Prince Harry. Spare, il minore

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La critica alla stampa britannica di Henry, duca di Sussex, meglio conosciuto come Harry, il secondogenito nato dall’unione di Re Carlo III e Diana Spencer è massiccia, non lascia spazio a dubbi e si sviluppa a chiare lettere dalla morte della madre Diana alla sua storia con Meghan Markle. Un trauma importantissimo quello della scomparsa  improvvisa e inattesa  della  sua genitrice amatissima, costretto ancora dodicenne a seguirne il feretro posizionato sull’affusto di un cannone con il fratello William, in una lunga processione. Il libro uscito a gennaio, dal titolo Spare, Il minore, racconta l’invadenza subita nella sua vita da parte della stampa anglosassone, sempre pronta all’angolo con il flash della macchina fotografica per entrare nella  sua privacy e in quella della royal family, limitando la sua libertà di espressione. La parola Spare, ossia il minore o ancora meglio la riserva, rivela anche altri aspetti della sua vicenda personale, e scopre i legami intercorsi in particolare con il padre, la nonna Elisabetta e il fratello William. Il racconto che egli scrive e dedica alla moglie e ai due figli Archie e Lili e, naturalmente alla madre, incomincia in un luogo bellissimo come Frogmore Garden, nei giardini di quella che doveva essere la sua casa per sempre e da dove egli fugge. Qui, dopo i funerali del nonno, egli incontra Carlo e William per chiarire alcuni aspetti delle sue scelte, ma non riesce a comunicare e gli altri non capiscono il suo punto di vista. Allora egli decide di raccontare tutto fin dall’inizio o meglio da quella estate a Balmoral, la residenza estiva della nonna, la regina Elisabetta II,  dove trascorreva le vacanze.  Era il 30 agosto 1997  e quel giorno la principessa Diana perse la vita a Parigi in un incidente,  mentre era inseguita dai fotografi. Balmoral era ed è  il luogo dei sogni per Harry che descrive come un paradiso, un incrocio fra Disney World  e un bosco sacro ai Druidi. Una delle sue estati più felici si ruppe allora come una bellissima bolla di sapone e la figura della madre, lungo la narrazione, tornerà molte volte e sarà visibile in molti aspetti del suo vissuto. Riconoscere il dolore della perdita da un lato, farlo proprio, diventa una conquista successiva alla sua adolescenza. Lei è sempre una significativa presenza nella  vita di Harry, la cui risata, egli scrive, è forte ancora come il canto degli uccelli tra gli alberi spogli. Ci sono tante cose che non ricordo perché ero molto giovane quando è morta …, ma rammento il suo sorriso irresistibile, i suoi occhi vulnerabili, la sua passione infantile per film, musica, abiti, dolci. E per noi. Oh, quanto amava mio fratello e me. In maniera ossessiva, aveva confessato in un’intervista. Nel libro, attraverso la vita  del principe Harry, ritroviamo anche le atmosfere della Gran Bretagna e le curiosità come la passione per la caccia e i cani della famiglia reale inglese. La caccia diventa anche un rito iniziatico da cui traspare anche la durezza della vita, quella dei principi inglesi, ma se si preferisce, di ognuno. Harry è spesso uomo d’azione e dopo essersi diplomato all’Eton College, dove si era distinto in particolare per i rugby e il polo, non si iscrive all’Università, ma sceglie di essere un militare. Svolge duri addestramenti e serve  il proprio il paese nella guerra in Afghanistan fra il 2007 e il 2008, fino a quando la sua presenza in quei luoghi non fu più possibile per ragioni di sicurezza. I suoi voli sugli Apache, aerei di combattimento, sono occasioni di riflessioni anche sulla necessità delle guerre. Harry si mostra deciso come quando si reca, anche se infortunato, nel freddo Polo Sud, ma egli soffre quando deve sacrificare o meglio vede soffrire le sue relazioni affettive, con le giovani donne che incontra. La stampa per lui diventa ossessiva, a caccia sempre di sue presunte o reali “magagne” da rivelare nei tabloid scandalistici. Uno dei suoi grandi amori è l’Africa e in particolare una terra meridionale, il Botswana, con il suo delta dell’Okavango che in occasione delle consuete inondazioni diventa un luogo favoloso per gli animali che si incontrano con facilità, mostrandosi nella loro bellezza. Qui egli ha grandi amici, qui porterà anche Meghan … Sempre in questo luogo risuona un canto magico, simile forse a quello di un corno ancestrale che batte i ritmi di una vita primordiale. Quale differenza con la vita in Gran Bretagna! Sono fonte di riflessione le ultime righe del libro dove il principe si interroga come durante tutta la narrazione sul significato di essere un reale, in particolare una riserva. Egli sottolinea l’importanza del valore della famiglia nella gerarchia reale. Poi scrive: forse è proprio il denaro al centro di qualsiasi controversia a proposito della monarchia. Per molto tempo la Gran Bretagna ha avuto problemi a decidere, tanti sostengono la Corona, ma molti sono preoccupati per i costi. Secondo l’ultimo studio che ho letto la monarchia costa al contribuente medio il prezzo di una pinta di birra ogni anno … Alla luce dei suoi molti aspetti positivi, si direbbe un investimento solido. Ma nessuno vorrebbe sentire un principe che adduce motivazioni a favore dell’ esistenza  della monarchia e ancor meno un principe che le dà addosso. Lascio agli altri l’analisi costi-benefici. Le sue convinzioni le sostiene  di seguito sottolineando ancora una volta il rapporto difficile della monarchia con la stampa.

