''Ho deciso, non mi fermo ai semafori!''

... Io sono un NO-SEM.!

Giorni fa ho letto questo post anonimo, che da alcuni mesi gira sul web. L’autore, con grande ironia e senso dell’umorismo, fa uso di “fallacie” assai in voga in questo momento storico. La “fallacia” è un tipo di ragionamento errato ma psicologicamente plausibile: “errato" vuol dire che il ragionamento non è tale da garantire la verità delle conclusioni mentre “psicologicamente plausibile" significa che il ragionamento è tale da convincere un ascoltatore ad accettare la conclusione come vera. Considerata la loro pericolosità, ritengo quindi che individuare tali fallacie possa essere utile. Si veda dunque il testo:

«Cioè, se tu vuoi fermarti ai semafori, liberissimo, mica te lo proibisco. Ma io no. Io difendo la mia libertà! Il semaforo limita la mia libertà di movimento e la mia libertà di scelta individuale. Cose previste dalla Costituzione e dal trattato di Schengen, libertà di circolazione, avete presente?»

In pratica il No-Sem non solo non proibisce niente a nessuno ma si limita a difendere la sua libertà. In apparenza l’idea è dignitosissima, talmente dignitosa da nasconderne il risvolto: la libertà di cui si dice è la “libertà di uccidere” (qui, la vecchietta che attraversa la strada).

«Io ammiro chi crede davvero che i semafori siano stati concepiti per la nostra "sicurezza". Sul serio, senza ironia, capisco chi pensa che la vecchietta che attraversa la strada e non finisce sotto la mia macchina, poi PER QUESTO motivo campi altri cent'anni. E' una cosa che ci hanno indotto a credere da sempre, indottrinandoci ben bene a partire dai nostri genitori (servi inconsapevoli, ahi loro).»

Libertà vuol dire rifiuto dell’indottrinamento e, non c’è che dire, essere indottrinati non è una bella cosa. Ma chi “indottrina” nasconde la verità e quindi il No-Sem, se vuole essere convincente, deve prima di tutto spiegare che cosa ci viene nascosto e, in seconda battuta, dimostrare che la scienza è dalla sua parte.

«Che poi, quelli investiti sulle strisce, siamo sicuri che non avessero altre patologie? Il 70% aveva problemi cardiaci, o problemi respiratori da raffreddore... Sono morti PER schiacciamento da auto o CON schiacciamento da auto, ma prima o poi sarebbero morti lo stesso? Non ce lo dicono... Fatto sta che nessuno sottolinea mai quanto i semafori consumino elettricità (SOLDI NOSTRI), deturpino il paesaggio e discriminino i daltonici, perché queste sono verità scomode

Cosa ci nasconde il potere che indottrina? Ci nasconde che il 70% delle persone travolte dall’auto in corsa sarebbero comunque morte per problemi di salute. Il che significa: perché lamentarsi tanto per una vecchietta investita e deceduta quando le malattie l’avrebbero comunque portata via? La logica apparente può far passare inosservato il fatto che la vecchietta in questione avrebbe potuto vivere tanti anni ancora e morire per cause naturali e non violente. Inoltre ci viene nascosto che i semafori sono costruiti con i “nostri soldi”, argomento sensibilissimo ed epidermico per molte persone.

«E il mainstream non vi verrà mai neanche a dire che ci sono fior di studi SCIENTIFICI che dimostrano al 100% che se un'automobile o un motorino va a forte velocità contro il palo di un semaforo si schianta col rischio anche di MORTE. C'è tutta una letteratura al riguardo per cui i morti contro i pali dei semafori sono milioni. Però i media ne parlano bene e le autorità li impongono cercando di farci passare i semafori come una cosa per il "nostro bene" (ah ah, sì vabbe'). Si sa da tempo immemore che anche se una persona a piedi sbatte su un palo di semaforo poi ha delle conseguenze anche permanenti

Dopo aver svelato cosa il potere nasconde, il No-Sem deve ora dare valore scientifico alle proprie opinioni. Niente di meglio che una statistica: il 100% di auto o moto che si schiantano contro il palo del semaforo possono determinare la morte del conducente. Un’affermazione senza dubbio indiscutibile e convincente! Ma, timidamente si potrebbe obiettare, la colpa è del palo o del conducente?

