Le collezioni

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I volumi dedicati alle “Maioliche Italiane del Rinascimento”, a cura di Caterina Marcantoni Cherido, ed ai “Ritratti in miniatura dal XVI al XX secolo”, a cura di Massimo Favilla e Ruggero Rugolo, aprono il nuovo progetto editoriale e scientifico voluto dalla Fondazione Musei Civici di Venezia con il titolo “Le Collezioni”.

Attraverso questa nuova collana editoriale, la Fondazione Musei Civici di Venezia ha inteso promuovere la più completa valorizzazione storico-critica dell'ingente patrimonio d'arte da essa custodito. Conservato nelle diverse sedi museali, tale "Tesoro della Città" è censito ed analizzato nei volumi-catalogo, suddiviso nelle variatissime sue sezioni tipologiche. I cataloghi scientifici generali presentano ciascuna opera col più aggiornato apparato critico e bibliografico, unito ad una documentazione fotografica, così da costituire un valido punto di riferimento ed un utile repertorio per gli studi e la più generale conoscenza di un patrimonio di valore. Un progetto ambizioso, d’ampio respiro scientifico che rimarrà primario nei prossimi anni per la Fondazione e per tutti i conservatori e i responsabili delle diverse sedi museali. Impegno grande anche dal punto di vista editoriale, data la scelta, meditata e condivisa all’interno della Fondazione, di farsi essa stessa – significativamente – editrice.

Il primo volume de “Le Collezioni”, è riservato alle “Maioliche Italiane del Rinascimento” ed è stato  curato dalla studiosa veneziana Caterina Marcantoni Cherido.

La raccolta delle Maioliche Italiane databili tra fine Quattrocento e fine Cinquecento, 120 pezzi conservati nel Museo Correr, rappresenta senz’altro una gemma di particolare spicco dei Musei Civici veneziani. Sono stati creati dalle migliori botteghe soprattutto marchigiane, romagnole e venete dei più grandi maestri-pittori su maiolica. Poiché sono pezzi di antica provenienza veneziana, l’insieme è anche  specchio del livello artistico culturale e dello stile di vita della Venezia nel pieno Cinquecento.


La raccolta, formata essenzialmente da tre principali nuclei collezionistici: Correr, Tironi, Cicogna, costituiti tra lo scorcio del Settecento e la metà dell’Ottocento, non era stata oggetto in passato di un generale studio e valorizzazione critica. Una mancanza che, finalmente, il presente catalogo risarcisce.

Le Collezioni II°, dedicato ai “Ritratti in miniatura dal XVI al XX secolo”, a cura di Massimo Favilla e Ruggero Rugolo riporta in meritatissima luce una ricca, ma a torto trascurata collezione: i ritratti 'in piccolo', un genere pittorico molto fortunato tra i secoli XVI e XX, ma che il moderno giudizio critico aveva in Italia finora ritenuto ‘minore’. In realtà quella civica veneziana è una collezione assai ricca: sono qui censiti infatti  in totale 280 pezzi. Un corposo nucleo 'storico' recentemente accresciutosi grazie alla donazione della importante collezione personale di Paola Sancassani (2018 e 2021, 49 pezzi) e al legato di Maria Francesca Tiepolo (2020, 5 pezzi).

“La unitaria considerazione delle 'miniature' è stata ottima occasione – affermano i curatori - per una ricognizione a 360°, oltre che per una contemporanea necessaria campagna conservativa, funzionale alla migliore valutazione critica, nonché alla ottimale presentazione fotografica delle opere”.

Ruggero Rugolo e Massimo Favilla, parallelamente allo studio analitico e puntuale delle 280 miniature della collezione, hanno svolto una indagine a tutto campo nell’arco dei tre secoli di maggiore fortuna dell’affascinante arte del ritratto ‘in piccolo’, privilegiando l’ambito italiano e specialmente quello veneto e veneziano. Il risultato è soprattutto l’ampio saggio monografico anteposto al catalogo vero e proprio delle opere: una vasta panoramica temporale e geografica, da cui sono discese le proposte di delineazione di singole personalità di artisti, ambiti e scuole locali. Il saggio ha poi guardato alla natura ‘genetica’ della raccolta, ricostruendone i diversi nuclei costituitivi.

