Disinvolture ed equivoci di un Primo Ministro

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       Le scatenate scene danzanti del Primo Ministro finlandese Sanna Marin e il dibattito sulla loro opportunità meritano dei commenti.

      Le scene in questione hanno trovato dei difensori, i quali sostengono che anche un Primo Ministro ha diritto alla sua vita privata. La difesa è fragile e la dice lunga sul grado di consapevolezza politica di chi la esprime. In realtà, la carica di Primo Ministro oppure di un Presidente hanno dei fortissimi riverberi pubblici e simbolici che in qualche modo pongono coloro che la detengono in una posizione particolare, indebolendo quindi il comodo alibi della vita privata o quello della legalità invocata dalla stessa Sanna Marin, che per dar forza alle sue dichiarazioni di non aver commesso “niente di illegale" si è anche sottoposta a un test di droghe, risultato negativo. 

      La nozione di “vita privata” e il teatrale ricorso al test tradiscono un fondamentale equivoco. Quella di Primo Ministro non è una semplice “professione” ma al contrario una “carica”, ricca di valenze simboliche. Non più cittadino qualsiasi, la cui sfera è fondamentalmente privata, un Primo Ministro è al contrario proiettato in una sfera pubblica e unica. Finchè detiene la carica, egli è inevitabilmente “un diverso”, proprio perché le sue prerogative e la sua autorità si elevano al di sopra di quelle dei cittadini privati. Sostenere quindi che anche un Primo Ministro può indulgere in qualsiasi comportamento concesso a un cittadino qualsiasi è già concettualmente discutibile. 

Se poi i comportamenti in questione sono costituiti da sfrenate danze in compagnia di altre giovani persone, il capovolgimento e l’uscita di ruolo sono troppo contradditori con il simbolismo della suddetta carica per non essere anarchici e inappropriati. 

      Che fiducia può ispirare un Capo di stato che a seconda delle situazioni esce disinvoltamente dal ruolo e si abbandona a comportamenti poco controllati e di tipo primitivo, come sono in fondo danze simili a quelle a cui ha partecipato il Primo Ministro finlandese? Alla luce del buon senso e del buon gusto, nessuna. A meno che non si consideri quella di Primo Ministro come una delle tante professioni, che non implicano costrizioni di ruolo, di modo tale che uno può tranquillamente togliersi il camice da medico e visitare una discoteca. Poiché però la più alta carica di uno Stato non è una professione né un abito che si può dismettere per indossarne un altro, rimane il fatto che le feste danzanti di tipo goliardico-primitivo del Primo Ministro finlandese ben poco si adattano alla sua carica.

      E tuttavia i Finlandesi hanno riposto la loro fiducia in costei, nonostante ella avesse 34 anni quando fu eletta Primo Ministro. Non risulta che la nomina di una persona così giovane per una carica così delicata, piena di sfide e che dovrebbe presupporre doti speciali di esperienza e maturità abbia sollevato a suo tempo particolari perplessità. Il vero problema sta dunque a monte. 

      Certo, anche Alessandro Magno era giovanissimo e compì imprese prodigiose a mezza strada fra l’illuminato e il tipico avventuriero, ma si trattava appunto di Alessandro Magno. Salvo sostenere che si sia trattato sempre di discendenti di quest’ultimo, la storia mostra come individui molto giovani che per qualche motivo salirono agli altari del potere, furono autori di imprese spesso disastrose o comunque rivelarono la loro impreparazione. Gli esempi non mancano. Innocenzo III, Papa a 37 anni, fu uno dei più grandi criminali della storia (Càtari, Quarta Crociata, Inquisizione). Cesare Borgia, molto intelligente a detta di Machiavelli, mancava però di equilibrio e alla fine morì giovanissimo in un’imboscata in Navarra. In Italia, la tradizione dei ministri giovani sembra radicata. Anche qui, l’inesperienza di un Ciano, nominato Ministro degli Esteri a 33 anni, era in buona parte il corollario della sua età e comunque gli costò cara. In quanto all’attuale Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, anche lui è stato investito della carica a soli 33 anni. Il fatto che non risulta che egli abbia alle spalle il curriculum di studi richiesto a chiunque intenda intraprendere la carriera diplomatica, e cioè, approfondite conoscenze di relazioni internazionali, storia diplomatica, lingue, etc., rende perlomeno surreale e inquietante l’eccezione. Nella vita comune, per risolvere situazioni critiche o complesse ci si rivolge agli specialisti con tanto di titolo di studio e comprovata esperienza nel ramo. Chi mai affiderebbe la sua macchina, i suoi denti, il ripristino di certi organi vitali a chi non ha una robusta esperienza da meccanico, da dentista o da chirurgo? Nessuno. In politica, invece, sembra che ormai questa sia quasi la regola.