«Ecco, tutto questo e tanto altro dovrebbe bastare ma non mi interessa fare proseliti, io racconto solo la verità, poi voi fate come volete, intanto io penso con la mia testa pur continuando a prendere multe e sanzioni perché ovviamente vado contro il sistema. No problem, io proseguo nella mia battaglia illuminata e dico: "No, grazie, io non mi fermo ai semafori"

Si arriva così alla spettacolare conclusione con la quale il No-Sem dichiara di raccontare solo la verità, di pensare con la sua testa, di andare contro il sistema, di proseguire la sua battaglia illuminata. Tutte cose bellissime (se si escludono trascurabili dubbi su quel “illuminata”).

Agostino Roncallo – 3 gennaio 2022

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I giorni del virus raccontati ad una bambina

Clotilde è una bambina sensibile.

Nella mia città, ieri

ci siamo affacciati alla finestra

molte finestre, di fronte alla nostra

erano accese e, se non lo erano

torce e cellulari in mano,

tutti cantavano l’Inno di Mameli.

E bandiere, tante bandiere sono comparse fuori

chissà da dove.

Clotilde mi guarda, e dice:

ma tutti quelli che cantano “siam pronti alla morte!”

non è per davvero!

No Clotilde, non è per davvero.

Non c’è niente di vero

neppure in quello striscione, laggiù

lo vedi?

Ha i colori dell’Italia e una scritta:

“La vinciamo noi”.

Cosa vinciamo?

Non so cosa vinciamo, forse si parla della guerra

della guerra contro il virus

e non so, se a vincerla

sono gli autori della scritta,

se così fosse, sarebbero proprio pochi.

E noi non vinciamo?

Forse sì, anche noi Clotilde

vedi, lo sfondo della frase è bianco, rosso verde

e questo vuol dire che siamo anche noi

tutti noi italiani, a vincere.

Che bello! E quando?

Quando, è difficile da dire

ci vorrà ancora del tempo, sai

e anche molta pazienza, tu hai pazienza?

Ma lì c’è scritto “vinciamo”, non è subito?

No, non è subito

e neppure è sicuro che vinciamo.

Ma chi lo ha scritto è, sicuro!

Se ha delle ragioni per esserlo, sì.

Dovremmo chiederglielo:

senti, ci spieghi come mai vinciamo?

Da dove viene la tua sicurezza?

Vorremmo saperlo e, così

essere felici e contenti,

euforici!

Oh gioia, e tripudio, per favore, spiegaci

sì, spiegaci l’origine di tanta certezza!

Ma forse non ci risponderebbe

non potrebbe, rispondere

se non ha la risposta.

Nel frattempo, sul tetto di un palazzo

un DJ improvvisato accende gli altoparlanti

e si rivolge ai residenti:

"Siete pronti? Dai ragazzi che, per due minuti

ci prendiamo una boccata d'aria sul balcone!”.

“Siii...”, rispondono gridando gli abitanti del quartiere

"E allora signori lo possiamo fare tutti insieme,

la mano sul petto, io resto a casa

ma ve la canto sul balcone, e forza con l'inno di Mameli,

Fratelli d'Italia . . . “.

Ma se uno non è sicuro di ciò che dice

perché lo dice?

Hai ragione Clotilde, è vero

forse invece di “La vinciamo noi”

avrebbe potuto dire “Speriamo di non perderla”.

E poi, poi c’è un precedente poco incoraggiante

la guerra precedente l’abbiamo persa.

E dovevamo vincere anche quella?

Sì anche quella, pensa che chi l’ha annunciata

si è affacciato a un balcone

proprio come noi, qui, questa sera

era un uomo dalla grande mascella

che ha detto a tutti: vinceremo!

Anche a lui avremmo potuto chiedere:

ne è proprio sicuro?

Ma in fondo lui fu più prudente

ha usato un verbo futuro, non un presente

come a voler dire:

non vinciamo subito, no

ma, state tranquilli

che vinceremo,

sicuramente vinceremo.

Oggi invece, quella frase

dice che vinciamo subito,

perché si raccontano bugie?

Ah, questo lo so Clotilde

e ti rispondo dicendo che, noi

delle bugie abbiamo bisogno

non potremmo vivere senza,

la vita è una grande bugia e, per star bene

inventiamo cose non vere

come le fiabe

che si raccontano ai bambini perché tutti, sai

siamo bambini.