Patrizia Lazzarin, 24 marzo 2023

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L’invasione della gazza marina nel Mediterraneo

Cosa succede quando applicazioni nate per condividere attimi di vita quotidiana diventano strumenti utili alla scienza? Un innovativo esperimento di citizen science volto a rilevare, anche con l’aiuto dei più diffusi social networks, gli spostamenti degli esemplari di Alca torda, più comunemente nota come gazza marina, nei mari italiani ha permesso di ottenere una scoperta curiosa.  Un team di ricercatori della Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, in collaborazione con colleghi dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Iret) e delle Università di Siena e Palermo hanno concentrato i loro studi su una specie tipica dell’Atlantico e dei mari del Nord che oggi si ritrova con sempre maggiore frequenza alle nostre latitudini. Proprio per descrivere questa singolare invasione, sulle coste italiane così come della Grecia e della Libia,  e misurare quanto la componente dei dati raccolti dai social risultasse significativa rispetto ad altri metodi di raccolta, il team  ha avviato un’ampia ricerca in mare aperto, integrando le informazioni raccolte dai social con i dati acquisiti da piattaforme online di citizen science e il supporto di realtà che operano nell’ambito della protezione marina, quali la Lega Navale e le Aree Marine Protette.

“Questa particolare specie, che può ricordare i pinguini per la livrea bianconera, è in realtà un uccello dotato di notevole capacità di volo, che può effettuare anche voli subacquei fino a 100 metri di profondità”, spiega Angelo Viviano, ricercatore del Cnr-Iret coinvolto nello studio. “Il progressivo spostamento verso le nostre coste di questi uccelli sembra indotto da più fattori: da un lato i sempre più frequenti fenomeni atmosferici estremi come le tempeste atlantiche abbattutesi durante l’inverno sulle coste portoghesi che potrebbero averli spinti a trovare riparo nel Mediterraneo. Un altro elemento può essere rappresentato dall’impoverimento dei Mari del nord, sempre più caldi e sfruttati dall’industria della pesca, o più in generale da una diversa distribuzione delle risorse alimentari che potrebbero aver indotto le gazze a cambiare rotta alla ricerca di nuove prede”.  

Il contributo dai social ha permesso di acquisire la maggioranza dei dati,  pari al 35,2%, utili a descrivere il fenomeno.  In particolare Facebook e i fotografi naturalisti  hanno condiviso foto di questi uccelli da tutte le regioni della costa tirrenica, dalla Puglia e dalle Isole Maggiori. “Per capire la rilevanza di questa percentuale basta pensare che, per questo studio, le osservazioni compiute da uscite ornitologiche mirate hanno rappresentato il 17% dei dati, mentre altri dati sono stati acquisiti da strumenti complementari come ad esempio form distribuiti a soci della Lega Navale, che hanno influito per il 14,2%.  Inoltre, i dati derivanti dai social sono preziosi perché comprendono sia informazioni “da terra”, cioè avvistamenti presso porti e lungomari cittadini, sia dal mare, grazie al contributo di velisti”, aggiunge Rosario Balestrieri (Stazione Zoologica “Anton Dohrn”). “In sole tre settimane, tra novembre e dicembre, sono pervenute centinaia di osservazioni, fra queste sono state scremate quelle che potevano riguardare gli stessi individui (per evitare doppi conteggi) ed eliminate quelle prive di un’adeguata documentazione fotografica. Grazie a tali osservazioni si è potuta censire  nel solo giorno del 27 novembre,  la presenza di 747 gazze marine nei mari italiani, un numero probabilmente sottostimato, visto che si tratta di una specie pelagica incline a stazionare anche in mare aperto”.   