      Nel caso specifico della signora Sanna Marin, il problema riguarderebbe solo i Finlandesi, se non fosse che certi comportamenti e atteggiamenti in politica estera del Primo Ministro – il favoreggiamento dell’ingresso nella Nato - sono potenzialmente di gran lunga più pericolosi e infelici delle feste danzanti.

     Non c’è quasi bisogno di dire che il problema non è la giovinezza di per sé di un individuo ma fino a che punto la sua maturità ed esperienza sono coerenti con lo spazio pubblico e gli strumenti a lui concessi. Lo stesso si potrebbe dire per l’età matura o per un individuo anziano, il quale non è evidentemente condannabile per questo. Anche qui il problema è rappresentato dal ruolo pubblico e politico riservato e concesso a costui. Da questo punto di vista, le cose sono infatti curiosamente speculari. Anziché attenersi a un ruolo di saggi ormai distanti dalla politica attiva e dal potere, una variopinta ma abbondante congerie di “anziani” in giro per il mondo non rinuncia al protagonismo e detiene cariche di altissima responsabilità che richiedono non solo esperienza ma anche lucidità, energie fisiche e insomma qualità che lamentevolmente decrescono col passare del tempo. 

      Ecco così una più che novantenne regina britannica rimanere tenacemente aggrappata alla sua corona - un gradino ancora più simbolico di Primo Ministro - per non parlare di uno stuolo di Presidenti ultra anziani che addirittura sono stati riconfermati o che pensano di ricandidarsi. Potremmo aggiungere alla serie anche un personaggio come l’attuale Papa, ormai ottantacinquenne,  ma almeno quest’ultimo, onestamente non ha fatto mistero di non avere ormai più l’età per portare avanti i suoi viaggi apostolici. Nel caso degli uomini politici, il rimanere abbarbicati alla carica sarebbe patetico, se non mettesse in luce ancora una volta le distorsioni, gli stravolgimenti, le falsificazioni e i buchi neri della cosiddetta “democrazia”, nido di mal interpretate uguaglianze, di innaturali appiattimenti nonchè di striscianti manipolazioni di massa. Alcuni difensori di quest’ultima (vedi W. Churchill) hanno affermato che essa è il minore dei mali. Questo è probabilmente vero, ma a patto di non fare gli struzzi riguardo ai suoi molti difetti e in particolare alle incongruenze rappresentate dai due poli sopra menzionati. Mentre non è detto che una più realistica età di mezzo sia immune da scivoloni, errori e malefatte, le probabilità aumentano ai due lati estremi dello spettro. Basta vedere la caotica e demenziale gestione politica dell’attuale presidente americano, che dopo una disastrosa e miseranda ritirata dall’Afghanistan si è ora imbarcato in un’ostinata e miliardaria guerra per procura  contro la Russia, con una galoppante inflazione e masse di migranti che irrompono incontrastati alle frontiere porte col Messico. Sarà una nemesi storica per aver gli Stati Uniti occupato nel XIX secolo metà del Messico? Mai sottovalutare i sentieri nascosti della storia.

       In realtà, le incoerenze anagrafiche che abbiamo brevemente menzionato rimandano a un altro problema di fondo sottostante ai meccanismi democratici che consentono a giovani imberbi o a degli ottantenni di insediarsi e rimanere abbarbicati a poltrone che influenzano il destino di milioni di persone. La comprensibile demonizzazione dei “Duci” di altri tempi circonda di sospetti e stravolgimenti la nozione di un reale leader, figura di cui si nota la generalizzata mancanza almeno in Europa e che la retorica vorrebbe assimilare alla figura del “dittatore”. Il costo postumo delle follie e delle bravate di un Hitler e di un Mussolini è in questo senso difficilmente sottostimabile. In compenso, abbondano invece i demagoghi, dall’Atlantico alle Isole Britanniche, alla Penisola Anatolica fino alle coste dell’Asia orientale. Anche costoro, allo stesso modo degli imberbi e degli ottuagenari, sono confortevolmente protetti dal sistema democratico.

