XX Biennale Donna … yours in solidarity

XX Biennale Donna  … yours in solidarity

La BIENNALE DONNA che sarà visibile da oggi a Palazzo Bonacossi, nella città di Ferrara, già nel titolo contiene, in sintesi, i significati di cui si fa portavoce e qui, la parola fa a gara con l’immagine nell’esprimere i valori di cui si fa garante. Cominciamo dai numeri che spesso raccontano quanto si è conservato e cancellato nella Storia. La XX BIENNALE DONNA  si lega alle origini di quelle mostre di sole donne o mostre ghetto, come erano state definite e, che ponevano su un differente palcoscenico la creatività femminile nel suo desiderio di cambiamento. L’arte diventava in questa maniera un processo di liberazione e di emancipazione. Era e rimane un discorso politico nel senso originario, dove  l’etimologia ci riporta a Πολιτικός, politico,  πόλις, città,  fino alla radice πολ che si traduce in molti.

Un’arte femminile quindi desiderosa di narrare a molti, collegandosi anche ad un’impostazione tipicamente concettuale della stessa, ma soprattutto animata dall’intenzione di svelare altri mondi … che fanno parte dell’universo femminile. Mirella Bentivoglio che assieme a Romana Loda era stata negli anni Settanta, una delle più attive animatrici della scena artistica femminile in Italia, aveva scritto nel catalogo della VIII Biennale Donna Post Scriptum, riferendosi alle mostre di sole donne di quel periodo:

Hanno portato frutto … Hanno attivato scambi di informazioni. Forse l’espressione derisoria con cui questo tipo di esposizioni venne battezzato si codificherà in segno positivo come le definizioni di Impressionismo e Cubismo che, nate come ironizzazioni critiche, entrano a pieno titolo nel nobilitante vocabolario della storia dell’arte”.

Guardando ora ancora al titolo  della mostra Yours in Solidarity che campeggia sulle locandine, stendardi e cataloghi, si chiarisce l’ampio spazio destinato in essa al messaggio e più specificatamente alla comunicazione. Il titolo si riallaccia alla rivisitazione di un consistente epistolario proveniente da una rete internazionale di anarchici che terminavano le loro lettere con la frase Yours in solidarity. Attraverso il mezzo video alcuni attori fanno rivivere “lungo” un dialogo a più voci  quei vocaboli e frasi per suggerire  parole capaci di creare e attivare relazioni fra culture, contesti e generi diversi.

Fino  al 30 giugno 2024  Palazzo Bonacossi  potremmo visitare Yours in Solidarity  – Altre storie tra arte e parola, un’esposizione a cura di Sofia Gotti e Caterina Iaquinta. La mostra riunisce installazioni, sculture, performance e opere tessili frutto di esperienze partecipative di sei artiste internazionali: Binta Diaw, Amelia Etlinger, Bracha L. Ettinger, Sara Leghissa, Muna Mussie e Nicoline van Harskam.

Sofia Gotti, una delle curatrici, ha evidenziato, in riferimento a questa rassegna che ha un valore storico, la ricerca effettuata sugli archivi dell’UDI e sulla memoria. Qui  le parole di donna, di lotta femminista oggi, di storia di lotta condivisa aprono nuovi spazi di discussione.

All’anteprima stampa erano presenti l’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli, Mauro Felicori, Assessore alla Cultura e Paesaggio Regione Emilia Romagna e il critico d’arte  e sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi che hanno tessuto parole di elogio per la manifestazione.

Un particolare significato ha la presenza di una grande artista di Tel Aviv Bracha Lichtenberg Ettinger, come scrive V. Sgarbi, nel catalogo. Un’artista che è non solo pittrice, ma anche psicoanalista, filosofa, teorica dell’arte contemporanea, militante femminista. Attraverso la pittura, i disegni e i taccuini, Ettinger evoca immagini tormentate e dissolventi di personalità mitologiche femminili mortificate come Euridice, Medusa, Ofelia e Persefone … Allo stesso tempo elabora anche i traumi storici, transegenerazionali e personali delle donne in tempo di guerra. I suoi dipinti muovono dalla traccia sulla tela di una figura umana, alterata al punto di diventare irriconoscibile, attraverso un lungo processo di manipolazione materiale e psicologica, come in una serie di sedute con una persona reale.

La rassegna è stata organizzata dal Comitato Biennale Donna dell’UDI, composto da Lola G. Bonora, Silvia Cirelli, Ada Patrizia Fiorillo, Catalina Golban, Elisa Leonini, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano e Liviana Zagagnoni, insieme al Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte e con il sostegno della Regione Emilia-Romagna.

In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue in italiano e in inglese.

Patrizia Lazzarin, 14 aprile 2024

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