Patrizia Lazzarin, 28 maggio 2023

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Il grande libro delle storie non scritte

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Righe azzurre o tratteggiate a puntini, fogli apparentemente stracciati oppure  legati con un cordoncino di canapa, all’interno di un libro che contiene tante foto e disegni e che  lo fanno da subito apparire come un  testo dove spaziare con gli occhi curiosi e un album da riempire. Il grande LIBRO delle storie non scritte di Mariella Cortés che viene pubblicato nel mese di maggio da Rizzoli attrae subito per la sua grafica e fa volare l’immaginazione. Immaginare, sognare. Quante volte ci è accaduto di costruire con la mente  personaggi e scenari di storie possibili, anche solo per il piacere di fantasticare. Da lì a provare a buttare sul foglio bianco poche righe di un incipit di una futura storia da raccontare sarebbe bastato poco … Un poco difficile, quasi costoso per le nostre anime e, forse per le nostre paure. L’autrice Mariella Cortes giornalista pubblicista, laureata in Scienze delle Lettere e della Comunicazione collabora con diverse testate giornalistiche locali e nazionali occupandosi di cronaca, cultura, spettacolo, moda, turismo e, non ultima, di emigrazione sarda. Presentatrice e moderatrice di eventi e convegni ha scritto prima della recente pubblicazione, Enigmistica gentile. 40 giochi per imparare il rispetto, Paesitudine dell'Avvento. 24 parole, 24 emozioni e 24 storie per riscoprire la tua Paesitudine interiore e  I castelli del giudicato di Torres. Nellaprefazione del testo, Cortés racconta del gusto di scrivere storie o pezzi di esse considerate come piccoli pezzi di noi fatti di inchiostro e immaginazione … Frammenti mai per ora, per lei,  diventate una storia completa, ma a cui ha dedicato una passione tale da fantasticarci sopra non solo romanzi, ma anche presentazioni … articoli di giornale … Un salto ad ostacoli può essere la scrittura di un libro … forse? E allora l’autrice ci regala un po’ del suo lavoro, personaggi, dialoghi, scenari, incipit e finali, colpi di scena e frammenti, foto e dettagli perché chi vede e legge il suo libro possa trovare l’ispirazione giusta per iniziare a raccontare … Sono inizi di storie possibili … da continuare. Pensieri e temi su cui intrecciare ulteriori vicende. Sapori e colori per riempire la nostra tavolozza  e dipingere il nostro racconto cominciando anche da un frammento di vissuto o visto o sentito, gettato di corsa su un taccuino degli appunti e, a volte su un qualsiasi foglio di carta capitato li accanto a noi, per caso. Gli scenari da lei suggeriti sono  foto narrate di luoghi: una piccola chiesetta di pietra a picco sul mare, un treno regionale veloce solo sulla carta, un negozietto che vende di tutto in una piccola cittadina di provincia, un hotel sorto in una località un tempo turistica … idee da cui forse potremmo iniziare … E potremmo cominciare a scrivere sullo stesso libro, dove le righe nelle loro forme delicate sono pronte ad accogliere i nostri pensieri. E se poi la scrittura si ritirasse dentro di noi come gli aculei di un riccio, Cortés continua a offrirci spunti per … completare la narrazione, il nostro libro.

Patrizia Lazzarin, 28 maggio 2023


 

 

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Sembra vivo

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Un progetto nuovo e visionario sulla scena dell’arte contemporanea italiana promosso da Arthemisia. Per la prima volta in Italia, una  mostra dedicata alla grande scultura iperrealista internazionale, svelata  attraverso le  opere dei più importanti artisti contemporanei che si potranno ammirare dal ventisei maggio all’otto  ottobre, a Palazzo Bonaparte a Roma .

Nel 1973 il termine “Iperrealismo” venne coniato dal mercante belga Isy Brachot  in occasione della presentazione della mostra “Hyperréalisme. Maîtres américains et européens” nella sua galleria di Bruxelles. Sulla scena allora i dipinti dei fotorealisti americani, in particolare Ralph Goings, Don Eddy e Chuck Close che si caratterizzavano per un realismo esagerato dove si tracciava  un’aperta critica allo stile di vita americano degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Accanto  alle opere bidimensionali su tela, Brachot presentava anche le sculture degli americani Duane Hanson e John DeAndrea e del belga Jacques Verduyn, artisti che vedremo in mostra a Roma.  

Gli organizzatori della  rassegna hanno già immaginato i primi commenti che sorgeranno spontanei vedendo le opere esposte. “Sembra vivo!”, il titolo sarà anche con buona probabilità infatti la frase più pronunciata davanti alle incredibili opere di Maurizio Cattelan, Ron Mueck, George Segal, Carole Feuerman e tantissimi altri. Il confine tra vero e falso sembra qui frantumarsi in mille pezzi di vetro e restituirci una visione così tangibile capace di  farci riflettere sull’essenza e sulla peculiarità della condizione umana. Nelle quarantatré megainstallazioni osserviamo corpi talmente realistici che rendono incredibile  il corpo umano, studiato  sin nei più piccoli dettagli. Gli artisti esposti, 29 in tutto, sono i più significativi protagonisti a livello internazionale: da Maurizio Cattelan , presente con opere iconiche quali i piccioni dell’installazione “Ghosts” e la famosa banana, meglio detta “Comedian” a Ron Mueck che espone anche una gigantesca testa di uomo “Dark Place”, fino a George SegalCarole FeuermanDuane Hanson e molti altri ancora. I piccoli dettagli quasi infinitesimali nelle opere ottengono anche un effetto surreale che suggerisce agli spettatori interrogativi sulla potenza della mimesis, dove la veridicità dell’illusione bypassa il senso del vero, superando il Realismo che ci aveva annunciato nel primo ventennio dell’Ottocento il francese  Théodore Gericault con la sua carrellata di ritratti che riproducevano le fattezze di Alienati. La mostra  ideata dall’Institut für Kulturaustausch, Germany, è curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Ballario  ed è prodotta e organizzata da Arthemisia che  dopo il grande successo delle mostre dedicate a Jago e a Leandro Erlich, propone un nuovo progetto visionario sulla scienza dell’arte contemporanea in Italia. Il catalogo è edito da Skira.