      In conclusione, il Primo Ministro finlandese, che scambia la carica con una qualsiasi professione, è in fondo in buona e numerosa compagnia, cosa che quindi fatalmente lo esonera dalle debite autocritiche e per questo molto probabilmente continuerà a passare disinvoltamente da un abito all’altro.

Antonellp Catani, 23 agosto 2022

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Oliviero Toscani, professione fotografo

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Un’estate assolata che brucia, dentro temperature che in città sembrano liquefarci, mentre la Natura, sia la verde montagna con i suoi freschi torrenti e le bianche pietraie, sia le spiagge con il mare ed i suoi luminosi azzurri, sembra restituirci la sua bellezza e varietà. Una Natura che possiamo ora, in maniera più pregnante,  sperimentare nei tanti volti di persone che incontriamo  nei viaggi che torniamo a fare e non solo a sognare. Così la mostra su Oliviero Toscani, professione fotografo, a Palazzo Reale a Milano, ha la capacità con le sue molte immagini di donne, uomini, bambini, giovani e anziani, di diverse razze e nazionalità, vestiti o nudi di mostrarci la ricchezza del patrimonio genetico umano. Potrebbe essere quasi, la sua, una presentazione non ufficiale, ma ufficiosa,  con il variegato mondo di persone che popolano il nostro pianeta e che egli ha osservato e studiato. L’ottantesimo compleanno, quest’anno, di Toscani che festeggia anche sessant’anni di attività è stata l’occasione per la realizzazione di un’esposizione che è  un modo di mostrare come egli ha colto e letto gli avvenimenti ed i protagonisti di un tempo che scorre fra gli anni 60’ ed oggi. Tra gli 800 scatti visibili,  si può citare, il progetto “Razza Umana”, iniziato nel 2007,  con il quale il fotografo ha attraversato centinaia di piazze per immortalare chiunque lo desiderasse.  Ha cosi realizzato 10.000 ritratti che hanno permesso di costituire il più ampio archivio fotografico al mondo sulle differenze sociali e morfologiche dell’umanità. Alcune delle sue foto hanno fatto sicuramente scalpore come il famoso manifesto Jesus Jeans ‘Chi mi ama mi segua’, “Bacio tra prete e suora” del 1992, i “ Tre Cuori White/Black/Yellow” del 1996, “No-Anorexia” del 2007 e moltissime altre. Una maniera di cercare l’immagine sicuramente specifica del suo Dna. Per comprendere meglio il suo pensiero ed il suo agire si può far riferimento ad  un  brano tratto dal discorso tenuto da lui  all’ADC a New York  e al D&AD Art Directors Club a Londra: “La creatività deve essere visionaria, sovversiva, disturbante. Comunque sia deve essere innovatrice, deve spingere idee e concetti, deve mettere in discussione stereotipi e vecchi moduli. La creatività ha bisogno di energia e di coraggio. Sono pochi gli individui ai quali è rimasta questa energia poiché l’educazione, da quella familiare, a quella scolastica, religiosa, etica, contribuisce a frenare l’energia creatrice che c’è in ognuno di noi”. Oliviero Toscani, è un figlio d’arte, il padre Fedele è stato il primo fotoreporter del Corriere della Sera e fra i suo scatti annoveriamo quello ambientato  a Villa d’Este, sul Lago di Como, che riprende il principe Edoardo d’Inghilterra con la discussa Wallis Simpson per la quale rinuncerà al trono. Ci sono poi i ritratti  di Winston Churchill, di Arturo Toscanini, di Picasso o il ricordo degli incontri, entrati nella Storia, dei grandi politici nel secondo dopoguerra. La sorella Marirosa ed il cognato Aldo Baldo  erano fra i più affermati fotografi del design milanese e lo spingeranno a studiare nella migliore scuola del momento a Zurigo: la Kunstgewerbeschule, dove il preside era Johannes Itten, il maestro del colore del Bahaus e tra gli insegnanti c’erano alcuni dei più importanti grafici e fotografi del momento. Alcuni scatti di Oliviero Toscani quando era a New York o a Londra, negli anni 70,’  fanno riapparire sullo schermo in bianco e nero,  volti assai noti dell’arte e della musica come Lou Reed, Andy Warhol, Joe Cocker, Mick