo rappresenta una fotografia del degrado e dell’arroganza di un’istituzione che pretende di dirigere l’Europa.

    Abbiamo sentito una Presidente della Commissione, non eletta dal popolo ma cooptata dall’ala più ideologica e fanatica della UE, proferire un’incredibile e vergognosa arringa nei confronti di un Primo Ministro (Victor Orban) leader di un partito che gode dell’assoluta maggioranza. Un’arringa la cui impettita acidità, degna di una segretaria frustrata, si unisce all’ipocrisia che riguarda il tema dell’Ucraina. Sembra che le vere ragioni dell’invasione, e cioè la demenziale, proterva e tentacolare espansione della NATO a est, non esistano e che quindi chi come Orban invoca una soluzione diplomatica sia un imperdonabile difensore del cattivo invasore. 

     Il rovinoso abbaglio ucraino, alimentato da Washington grazie anche a faccendiere come Victoria Nuland, non ha fine. Fu costei a pilotare il colpo di stato in Ucraina che portò alla caduta di Yanukovitch e all’elezione del commediante Zelenski, che continua a chiedere armi e denaro ma il cui mandato presidenziale è scaduto a maggio. In sostanza, un fuorilegge accreditato oltre che un ciarlatano psicopatico.  La cosa più incredibile non è la mitomania di costui ma la credulità e disponibilità a dei governanti europei e della UE nei suoi confronti.

    Che quindi Ursula von der Leyen continui a difendere una causa viziata fin dal principio e a criticare gli inviti alla diplomazia di Victor Orban è semplicemente uno scandalo per l’intelligenza e per il buon senso. La presenza di questa signora a Bruxelles è una disgrazia per gli affari europei.

    Non meno ridicole e ipocrite le accuse rivolte a Strasburgo a Orban sulla supposta diffusa corruzione in Ungheria. Accusare di corruzione l’Ungheria, dimenticando che l’Ucraina gode da decenni di una fama di arci-corruzione, è il massimo dell’ipocrisia. Fra l’altro, la marea di miliardi affluiti in questo periodo in quel Paese ha solo ingigantito una corruzione endemica. E che dire degli odori di corruzione che circondano Sanchez e famiglia o la stessa Von der Leyen? Las EU è diventata il tempio dell’ipocrisia.

    Degno sigillo della levata di scudi nei confronti di Orban è stato il balordo coro di Bella ciao intonato da esponenti dall’ala sinistra del Parlamento alla fine del suo intervento. Forse andava bene per le manifestazioni studentesche degli anni ‘68, ma intonato nel Parlamento europeo è surreale. Visto che la canzone in questione fu lanciata dai partigiani italiani in lotta col regime fascista e con i Nazisti, sarebbe come dire che anche Orban è un malefico dittatore. Il blando monito della Presidente Metsola “non siamo in Eurovisione” non salva la situazione. Dei canzonettisti da strapazzo hanno così facendo accomunato il Presidente ungherese ai Nazisti e a quello sciagurato di Mussolini. Un insulto e una deformazione della realtà da operetta, al limite coerenti con la pietosa esibizione di Ursula Von der Leyen e con le teatrali esibizioni del commediante Zelenski.

    Dietro il livore e lo sbarramento nei confronti di Orban – vedi il congelamento di fondi e vari altri provvedimenti nei confronti dell’Ungheria – agisce in realtà un meccanismo di auto-difesa.

    Le rivendicazioni nazionaliste e di un’autonomia riguardo a fattori chiave come immigrazione, famiglia e scelta di partner politico - Orban  è accusato di amicizie improprie sia con Russia che Cina – minacciano quella che è stata definita “Eurocrazia”, il crescente strapotere di Bruxelles a scapito delle autinomie nazionali, nonché la crescente estensione dirigistica nei minimi aspetti della vita pubblica dei vari Paesi membri dell’Unione. Minacciano inoltre, cosa forse ancora più determinante, un’élite burocratica e parassitaria che nel corso degli anni si è venuta contrapponendo alle varie entità e autorità nazionali, creando allo scopo strumenti di coazione legislativa e anche di ricatto economico.