  “L’esperimento ha dimostrato come la scienza partecipata o citizen-science, nata negli Stati Uniti a inizio ‘900 proprio in un contesto di censimento ornitologico, sia oggi uno strumento prezioso per la comunità scientifica per comprendere questioni ambientali e aspetti legati alla biodiversità”, afferma Vivano. “In questo caso, il flusso costante di post ci ha permesso di ricostruire il fenomeno con sempre maggiore nitidezza, consentendo di vedere in tempo reale direzione e portata degli spostamenti delle gazze.    

Dopo 150 anni, questa è la prima pubblicazione scientifica della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” dedicata agli uccelli marini: prima di questo studio l’interesse verso gli uccelli marini, come riportato dai preziosi documenti custoditi nell’Archivio SZN, era stato mostrato solo da Etienne Jules Marey, amico di Anton Dohrn vissuto a fine 800 a Villa Maria a Posillipo. Marey, dalla sua abitazione filmava animali marini e "sparava" fotogrammi ai gabbiani in volo: per questo oggi lo ricordiamo come il precursore della documentaristica scientifica”, conclude Balestrieri.  

Il gruppo che ha realizzato lo studio ha visto coinvolti per la Stazione Zoologica “Anton Dohrn”: Rosario Balestrieri (ornitologo) e Claudia Gili (veterinario, direttrice del Dipartimento CAPE); per l’Università di Siena Flavio Monti (ornitologo); per il Cnr-Iret Emiliano Mori e Andrea Viviano (zoologi) e per l’Università di Palermo Roberto Vento (ornitologo).  I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Animals.

 Patrizia Lazzarin, 21 marzo 2023

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Grandine, quali rischi per l’Italia e il Mediterraneo?

Uno studio dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, pubblicato sulla rivista Eos, offre una visione più completa sulla distribuzione della grandine nel Mediterraneo, evidenziando come l’Italia sia il paese più esposto alle grandinate di maggiore intensità. Inoltre, lo studio ha portato allo sviluppo della prima mappa globale degli eventi grandinigeni ad alta risoluzione                                             

Le grandinate sono tipicamente eventi di breve durata e di limitata estensione spaziale per cui risulta difficile la loro osservazione se non sono disponibili strumenti di misurazione a terra, come i radar. I ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Isac), utilizzando i dati forniti dai satelliti, hanno indagato l’incidenza dei temporali con grandine su un’area, quella del Mediterraneo, di particolare interesse perché è una di quelle maggiormente colpite dagli effetti del cambiamento climatico. Nell’ambito di questa ricerca è stata definita la prima mappa globale di grandine ad alta risoluzione, realizzata utilizzando una notevole quantità di  dati provenienti dallo spazio.

Abbiamo analizzato l’intera rete di sensori satellitari che fanno parte della missione spaziale internazionale Global Precipitation Measurements. Questo tipo di sensori consentono di utilizzare una vasta gamma di frequenze di sondaggio e hanno un’elevata copertura spaziale, offrendo così  notevoli potenzialità in termini di rilevamento e di indagine delle grandinate”, spiega Sante Laviola, ricercatore del Cnr-Isac e primo autore dello studio.

Secondo questa ricerca, l’Italia risulta essere il Paese dell’area mediterranea maggiormente colpito dagli eventi grandinigeni, trainando l’incremento delle precipitazioni nell’intero bacino. “I valori rilevati indicano che negli ultimi vent’anni il Mediterraneo si sta riscaldando il 20% più velocemente rispetto alla media globale, con la conseguente variazione dei regimi delle precipitazioni che aumentano per intensità e frequenza. Nonostante ci sia una grande variabilità tra un anno e l’altro, in tutta l’area si può notare un trend di aumento, pari al 30%, per quanto concerne le precipitazioni di grandine sia intense che estreme. In particolare, nella nostra Penisola si è raggiunto il numero medio più alto di questo tipo di precipitazioni, che si concentrano maggiormente nel nord durante l’estate, mentre crescono nel centro-sud tra la fine dell’estate e l’autunno”, prosegue il ricercatore del Cnr.

Attraverso questi dati i ricercatori potranno migliorare i modelli metereologici e climatici e supportare anche la gestione del rischio con l’obiettivo di mitigare gli effetti della grandine sul territorio e sulle attività dell’uomo. “Una mappa globale di grandine, che può essere prodotta ogni tre ore, fornisce un’informazione - finora inesistente - utile per poter studiare la distribuzione dei pattern grandinigeni su ogni area del pianeta, e in particolar modo in mare. Se da un punto di vista operativo le nostre mappe globali permettono di osservare le grandinate anche su aree del pianeta scoperte da sistemi di misura al suolo, da un punto di vista climatico renderebbero possibile replicare il nostro studio su altri hotspot climatici della Terra”, conclude Laviola.

Patrizia Lazzarin, 19 marzo 2023

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