Vuoi sapere la bugia più grossa?

È la bugia della nazione

chi appartiene alla “nazione” si sente forte

è uno spaccone che crede di potere tutto

di avere tutto e di vincere, tutto

perché è “italiano”;

per lui gli italiani sono pochi e uguali

chi è diverso, non è italiano

è un nemico:

lo vedi Ymer, il nostro vicino che viene dal Sudan?

Anche lui è sul balcone, come noi ora

e neppure lui, come noi, ha la bandiera

ma noi non siamo trattati male, lui sì

perché non canta neppure l’inno

e in questi giorni nessuno gli parla

nessuno gli chiede: ciao come stai?

In questi giorni del virus

la parola “italiani” è una parola vuota, una bugia

come quella di tutti i prepotenti che si sentono invincibili

se hanno una bandiera o un inno.

La paura diventa fanatismo.

E questa loro nazione non è l’Italia

l’Italia è un’altra cosa,

questo è un gruppo di bulli

cui piace gridare “vinciamo”.

Vedi Clotilde, so forse di essere complicato

se ti dico che c’è un altro modo di essere italiani,

molto più semplice e più umile

quello di riconoscersi nelle leggi dello stato

che a tutti garantiscono la libertà

perché questo stato si chiama “democratico”.

Quindi noi due siamo italiani perché amiamo le libertà?

Ecco sì, è proprio così.

E gli altri italiani cosa amano?

Amano la pasta e l’altare della Patria

i santi e le Alpi

la mamma e le feste patronali

la pizza e Cavour

e poi Coppi e Bartali

e Mussolini e l’Autostrada del Sole

il Piave e Pinocchio…

Pinocchio?

Certo anche Pinocchio perché, tu lo sai

Pinocchio è un burattino e, se lo è

deve esistere anche un burattinaio.

Geppetto?

Non proprio, Geppetto è un falegname

lui l’ha costruito,

hai mai visto uno spettacolo di burattini?

Ma sì certo!

E chi muove i burattini?

Qualcuno, con i fili.

Proprio così, e chi li muove si chiama burattinaio.

Ma nel libro non c’è un burattinaio!

Appunto, per questo piace

il burattino vuole fare di testa sua

non è un bambino ma non diventerà mai adulto

e gli italiani che vogliono vincere non saranno mai adulti

quando hanno paura, e solo allora

cercheranno un burattinaio, un padre

che dia loro il permesso di uccidere i propri fratelli

attraverso la guerra.

Perché uccidiamo i nostri fratelli?

Forse perché la nostra storia è iniziata così

quando Romolo ha ucciso il fratello Remo

non te l’ho mai raccontata?

E poi, Pinocchio

aveva il naso lungo perché era bugiardo

anche lui raccontava bugie

proprio come quelli che dicevano “vinceremo”

e che dicono, “vinciamo”.

Allora, non si vince niente?

No Clotilde, non si vince niente

ma voglio dirti

che quando questo pericolo finirà

gli esseri umani si ritroveranno

certo, saranno addolorati per i morti

ma faranno nuove scelte

avranno nuovi sogni

creeranno nuovi modi di vivere
e guariranno completamente la terra
così come erano guariti loro.

Agostino Roncallo, insegnante e scrittore

Baveno, 21 marzo 2020

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Vinciamo o vinceremo?