     La politica ricattatoria si estende anche ai non membri, come mostra l’invito alla Georgia a recedere dalla legge sulla trasparenza dei finanziamenti stranieri, pena la sua mancata integrazione nella UE. Il vero motivo del monito di Bruxelles è in realtà il mancato allineamento della Georgia all’ostilità anti-russa.

    Insomma, un vero e proprio “regime”, quello della UE, che vede minacciata la sua autorità burocratica e di fatto cartaceo-parassitaria dall’insofferenza di alcuni meno docili protagonisti pecore nere, che però vantano confini, una storia nazionale, una lingua, un esercito e un parlamento.

    L’ostilità nei confronti della Russia supera in ogni caso l’ambito della UE e denuncia l’incestuosa sovrapposizione di quest’ultima con la NATO, altra entità artificiale e parassitaria, sempre a scapito dell’Europa. L’indefessa e ottusa politica di aiuti militari e finanziari all’Ucraina, Paese il cui disastroso costo per l’Europa è ancora da quantificare, è infatti speculare agli interessi dell’élite di Washington, che sembra avere due obiettivi: indebolire per quanto è possibile la Russia, procrastinando la fine del conflitto, e rendere sempre più fragile e meno autonoma l’Europa. Il primo obiettivo è fallito, ma il secondo è stato ampiamento realizzato.

     Pur nel suo penoso spettacolo, l’episodio di Strasburgo ha comunque un lato positivo: ha evidenziato, se mai qualcuno avesse dei dubbi, le incrinature e il pantano strutturale e politico di cui soffre la UE. Mario Draghi può a ragione aver messo il dito sulla mancanza di competitività che affligge l’Europa. La sua lente è quella del tecnocrate e certe sue considerazioni non fanno una grinza. In realtà, i problemi dell’Europa non sono solo economici.

     Prima che economici , essi sono identitari, strutturali, sistemici, morali. Gli Europei o molti di essi hanno dimenticato le loro origini, rassegnato la loro indipendenza politica, militare, economica. Hanno fabbricato un carrozzone sempre più deragliato e che non riescono a controllare. Per inerzia, ignoranza e malafede hanno accettato la sudditanza di una nazione che negli ultimi 75 anni ha solo provocato disastri da un capo all’altro del pianeta. Essi si sono inoltre lasciati invadere da moltitudini che non potranno mai essere assimilate, ma che però influenzeranno pesantemente e stravolgeranno il futuro dell’Europa. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, dalla Gran Bretagna alla Svezia.

     Seguendo la miopia americana, gli Europei hanno inoltre sospinto anch’essi la Russia verso amicizie poco raccomandabili (quella con l’Iran in particolare  non fa onore a Putin e rischia di avere conseguenze da lui non previste). Nell’ossessione anti-russa e anti-cinese, l’Europa, ma quindi la UE, si è stupidamente allineata alla colossale miopia americana che ha rivolto tutte le sue attenzioni alla Russia distogliendo l’attenzione da una regione e da problemi di gran lunga più cruciali, e cioè il Medio Oriente e l’annosa questione palestinese. Nel frattempo, demagoghi e turbanti di turno, da Erdogan a Khamenei e al defunto Nasrallah, si affannavano a proiettare le loro ambizioni territoriali o anche ideologiche destabilizzando tutto il Medio Oriente da Gaza allo Yemen.

      I risultati sono visibili. L’intera regione è nel caos, staterelli ai limiti della sussistenza economica come lo Yemen bloccano indisturbati il Mar Rosso e l’Iran minaccia l’Europa e gli Stati Uniti senza che nessuno di questi ultimi abbia una reale strategia sul come gestire la situazione. Anzi, una curiosa politica di appeasement viene adottata nei confronti di un Paese, l’Iran, che senza colpo ferire ha lanciato ben 200 missili su Israele, la quale è tuttavia pregata di non reagire!

     Questi ultimi accenni possono sembrare estranei al nostro argomento iniziale. In realtà, essi mostrano come Strasburgo e Bruxelles vivano immerse nel loro ristretto mondo e nelle loro rivalità da Basso Impero, completamente scollegate da più vaste realtà. Corollario della mancanza di competitività di cui parlava Draghi è l’evidente provincialismo-atlantismo di cui soffrono molti governanti europei e molti europei.