Jagger, Patty Smith, Elvis Presley e Bob Dylan. Il curatore della mostra Nicolas Ballario spiega nel catalogo: negli  anni dei Beatles e dei Rolling Stones, della minigonna inventata da Mary Quant e  delle contestazioni, Toscani immortala quei momenti con la sua macchina fotografica e non si lascia sfuggire gli eventi salienti che contraddistinguono la sua generazione. È in prima linea al concerto del Velodromo Vigorelli di Milano per fotografare i Beatles in occasione della loro unica tournée italiana. Baffi alla Gengis Khan, stivaletti della beat generation e ovviamente capelli lunghi, Toscani ci mette poco ad affermarsi e a diventare uno dei fotografi più richiesti dalle riviste di tutto il mondo”. Tra le immagini realizzate per la moda: Donna Jordan, Claudia Schiffer fino a Monica Belluci.  Tante le sue attività. Citiamo le più note. Come fotografo di moda ha collaborato e collabora tuttora per giornali come Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern e Liberation. Dal 1982 al 2000 ha creato  l’identità e la strategia di comunicazione di United Colors of Benetton rendendolo uno dei marchi più conosciuti al mondo. Nel 1990 ha ideato e diretto Colors, il primo giornale globale  e nel 1993 ha creato e diretto Fabrica, un  centro di ricerca di creatività nella comunicazione moderna. “Entriamo” nella mostra con le parole del direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina: “Nuotando nell’immenso oceano abitato dalle immagini che Toscani ha prodotto in sessant’anni di appassionato e indomabile lavoro, ci siamo accorti che esso è talmente vasto, stimolante, sorprendente, inaspettato, necessario o, come dicono i francesi con una espressione difficilmente traducibile, incontournable, che non potevamo mettere in campo i nostri normali schemi di riferimento, correndo il rischio di non far emergere la novità, la freschezza, il peso, lo spiazzamento delle sue fotografie. Insieme al curatore della mostra, Nicolas Ballario, non abbiamo ritenuto, ad esempio, di scegliere un ordinamento cronologico o di accostare le fotografie secondo declinazioni formali o tematiche: abbiamo pensato la mostra come un fiume che scorre, senza ricorrere a una logica predefinita, limitandoci a immettere, lungo il percorso espositivo, citazioni dello stesso Toscani e alcuni brevi testi per facilitare la lettura del contesto in cui sono nati alcuni progetti”. La rassegna che chiuderà i battenti il 25 settembre è stata promossa da Comune-Cultura Milano e è stata prodotta ed  organizzata  da  Palazzo Reale ed  Arthemisia. Toscani continua a restituirci, “l’esprit du temps”,  lo spirito del tempo, come ha precisato lo storico dell’arte Luca Beatrice. Lo ha fatto recentemente con lo scatto del 2021, dopo la vittoria  del Festival di Sanremo della banda dei Maneskin, ripresi completamente nudi, con i visi colorati o meglio dipinti con gli stilemi della Body Art. Le loro parole ci appartengono:   “E sarai pronto per lottare, oppure andrai via. E darai la colpa agli altri o la colpa sarà tua. Correrai diretto al sole oppure verso il buio. Sarai pronto per lottare, per cercare sempre la libertà.”

Patrizia Lazzarin, 24 luglio 2022

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Il “telefono rosso” non funziona più, serve la saggezza

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Washington-Mosca, ripristinare il telefono rosso

Occorre recuperare i principi che muovevano l’Ostpolitik e poi la Guerra fredda”, vissuta comunque con una convivenza sotto controllo, con un famoso “telefono rosso” che collegava Washington con Mosca, la Casa Bianca con il Cremlino, si basavano sulla realtà, la concretezza, la necessità di uno sviluppo il più possibile equilibrato e l’attività di una diplomazia sempre in movimento, sempre sollecitata dai rispettivi governi. Era la base di un riformismo e di un revisionismo che tutelavano società differenti e magari le mutavano lentamente e razionalmente. Gianluigi Da Rold su il Sussidiario.

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