Nel  suo studio contenuto nel catalogo, dal titolo Conditio humana: l’immagine dell’essere umano nello specchio della scultura iperrealista, il curatore Maximilian Letze  ci offre uno spaccato suggestivo dell’arte Iperrealista e una chiave di lettura interessante per comprenderla.  Da diversi decenni, la Woman with a Purse di Duane Hanson, 1974  è appoggiata a una parete o all’altra delle sale espositive del Museum Ludwigdi Colonia. Questa figura minuta, che ha l’aspetto di una normale visitatrice leggermente esausta, è così realistica che in un paio di occasioni il pubblico l’ha urtata, scambiandola per una persona reale. Quando Hanson ha restaurato l’opera, nel 1977 e poi nel 1990, ogni volta ha invecchiato la donna di qualche anno, creando un umoristico equivalente del Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, in cui l’effigie del protagonista invecchia al suo posto. Per molti versi, la storia di questa particolare scultura rivela il particolare effetto che le creazioni degli iperrealisti hanno su chi le osserva: il persistente disagio di fronte alla replica di esseri umani costringe a rivalutare le proprie percezioni e aumenta la propensione a riflettere. Già alla fine degli anni cinquanta, Hanson si era dedicato alla creazione di copie esatte di esseri umani, utilizzando modelli veri per approdare a nuove realtà svelate attraverso il processo artistico. Si concentrava sui gruppi socialmente emarginati o sui membri della classe media, proseguendo nel solco dei grandi realisti dell’Ottocento …

Dopo i cloni umani della prima sezione dell’esposizione, nella seconda che si intitola: Nobile semplicità: sculture monocromatiche, sono le opere di George Segal nella loro particolarità coloristica e dopo anni di predominio dell'arte astratta a testimoniare la nuova attenzione verso la  rappresentazione realistica della figura umana. Sul segno tracciato dalle sue invenzioni, le generazioni successive di artisti hanno continuato a sviluppare un interesse per la scultura realista. L'assenza di colorazione naturale  che osserviamo in Segal e  in artisti come Robert Graham e Brian Booth Craig serve anche a far risaltare le qualità estetiche della forma umana. Pezzo per pezzo: Parti del corpo ci introduce nella terza sezione, dove incontriamo una dei precursori dell’Iperrealismo: la scultrice americana Carole A. Feuerman. In seguito, a partire dagli anni Novanta, molti artisti iniziarono a concentrarsi su parti specifiche del corpo umano, utilizzandole come veicolo per messaggi umoristici o persino inquietanti. Un esempio è l’opera di Maurizio Cattelan, in cui le braccia separate dal resto del corpo richiamano associazioni con la storia contemporanea. In Cambio di prospettiva: il corpo in scala, la quarta sezione, comprendiamo la rivoluzione che, negli anni Novanta, l'artista australiano Ron Mueck ha operato  nella scultura figurativa  ampliando o riducendo radicalmente le dimensioni delle sue figure.  Le opere sovradimensionate di Zharko Basheski producono un effetto di distanziamento, collocando l'uomo e lo spettatore in una nuova prospettiva. Nella quinta sezione, La manipolazione del sé: Realtà deformate,  assistiamo agli effetti prodotti  negli ultimi decenni dagli innumerevoli progressi compiuti dalla scienza, anche in campo digitale e che hanno avuto un eco  nel mondo dell’arte.  Influenzati dalla realtà virtuale, artisti come Evan Penny e Patricia Piccinini hanno iniziato a osservare i corpi da prospettive distorte. Tony Matelli sfida le leggi della natura, mentre Berlinde De Bruyckere, con i suoi corpi attorcigliati, mette in discussione il carattere effimero dell'esistenza umana. Nell’ultima sezione: Oltre la specie troviamo al centro  il mondo animale. Artefice nascosto rimane comunque sempre  l’uomo perché questi piccoli animali non hanno nulla di naturale: sono frutto di mutazioni antropocentriche.

Patrizia Lazzarin, 25 maggio 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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