      Su una cosa non dovrebbero esservi dubbi: la UE deve cambiare radicalmente il suo modus operandi, le sue strategie, le sue alleanze, i suoi obiettivi, molti dei suoi pericolosi addetti oppure deve essere smantellata, assieme alla NATO, per il bene dell’Europa.

Antonello Catani, 12 ottobre 2024

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I dilettanti allo sbaraglio

  • Pubblicato in Esteri

Come noto, Ursula von der Leyen si è recata a Kiev per annunziare la concessione di un nuovo prestito di 35 miliardi di Euro, non ancora ratificato dal Consiglio della UE ma comunque attinto ai proventi dei fondi russi congelati. Il prestito in questione sarebbe utilizzato per sopperire a emergenze energetiche e per l'acquisto di nuovi armamenti. La signora in questione, che non si capisce come abbia potuto essere rieletta (per altri 5 anni!) dopo i disastri combinati (per esempio, le ossessive sanzioni boomerang anti-russe o la masochistica politica immigratoria) non ha speso una parola per invocare soluzioni diplomatiche. Segue le orme dell'arruffone Boris Johnson, che si recò precipitosamente a Kiev per dissuadere Zelensky dall'intavolare trattative di pace. In altre parole, continua l'alimentazione della demenziale guerra ucraina e l'inspiegabile legittimazione di un personaggio che non è più presidente dal 20 maggio. Sembra che l'obiettivo sia combattere la Russia fino all'ultimo ucraino. Le reali cause del conflitto, e cioè, la dissennata e proterva espansione della NATO senza nessun motivo o provocazione e percepita quindi dai Russi come una minaccia esistenziale, sono disinvoltamente ignorate dai vari supposti responsabili politici e dai pappagalli mediatici. Al contrario, vengono alimentate le favole di imminenti invasioni russe di mezza Europa e aumentano gli incitamenti a difendersi e ad armarsi. L'isteria guerrafondaia cresce sempre più.

Non è ben chiaro se si tratta di irresponsabilità, di cretinismo o di pura follia. Rimane il fatto che ogni giorno che passa il rischio di catastrofiche conseguenze aumenta assieme al numero dei morti inutili in Ucraina, mercenari compresi. Mentre voci più sagge, che vengono ironicamente dagli Stati Uniti (vedi i vari Mearsheimer, Sachs, etc.) denunciano la paranoia anti-russa americana, anche in Europa sembra che tutti facciano a gara per prolungare la guerra, compresa la Gran Bretagna, che anziché occuparsi dei suoi problemi interni (che sono molti) continua a comportarsi come se l'Ucraina fosse una parte del Regno Unito. Non solo, ma il nuovo Primo Ministro si è recato a Washington per perorare con Joe Biden, per il momento senza successo, l'utilizzo di razzi a lunga gittata verso l'interno della Russia. Dietro la proposta vi è la convinzione che tanto i Russi starebbero solo "bluffando"quando minacciano pesanti ritorsioni nei confronti dei Paesi che forniscono armi all'Ucraina. Le giustificazioni che l'Ucraina ha il diritto di difendersi fanno comunque a pugni col fatto che le armi sono tutte appositamente fornite da Paesi terzi il cui obiettivo è quello di colpire e indebolire la Russia senza però sporcarsi le mani. L'ipocrisia e il cinismo sono lampanti. La parziale spiegazione di tanta sollecitudine britannica è che Londra è diventata una fedele ancella di Washington, mentre Bruxelles fa da cameriera. In entrambi i casi, si sottovalutano non solo la pazienza ma anche le capacità militari della Russia. A questo proposito, è significativo che, questi giorni, proprio l'ex Cancelliere tedesco Schroeder abbia invitato chi favoleggia di vittorie sulla Russia a leggere qualche libro di storia e a fare attenzione. Egli ha inoltre confermato, se mai ce ne fosse bisogno, che il quasi raggiunto accordo di risoluzione del conflitto nel 2022 a Istanbul naufragò a causa dell'ostilità di entità nazionali che speravano che il proseguimento della guerra avrebbe indebolito la Russia e provocato un cambio di regime. Non ci vuole molto a capire che dietro le entità nazionali vi erano appunto la Gran Bretagna del già citato Boris Johnson e l'amministrazione di Washington. Visto che le affermazioni provengono da Schroeder e non dalla Tass, risulta arduo definirle propaganda. I ripetuti moniti di Joe Biden riguardo alle forniture di gas russo a buon mercato all'Europa, poi materializzatasi nel sabotaggio al gasdotto, costituisce una monumentale prova che il danneggiamento della Russia doveva avvenire anche a costo di mettere in ginocchio l'Europa sotto il profilo energetico, cosa infatti poi accaduta.

