La sindrome di Stoltenberg

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Come noto, s’intende per “sindrome” un complesso di sintomi di varia natura che caratterizzano un quadro clinico e che tradiscono una situazione patologica o comunque negativa.

        Nel nostro caso, essa prende il nome dall’attuale Segretario della Nato, Jens Stoltenberg, verosimilmente il personaggio più inutile oggi in Europa ma anche uno dei più sinistri e pericolosi. Da nove anni docile cameriere di un’istituzione militare di fatto controllata dagli USA, i suoi incoraggiamenti all’ingresso di sempre nuovi membri nella Nato e i suoi costanti incitamenti al riarmo  anche atomico “per la difesa dell’Europa” fanno di costui una miccia vagante. In ciò, egli non si differenzia da un altro personaggio non meno pericoloso e disastroso per l’Europa, l’ex attore-marionetta Volodymir Zelensky, che nonostante non sia più neanche il legittimi presidente dell’Ucraina, nonostante abbia istituito la legge marziale e messo al bando i partiti dell’opposizione, nonostante l’immane sperpero di miliardi ricevuti di cui si ignora la destinazione finale, nonostante mandi al fronte dei ragazzi imberbi a morire e sia insomma un disastro anche per il suo Paese, viene inspiegabilmente ricevuto come un martire-prezzemolo in parlamenti e vertici mondiali (vedi per esempio Svizzera e G7). Caratteristiche non molto dissimili si ritrovano del resto in un altro personaggio, e cioè, l’ex Presidente della Commissione Europea,  Ursula Von Der Leyen, di cui è difficile individuare i meriti ed è stata accanita fautrice di sanzioni senza fine anti-russe. Il risultato è notorio: le sanzioni hanno solo irrobustito la Russia e hanno messo in ginocchio l’economia europea.  La farina del diavolo…Il fatto che sembra esistano possibilità che questa signora possa ottenere un secondo mandato la dice lunga sull’intelligenza e livello di molti rappresentanti della UE.  

        La sindrome si manifesta dunque tramite individui, ma essi sono solo cellule di fenomeni più strutturali e complessi. La patologia del sistema e quella degli individui si auto-stimolano, si intrecciano e si sommano.

       Di incalcolabile effetto sono infatti la continuata esistenza della Nato, la sua cervellotica  espansione, i suoi catastrofici interventi in giro per il mondo, (vedi Libia e Serbia), la sua stessa composizione e i suoi incestuosi intrecci con la UE. Tutti questi fattori sono parte integrante della sindrome in questione. Essa include infatti anche la EU, non a caso diventata sotto vari punti di vista una sovrapposizione politica della Nato. Salvo alcune rare eccezioni, quasi tutte le nazioni della UE sono anfatti nche membri di quest’ultima. Le eccezioni sono del resto significative. Per quanto tutti facciano finta di ignorarlo, la presenza nella Nato di Canada e USA, ovviamente assenti nella UE, è un surreale (e impudente) fossile della seconda guerra mondiale, mentre la presenza  della Turchia (che ogni giorno che passa si allontana sempre più dalla saggia visione laica di Kemal Ataturk)  è dovuta a una strategia di contenimento dell’allora Unione Sovietica e quindi ora della Russia.

        La fine della II Guerra mondiale provocò nell’élite dirigente americana una sorta di “sbronza della vittoria” che a sua volta innescò due fenomeni: la paranoia del “primo della classe” (leggi: predominio mondiale) e lo smisurato potenziamento dell’apparato militare americano anche a guerra finita (il cosiddetto military-industrial complex). La Nato è il frutto di tale sbornia e di tale paranoia ed è il paravento con cui gli USA hanno continuato ad esercitare il loro predominio in Europa, condizionando e manipolando la politica e la stessa economia europea anche dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, cosa che aveva dato all’istituzione una certa sua logica.

       Il fatto che tale istituzione abbia quindi continuato ad esistere e anzi ad ampliarsi e a promuovere adesioni anche a est (Paesi baltici e progetti per l’Ucraina e Georgia) è la vera causa dell’attuale guerra in Ucraina e delle disastrose conseguenze economiche, politiche e sociali  per l’Europa. Anche senza le rivelazioni di Seymour Hirsch, sono infatti evidenti i collegamenti fra il sabotaggio del Nord Stream con gas russo a buon mercato e l’ostilità anti-russa americana, diventata ancora più isterica sotto l’attuale Amministrazione di Washington. Quasi inutile sottolineare qui come le mani di Joe Biden, ormai affetto da demenza senile, e dei suoi Consiglieri, assieme a quelle del citato attore in maglietta sono lorde di sangue. Paradossalmente, l’opinione in questione è espressa proprio da uno stuolo di osservatori americani, per i quali nulla di ciò sarebbe avvenuto, senza la colossale stupidità delle pretese di accogliere sempre nuovi Stati nella Nato. In questo caso, anche l’Ucraina e anche la Georgia. Quella che la narrativa corrente in proposito definisce come “invasione”, affermano i suddetti osservatori americani del resto ben noti (vedi John Mearsheimer, Jeffrey Sachs  e molti altri ancora) è stata in realtà “una reazione“alla demenziale spavalderia di un’élite di paranoici pseudo-strateghi a Washington.

