Non c'è pace tra giudici e politici

Non c'è pace tra giudici e politici

Sulla giustizia pesa una legislazione schizofrenica, che da un lato cerca di saziare la fame di diritti, e la sazia aprendo il rubinetto del diritto (abbiamo in circolo 50 mila leggi statali e regionali); dall’altro lato rincorre la domanda d’efficienza e di risparmio che intonano in coro gli italiani, e vi risponde negando in molti casi la tutela giudiziaria. Succede, per esempio, sul fronte della giustizia amministrativa. Dove si sta verificando una fuga dalle garanzie attraverso l’uso di rimedi alternativi a quelli giurisdizionali, attraverso le regole di soft law , attraverso oneri economici che scoraggiano i ricorsi (ormai i contributi unificati dei due gradi di giudizio, per i contratti di qualche rilievo, ammontano a 15 mila euro). Contemporaneamente viene compresso il diritto di difesa; si nega l’annullamento dei contratti per l’aggiudicazione delle grandi opere, stabilendo una tutela puramente risarcitoria, che poi ricade sulla collettività mediante la tassazione; vengono ridotti i controlli preventivi di legittimità, o altrimenti si concentrano in un’unica autorità (l’Anac), che tuttavia non può controllare l’universo; e ovviamente si mette alla berlina il giudice, quando una sentenza provochi ritardi nell’esecuzione dei lavori. L'editoriale di Michele Ainis sul Corriere della Sera. 

Quelle stoccate tra magistrati e politici

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