Chi quindi parla di vittoria, come fa ora Zelensky, che si è recato a Washington appunto per illustrare il suo "piano di vittoria", vive in un mondo fantastico ma pericoloso per gli altri. Nel caso di quest'ultimo, stupisce come egli venga ancora trattato come un "Presidente", visto che il suo mandato è ufficialmente scaduto da mesi. La scusa dello "stato di corte marziale "che non prevede elezioni è perlomeno pietosa. Ancora più stupisce come i suoi compiacenti interlocutori sottovalutano ciò che appare sempre più evidente a una spassionata osservazione dei comportamenti e dello stesso aspetto fisico del personaggio. La sua eterna maglietta verde tradisce il suo background di ex uomo di teatro che peraltro continua a fare impunemente teatro. Il volto sempre più torvo e lo sguardo cupo richiamano le foto segnaletiche dei tipici ricercati di turno. A parte questi elementi figurativi, il bavaglio ai partiti dell'opposizione e alle tv private assieme alle minacce alla chiesa ortodossa e ai monasteri sono esempi dello stile democratico del personaggio. Ancora, l'insistenza con cui Zelensky continua a chiedere armi e denaro (dalle destinazioni fumose) e a inviare al fronte giovani imberbi e non addestrati ricorda analoghi comportamenti di altri leader in divisa militare durante la II Guerra mondiale. Si sa che fine fecero le divisioni lanciate allo sbaraglio dalla Germania e dall'Italia in Russia. Bisognava farsi ammazzare (vedi Stalingrado e le sciagurate divisioni russe di Mussolini). Paradossalmente, egli assomiglia in questo al generale ceceno Alaudinov, che ha recentemente rimproverato i soldati ceceni caduti prigionieri degli Ucraini di non essersi fatti uccidere eroicamente (sic). Non si sa chi dei due è peggiore. In ogni caso, i disastri militari vengono regolarmente imputati da Zelenski ad altri. Vale insomma il detto "il capo "non sbaglia mai. E' sempre colpa di qualcun altro. Il travestimento della realtà si estende inoltre dalla maglietta anche al numero dei morti.

Secondo Zelensky, essi sarebbero solo 31.000, mentre tutto suggerisce come il numero reale abbia ormai superato i 600.000. Se ciò non fosse, non si capisce perché l'Ucraina abbia un problema di reclutamento. Le rimozioni sempre più numerose di funzionari e anche di generali sono quindi un corollario del rifiuto di assumere ogni responsabilità sopra menzionato. Alle rimozioni seguono piani e progetti che capovolgerebbero la situazione, come quello catastrofico di Kurks (costo 16.000 morti) e ora il sedicente "piano di vittoria" con Biden. Anche in questo caso, non mancano preimpostate astute autodifese. Secondo Zelenski, infatti, condizione essenziale che il piano funzioni è che nuovamente sempre altri (EU e Stati Uniti) si uniformino alle sue richieste, una delle quali è la fornitura di armi a lunga gittata e il permesso di colpire l'interno della Russia. L'auto-difesa è insomma già predisposta: se il piano non funziona, la colpa non è sua. Una mitomania e una furberia da ciarlatano. In altre parole, ci troviamo di fronte a un dissimulato psicopatico, pericoloso per i suoi concittadini ma anche per il resto dell'Europa. Quanti morti deve ancora costare?

