Il Giappone vuole diventare un alleato globale degli Usa

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Il Giappone ha scelto gli Stati Uniti, per l'Europa è una buona notizia

Pronti a diventare globali. È il titolo dell’ultimo numero del magazine settimanale giapponese Nikkei Asia, su cui campeggia un’immagine del primo ministro Fumio Kishida con un mappamondo in mano. Non è un caso. Il premier giapponese ha proseguito e ampliato la strategia messa in piedi dal predecessore Shinzo Abe, completando ormai del tutto il «risveglio» strategico di Tokyo. Un risveglio suggellato la scorsa settimana, durante la visita di Stato negli Stati Uniti che lo ha portato a firmare oltre settanta accordi bilaterali con Joe Biden alla Casa Bianca, con un discorso di fronte al Congresso americano. «Non siete da soli a sostenere l’ordine globale, siamo al vostro fianco come tomodachi, migliori amici», ha garantito (...) Il primo pilastro della strategia di Tokyo è il rafforzamento del rapporto con gli Stati Uniti, favorito dalla politica asiatica di Biden, che ha ricostituito e rilanciato il sistema di alleanze americano fatto vacillare negli anni precedenti da Donald Trump. Il Giappone ha ulteriormente cementato il suo ruolo di principale alleato degli Stati Uniti in Asia. Nel 2022, Kishida ha pubblicato una nuova politica di sicurezza nazionale in cui la strategia di difesa del Giappone si allinea a quella degli Stati Uniti, e si è impegnato a raddoppiare quasi la spesa per la difesa, portandola al due per cento del prodotto interno lordo entro il 2027. Il commento di Lorenzo Lamperti su Linkiesta.

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Il golpismo ridisegna i limiti della politica americana

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Stati Uniti, aleggia l'ombra di un bis di Trump alla Casa Bianca nel 2024

La Corte Suprema di Washington – composta in maggioranza da seguaci di Donald Trump, in buona parte nominati da lui – ha ribaltato la sentenza della Corte suprema del Colorado che aveva dichiarato la sua incandidabilità sulla base del quattordicesimo emendamento della Costituzione, oltre che del buon senso. È vero che la decisione è stata presa all’unanimità, in base al principio secondo cui non può essere un singolo stato (in questo caso il Colorado) a decidere chi possa o meno candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti, per evitare «il caos» che deriverebbe da decisioni diverse tra stato e stato. In compenso i giudici si sono divisi sulla scelta di affermare che a invocare il quattordicesimo emendamento della Costituzione (quello che vieta di assumere un incarico di governo a chi abbia partecipato a un’insurrezione) possa essere solo il Congresso. Motivo per cui Trump e qualunque altro aspirante golpista dotato di maggioranza parlamentare potrà dormire tra due guanciali. Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

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Il Pd scopre che i grillini sono una destra populista

Svegia, Pd! Attenti agli sgambetti di Giuseppe Conte

La scommessa del Partito democratico di Pier Luigi Bersani fu quella di romanizzare i barbari, cioè di fare del Movimento cinque stelle di Beppe Grillo e Roberto Casaleggio una formazione compatibile con i valori e le politiche della sinistra. A più di dieci anni di distanza la scommessa risulta perduta. Il Movimento che non era di destra né di sinistra, nel corso del tempo è peggiorato: sotto la guida di Giuseppe Conte è diventato definitivamente un coerente partito di destra. Una destra certamente particolare, più simile alla Lega – vecchia compagna d’avventure – che a Fratelli d’Italia, capace di amalgamare antipolitica, inclinazione assistenzialista e agnosticismo sui grandi valori con tendenze a preferire le politiche reazionarie e antidemocratiche, da Donald Trump a Vladimir Putin (...) Solo in un caso potrebbe esserci l'intesa tra Pd e Conte: se il Pd diventasse completamente e irreversibilmente un partito populista, senza grandi idee, caciarone e demagogico. Allora sì sarebbero non solo alleabili ma indistinguibili. Ma quello non sarebbe più il Pd di Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, Pierluigi Castagnetti, David Sassoli. Sarebbe il Pd della Ditta che fu, cioè la sua parodia. È questo quello che vuole Elly Schlein? Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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