Henri de Toulouse-Lautrec, “Oltre” la Belle Epoque

Henri de Toulouse-Lautrec, “Oltre” la Belle Epoque

L’Arte è un volano che trascina le genti  nei colori e nelle atmosfere del sogno e la sua tavolozza e i suoi pennelli originano emozioni di variegata natura. Quando l’espressione artistica cresce sulle fondamenta della libertà, come avviene con  artisti come gli Impressionisti, i Fauves e tantissimi altri, lo spettatore si ferma e si pone davanti all’opera per “sentirla” e capirne il senso che attraversa o precorre il Tempo. Henri de Toulouse Lautrec, l’artista  nato nella seconda metà dell’Ottocento da una famiglia dell’aristocrazia della provincia francese ha avuto uno sguardo curioso, indifferente alle convenzioni del mondo da cui proveniva, amante della Parigi notturna che lo portava nei luoghi dove pullulava un’umanità diversa, formata da letterati, artisti, ballerine, giovani bevitori di assenzio, una moda del tempo e, dalle donne da cui si poteva  acquistare  il piacere dei sensi.

Nella capitale francese dai muri tappezzati di manifesti, nel 1891 il suo Moulin Rouge La Goulue avviò una rivoluzione grafica qualificandolo da subito come maestro in questo genere. Nella conferenza stampa che si è tenuta oggi a Palazzo Roncale per la presentazione della mostra che si aprirà domani a Palazzo Roverella, intitolata al grande pittore francese, si è parlato di lui in maniera ampia e soprattutto rivelandone aspetti meno studiati, ma interessanti come la trama di relazioni con gli amici artisti e letterati in grado di definire in maniera  nuova anche la sua personalità e il suo fare artistico.

 La mostra è dunque un tuffo nella Parigi della seconda metà Ottocento, dove ritroviamo artisti come Edouard Villard, Charles Maurin, Edgar Degas, Felicien Rops, Alexandre Charpentier, Paul Signac, musicisti come Erik Satie, Gabriel Fabre, poeti come Paul Verlaine  e molti altri … Parigi pullula di cafès-concerts e di cabaret dove la gente può ballare ed assistere a spettacoli di vario genere. Montmartre, Il Moulin Rouge, Il Moulin de la Galette, l’Elisèe-Montmartre, Le Chat Noir e Le Mirliton sono i luoghi della vita notturna di cui l’artista fu testimone e attore.

 La conferenza è stata animata anche dalla presenza in sala del nipote di Gabriel Tapié de Céleyran, doppio cugino primo e amico intimo di Henri Toulouse – Lautrec, nonché proprietario della sua casa ad Albi di cui conserva gli archivi di famiglia. Egli ci ha deliziato con un paragone abbastanza sorprendente fra il lontano avo e lo scrittore delLa Recherche: Marcel Proust. Non esistono notizie che si siano mai incontrati, ma entrambi furono residenti a Parigi nello stesso periodo e frequentarono gli stessi caffè, ristoranti e luoghi di spettacolo sulla rive droite della Senna. Mentre Toulouse Lautrec fece di tutto per lasciare l’ambiente aristocratico da cui proveniva, Proust fece al contrario ogni tentativo per entrarvi. Fra le tante differenze e affinità che li differenziavano e li univano ho  deciso di  evidenziare alcune di quest’ultime.

Esse sono l’amore per la madre e la nonna, la visione del mondo mista di lucidità e franchezza, la frequentazione di case chiuse e di luoghi di piacere  e il gusto per il teatro. Entrambi  si assomigliano anche per la derisione e ipocrisia di cui furono oggetto: Proust per le origini ebree e l’omosessualità, Toulouse Lautrec per la bassa statura e per la provenienza da una famiglia aristocratica cattolica, allora presa di mira negli ambienti anticlericali della Terza Repubblica. Li unisce in particolare il loro impegno nel mondo dell’arte e della letteratura che ha lasciato ai posteri le opere che ammiriamo, nonostante non avessero la necessità di lavorare.

E facendo riferimento ad una espressione entrata nel linguaggio comune come quella delle odorose “Madeleine di Proust”, nelle loro opere noi percepiamo colori, gesti, persone e cose capaci di restituirci il “profumo” o meglio l’essenza di un’epoca trascorsa. La mostra che sarà visibile al pubblico fino al 30 giugno 2024 è stata promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi.   Prodotta da Dario Cimorelli Editore ha  la curatela  di Jean-David Jumeau-Lafond, Francesco Parisi e Fanny Girard, la direttrice del Museo Toulouse-Lautrec di Albi,  in collaborazione di Nicholas Zmelty.

Come dentro un cofanetto in cerca di gioie sparse, mentre passeggiamo fra gli spazi dell’esposizione si rivelano pezzi di storia che si pensavano perduti o non si conoscevano. Le Chat Noir, Il gatto nero, il locale che cambio l’immagine di Montmartre, nato nel 1881 dall’intesa fra Rodolphe Salis e Èmile Goudeau divenne allora il simbolo dell’emancipazione dagli ambienti ufficiali. Un ambiente innovativo dove un pianoforte normalmente vietato nei bar, permetteva ai cantanti di esprimersi e ai poeti di declamare i loro versi. La pubblicazione della rivista Èvénements, il linguaggio provocatorio di Salis, il teatro delle ombre di Henri Riviére, le poesie macabre di Maurice Rollinat e la frequentazione di persone come il futuro Edoardo VII o l’imperatore del Brasile distinsero il luogo per la sua unicità.

Altro tassello di un mosaico parigino si spiega  anche la rassegna  delle Arts incohérentes, organizzata da Jule Lévy nel 1882 a cui partecipò anche Toulouse Lautrec e che fu un evento a metà strada fra farsa e provocazione. Esso si scopre nella rassegna di Palazzo Roverella a Rovigo,  quando ormai se ne erano perse le tracce  e per farci conoscere le opere in cui potremmo vedere già alcune anticipazioni del movimento Dada, del Surrealismo e dell’arte astratta.

Nel suo insieme l’esposizione di Palazzo Roverella ricostruisce l’intera attività di Toulouse-Lautrec, attraverso 60 opere realizzate dall’artista  e più di 200 opere complessive esposte.  Avremmo così la misura  più chiara  della vivacità della scena artistica parigina del tempo, superando il riduttivo concetto di Belle Époque.

Patrizia Lazzarin, 22 febbraio 2024

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