In occasione di ogni nuova battaglia che sia essa culturale o, come in questi giorni, sanitaria, ricompare con puntualità un revanscismo nazionalista che, in quanto fortemente identitario, è totalmente acritico: Come dire: si possono esprimere dubbi su Dio, sul Papa, sul capo del governo ma non sull’italianità.
Mi è sembrato in questo senso particolarmente interessante questo striscione apparso in una cittadina delle Puglie.
La prima considerazione che si può fare riguarda il sottinteso relativo all'uso di un pronome (La) non preceduto da alcun nome. A cosa si riferisce? Data la situazione di emergenza in cui viviamo si può intuire come il riferimento vada alla "GUERRA CONTRO IL VIRUS" attualmente in circolazione.
Ma c'è un secondo sottinteso insito nel pronome (Noi) che conclude la frase: Noi chi? Noi che abitiamo qui? Noi che abbiamo scritto questa frase? Tutti noi? Se consideriamo che lo sfondo della frase è il tricolore, siamo evidentemente NOI ITALIANI a vincere questa guerra.
Arriviamo dunque al verbo (Vinciamo). All’estensore del testo la prima cosa che verrebbe da chiedere è: cosa te lo fa pensare? Ammetto che mi piacerebbe ascoltare la risposta.
Considerato il precedente storico, implicito per l’autore della frase, sarebbe stato forse più prudente scrivere: CERCHIAMO DI NON PERDERLA. E invece no, è certo che questa guerra la vinciamo.
Ne era altrettanto sicuro l’oratore che da Palazzo Venezia annunciò la vittoria ma con il prudente accorgimento, in quel caso, di usare il verbo “vincere” al futuro: Come dire: non è che vinciamo subito ma, insomma, state tranquilli che vinceremo.
Nel nostro caso invece non c’è neppure il futuro, c’è un presente certo e immediato: vinciamo oggi, subito, senza eccezioni.
Come spiegare tanta sicumera? Oggi come allora l’affermazione non ha neppure bisogno di una motivazione, così come un assioma non necessita di dimostrazione.
Il fatto è che qui non parliamo di scienze esatte ma di ipotesi, siamo di fronte a un futuro quantomai incerto verso il quale pernicioso sarebbe avere apodittiche certezze.
A conti fatti, considerato il passaggio che ha portato il verbo dal futuro al presente, l’autore del testo avrebbe potuto scegliere una terza possibilità e scrivere ABBIAMO VINTO NOI.
Sarebbe stata la stessa cosa: in tutti e tre i casi non sono ammesse richieste di spiegazione, la richiesta di un “perché” non è prevista.
Se avessi incontrato il duce nei corridoi di Palazzo Venezia, avrei voluto chiedergli: ma ne è proprio sicuro? Sì, avrebbe potuto rispondermi, perché abbiamo l’esercito più forte. Certo, mi avrebbe raccontato una bugia colossale, ma avrebbe comunque fornito una motivazione.
Qui, invece, data l’incertezza della situazione, neppure possiamo fare ricorso a una qualche bugia, non aggrapparsi all’ottimismo, niente.
Occorre dunque prendere in considerazione altre possibili soluzioni interpretative: la frase in questione potrebbe semplicemente sottintendere una PROMESSA di vittoria.
Ma, se così fosse, il pulpito dalla quale proviene dovrebbe essere autorevole.
Il capitano di una nota squadra di calcio, scrisse in una sua autobiografia le seguenti parole: «Quando sei un Capitano, dire “Forza ragazzi, oggi vinciamo” è molto semplice. Ti viene istintivo. La frase è di una banalità disarmante, però molto spesso non c’è altro da aggiungere. Il problema è che se sbagli il modo di dirla, i tuoi compagni nemmeno la sentono. Se invece sai pronunciare quelle parole, se ti sei messo nella condizione giusta, allora cambia tutto. Quel “Forza ragazzi” diventa una formula magica, una specie di battesimo del fuoco, e quel “oggi vinciamo” una promessa».
Ma in questo caso da quale autorevole pulpito verrebbe la promessa? Da nessuno, visto che l’autore della frase è ignoto.
Sorge allora un dubbio: LA VINCIAMO NOI non nasconde forse un artificio retorico di matrice risorgimentale? In altre parole, il riferimento potrebbe essere all’unità degli italiani, avvalorato dallo sfondo tricolore sul quale la scritta campeggia.
Non possiamo dimenticare che “A noi!” fu grido d’incitamento e di raccolta adottato dai reparti di arditi durante la prima guerra mondiale (1917), poi dai legionarî fiumani (1919), e divenne infine (dal 1933) saluto ed esortazione ad agire e lottare in uso nel periodo fascista. Fu reso celebre a Fiume da D'Annunzio, durante la Festa di San Sebastiano, nel gennaio 1920, in risposta alle acclamazioni dei legionari che lo circondavano.
Oggi come un tempo sembra che una “guerra” necessiti di un meccanismo identitario, euforico e autoesaltante, che non deve lasciare spazio a dubbi o ripensamenti.

Agostino Roncallo, 15 mazo 2020

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