Se l'Università affonda le colpe sono dei docenti

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Grazie all’autonomia riconosciuta alle singole sedi universitarie, sono stati i professori universitari che fino ad ora hanno amministrato a proprio insindacabile giudizio l’organigramma della docenza nelle rispettive università. Sono stati loro che hanno deciso (e decidono) come impiegare i fondi a disposizione (scarsi, certo, sempre molto scarsi, ma questo è un altro discorso: tutti sono capaci di far bene quando il denaro scorre a fiumi) scegliendo ogni volta, per esempio, se far posto a due giovani ricercatori o a un ordinario, se promuovere un ricercatore nella fascia dei professori o, viceversa, far passare un professore dalla seconda alla prima fascia. Decisioni nella stragrande maggioranza delle quali il criterio fondamentale è stato sempre fatalmente uno solo: il favore ai propri amici e/o allievi, la tutela del proprio insegnamento o raggruppamento disciplinare a scapito anche di quelli che andrebbero oggettivamente rafforzati. Un editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera. 

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I nostri ragazzi studiano in Italia e all'estero

Si può studiare Architettura al Politecnico di Milano e insieme anche in Messico, Venezuela, Turchia; Agraria a Padova e in Danimarca, ottenendo due titoli validi in entrambi i Paesi; Filosofia a Bologna e in Germania; Sociologia a Trento e in Spagna; Cooperazione internazionale alla Sapienza di Roma e in Colombia; Ingegneria delle Telecomunicazioni al Politecnico di Torino e in Cina. Centinaia di «doppie» porte, aperte sul mondo. «La tesi di laurea viene discussa in Italia, ma spesso c’è la partecipazione via Skype della commissione dell’università convenzionata, che può essere a migliaia di distanza» - spiega la docente milanese. Così Antonella De Gregorio sul Corriere della Sera.

Un diploma di laurea non basta più...

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Università italiane sempre più squalificate

Nel libro Parentopoli, Nino Luca rincara: «Antonella, Fabrizio, Francesco Saverio (vale uno nonostante il doppio nome), Gian Siro, Gilberto, Lanfranco, Manuela Monica Danila (tre nomi ma vale sempre uno) e Stefania. Totale otto Massari: Massari, Massari, Massari, Massari, Massari, Massari, Massari e Massari. Nell’ordine: ordinario, associato, ricercatore, associato, associato, ordinario, ricercatore e straordinario. Facoltà di Economia, economia, economia, economia, tutti ad economia. Stessa facoltà, stesso cognome, stessa famiglia, stesso mestiere, la stessa città. Anche se qualcuno, forse per frenare le malelingue, si è dovuto sobbarcare una piccola trasferta a Lecce e a Casamassima. Ma gli otto Massari portano l’università di Bari nel guinness dei primati». Così Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera.

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