       Questa è tuttavia solo una parte della medaglia. Assieme alla contaminazione e collusione con la Nato, esistono infatti anche ulteriori sviluppi e fenomeni patologici in seno alla UE. Essi sono endemici e strutturali.

      A una immotivata spinta ad est della Nato ha infatti corrisposto una crescente devoluzione di poteri e competenze dalle singole nazioni alla UE. Dal Trattato di fondazione della Comunità Europea del 1957 fino a quello di Maastricht del 1992 e a quello di Amsterdam del 1997-1999, l ’area di competenza di quella che era nata come una pura associazione economica si è allargata a dismisura fino ad includere anche aspetti giuridici, amministrativi e politici. Progressivamente, l’istituzione si è sempre più allargata, sostituendosi tendenzialmente alle legislazioni e prassi nazionali, diventando un vero e proprio controllore delle rispettive indipendenze e politiche ma senza un corrisponde valore aggiunto. Una costante e progressiva ramificazione e sopravvento su entità precedenti, tipica di certi processi fisiologici di natura patologica come le moltiplicazioni cellulari di natura cancerogena.

      Come avviene con tutte le organizzazioni ma anche con gli organismi naturali, anch’essa produce quindi strumenti e funzioni che ne rafforzano la legittimità, il potere di coazione e gli strumenti di sopravvivenza. In tale strisciante attività, essa si avvale di una vera e propria classe di Mandarini, che godono di eccezionali privilegi, ma sono infinitamente lontani dagli antichi Mandarini cinesi, che erano dei reali professionisti delle conoscenze.  In ogni caso, sfruttando l’ignoranza, l’apatia e la distrazione delle masse, la classe in questione è ormai usa ad imporre misure molto spesso puramente ideologiche o elaborate a tavolino o ad istituire ulteriori derive burocratiche come la Corte di Giustizia Europea, tendenzialmente sovrana rispetto alle Corti nazionali. Da qui, le imposizioni ai trasgressori e le pene e le multe, assimilabili per certi versi ai ricatti: tipiche, le pressioni verso Paesi come la Polonia e l’Ungheria, rei di non assoggettarsi ai dettami comunitari.

      Quello del cosiddetto “diritto di asilo”, contestato o comunque limitato da certi Stati  come Polonia o Ungheria, costituisce un appropriato esempio degli equivoci e delle deformazioni che, diventati norma, inquinano le attività della UE. L’inerente confusione fra perseguitati politici, cercatori di fortuna, fuggitivi da zone di guerra e semplici migranti, assieme alle disinvolte decisioni di vari responsabili del momento, ha infatti consentito un caotico afflusso senza precedenti di milioni di individui che non solo hanno appesantito le finanze dei singoli Stati ma che in buona parte erano e sono inassimilabili. Gli esempi della Svezia e degli innumerevoli “auto-ghetti” sparsi in Europa fanno testo.

      In realtà, l’Africa esporta le sue tensioni sociali e il Medio Oriente prosegue l’opera dei primi Califfi islamici.

      L’irresponsabilità ammantata di moralismo dei Mandarini della UE al riguardo è tuttavia impregnata di ipocrisia. L’inaudito flusso di migranti è anche il frutto dei disastrosi interventi militari Euro-Americani in Libia, Afganistan, Iraq e Siria placidamente o comunque docilmente assorbiti dalla UE senza recriminazioni e proteste analoghe a quelle odierne anti-russe. La stupidità dello sfascio della Libia ruppe gli argini con l’Africa sub-sahariana. Gli interventi a 3 o a 4 in Siria spinsero milioni di individui a nord. Lo scempio americano in Iraq fece lo stesso.  

      Prima ancora delle sue masochistiche scelte in particolare degli ultimi due anni (vedi le controproducenti sanzioni anti-russe, la perdita del gas russo a buon mercato, e una deliberata e irresponsabile porosità immigratoria), assieme alla già menzionata contaminazione con la Nato, proprio certe caratteristiche strutturali dell’istituzione  ne tradiscono significative anomalie.