La cosa sconcertante è quindi come, nonostante ciò, egli continui ad essere ricevuto, ascoltato, e a ricevere sussidi in ami e denaro e a incitare le nazioni europee ad affrontare la Russia. Nel frattempo, voci sempre più numerose alludono alle curiose ricchezze dell'individuo, tipo la villa da 4.5 milioni di Euro intestata a una sedicente San Tommaso SRL dietro cui secondo alcuni vi sarebbe la moglie. Ma ovviamente si tratta solo di un iceberg. Ritornando ora allo scenario più generale, non ci sono parole per commentare adeguatamente le devastanti conseguenze che la politica di Washington ha avuto per l'Europa in particolare sotto l'infelice mandato di Joe Biden, complici le centinaia di "comparse" dei sedicenti Consigli d'Europa o della Commissione presieduta dalla signora sopra menzionata. La crisi economica della Germania è solo uno degli effetti della vergognosa sudditanza europea che ha demonizzato la Russia come non era accaduto neanche al tempo dei Bolscevichi, ha privato l'industria europea di energie a buon mercato (il gas russo così inviso a Washington al punto da far saltare in aria il gasdotto). La perversa e incestuosa sovrapposizione UE-NATO, ha scatenato sanzioni boomerang, provocato lo sperpero di centinaia di miliardi di armi andate a finire male e di denaro andato a finire in tasche non meglio identificate. E' semplicemente incredibile che decine di nazioni siano docili vittime delle ossessioni egemoniche di uno Stato da cui le separano migliaia di chilometri di oceano.

Il citato John Mearsheimer, lucido critico della politica estera americana, ha ascritto le suddette tendenze a un messianico progetto di estendere il conclamato liberalismo statunitense a tutto il pianeta. Non bisogna infatti dimenticare che nel DNA nazionale scorre sangue di ardenti "pellegrini" eredi di violente faide religiose. Mentre Mearsheimer è un uomo di grande intelligenza e serietà, egli ha tuttavia omesso di prendere in considerazione altri fattori nascosti dietro le quinte. Uno è quell'entità nebbiosa e opaca che passa sotto il nome di "Military-industrial complex". L'altro è il ruolo sempre più autonomo, sovversivo e planetario della CIA, a suo tempo istituita da Truman come semplice agenzia di informazioni ma poi diventata anche un tentacolare braccio operativo. Un altro, forse il più importante è che la moderna tecnologia rende fatalmente vicine entità statali un tempo separate da invalicabili oceani e deserti e perciò tali da non potersi scontrare. A loro tempo, anche l'Impero romano o quello cinese, per esempio, avevano aspirazioni egemoniche. La geografia, i deserti e il cammello impedirono loro di scontrarsi. Esistevano insomma vari centri di potere ma tutti distanti uno dall'altro. E quando erano vicini, come lo erano per esempio i Germani o i Parti all'impero romano, rovinose batoste frenarono l'espansione di Roma (vedi il povero Varo e Crasso, entrambi fatti fuori ingloriosamente).

Il problema degli Stati Uniti è che dopo la caduta dell'Unione Sovietica l'élite dirigente americana si illuse di poter essere l'unico egemone planetario, non rendendosi conto che esistevano anche altri candidati o comunque co-egemoni regionali, dalla Cina alla Russia all'India fino all'Iran o al revanscismo turco di questi giorni. Adesso, nonostante sia sempre più evidente che il regime di Kiev è in realtà un fantoccio pilotato da Washington, che non solo la Russia non è crollata (come gli esperti scommettevano) ma rischia al contrario di occupare molto più territorio ucraino di quanto in fondo si fosse prefissa, i risultati delle suddette illusioni americane e del servilismo europeo sono a dir poco disastrosi. La paranoica russofobia ha precipitato e innescato inaudite e discutibili amicizie o alleanze, magari anche solo tattiche (vedi quella fra Russia e Iran e Nord Corea o il BRICS) che stanno sconvolgendo il vecchio ordine geopolitico. Nel frattempo, l'irresponsabilità dei dilettanti bellicosi dalla Manica alla Finlandia rischia di innescare un conflitto nucleare. Come facciano le varie capitali che hanno favorito il pasticcio a sottovalutare tali rischi è incomprensibile.

Antonello Catani, 25 settembre 2024

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