      L’Unione pretende infatti di imporre misure centralizzate, ma non ha un esercito centralizzato. Essa è composta da Stati eterogenei per dimensioni, popolazioni e culture e basi economiche. Le sue entrate sono rappresentate dai versamenti dei singoli Stati (le tasche dei contribuenti) mentre le uscite obbediscono a criteri di tipo dottrinario e dogmatico ma non testate in base ai risultati economici e alle singole esigenze e diversità sociali. Vale la filosofia dell’omogeneizzazione e dell’unificazione, che di fatto è quella del gregge.

     Le relative erogazioni o la loro sospensione obbediscono inoltre a criteri che nulla hanno a che vedere con l’economia ma soprattutto con la politica. Come prima menzionato, le erogazioni o le sospensioni possono infatti assumere la natura d veri e propri ricatti. Lo squilibrio strutturale favorisce la pressione sui membri più piccoli in modo tale da ottenere maggioranze formali di comodo a seconda delle occasioni.

       La ripartizione dei seggi del Parlamento europeo non è proporzionale alla popolazione, cosa che attribuisce un peso innaturale ai voti dei Paesi più piccoli.

      In sostanza, con la sua pletora di organi, col suo gigantesco apparato burocratico Unione Europea costituisce una sorta di doppione a distanza delle varie entità nazionali. Quest’ultimo tende a fagocitare sempre più funzioni, senza per questo eliminare gli squilibri e le anomalie sopra citati e soprattutto senza eliminare la patologica contaminazione con la Nato. Il vantaggio dell’assenza di frontiere doganali è insomma pagato a caro prezzo, un prezzo spropositato. Un’entità che doveva avere scopi di efficienza sociale ed economica è diventata un ricettacolo di politici mediocri e di dilettanti pericolosi.

       La sindrome di Stoltenberg è uno dei virus di Bruxelles. Troppi Europei, sempre più vacanzieri e in genere manipolati o indifferenti, favoriscono la diffusione del virus.  

Antonello Catani, 18 giugno 2024 

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L'Occidente, le sfide globali e un'America da decifrare

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Chi salverà questo mondo che sembra amare solo le guerre?

Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito l’altro giorno che l’Europa dovrebbe perseguire l’autonomia strategica dagli Stati Uniti. Il suo appello è stato pronunciato in un momento di particolare concentrazione di notizie in arrivo dall’altra sponda dell’Atlantico, un flusso di eventi e di annunci che sembra evidenziare una ritrovata centralità Usa e che sconsiglierebbe la Ue dal cercare una presa di distanza. In realtà, c’è un’America tutta da decifrare, in una fase certamente densa che si prolungherà, verosimilmente, per tutti i mesi che ci separano dalle elezioni presidenziali di novembre, e anche in quelli successivi (...) L'America profonda, quella che è sensibile alle sirene isolazioniste e alle ricette semplici e rudi di Donald Trump, osserva distrattamente e alle urne, quella frazione che vi andrà, terrà conto più dell'economia che della politica estera. Forse sarà scontenta di non potere più accedere a TikTok se fra meno di un anno scatterà la tagliola appena approvata contro la proprietà cinese, sospettata di non fare nulla per evitare i messaggi di propaganda inquinata che passano dalla frequentatissima piattaforma Web. Il commento di Andrea Lsavazza su Avvenire.

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Il Giappone vuole diventare un alleato globale degli Usa

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Il Giappone ha scelto gli Stati Uniti, per l'Europa è una buona notizia

Pronti a diventare globali. È il titolo dell’ultimo numero del magazine settimanale giapponese Nikkei Asia, su cui campeggia un’immagine del primo ministro Fumio Kishida con un mappamondo in mano. Non è un caso. Il premier giapponese ha proseguito e ampliato la strategia messa in piedi dal predecessore Shinzo Abe, completando ormai del tutto il «risveglio» strategico di Tokyo. Un risveglio suggellato la scorsa settimana, durante la visita di Stato negli Stati Uniti che lo ha portato a firmare oltre settanta accordi bilaterali con Joe Biden alla Casa Bianca, con un discorso di fronte al Congresso americano. «Non siete da soli a sostenere l’ordine globale, siamo al vostro fianco come tomodachi, migliori amici», ha garantito (...) Il primo pilastro della strategia di Tokyo è il rafforzamento del rapporto con gli Stati Uniti, favorito dalla politica asiatica di Biden, che ha ricostituito e rilanciato il sistema di alleanze americano fatto vacillare negli anni precedenti da Donald Trump. Il Giappone ha ulteriormente cementato il suo ruolo di principale alleato degli Stati Uniti in Asia. Nel 2022, Kishida ha pubblicato una nuova politica di sicurezza nazionale in cui la strategia di difesa del Giappone si allinea a quella degli Stati Uniti, e si è impegnato a raddoppiare quasi la spesa per la difesa, portandola al due per cento del prodotto interno lordo entro il 2027. Il commento di Lorenzo Lamperti su Linkiesta.

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