La legge di Cipolla, dei nostri non-partiti e il debito publico aumenta ogni minuto che passa di 461 mila euro!

La Terza legge fondamentale della stupidità umana di Carlo Cipolla. Della serie si fanno male da soli. Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza allo stesso tempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita… La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista. A nostro avviso questo principio si attaglia perfettamente alla nostra classe politica. Qualcuno può essere davvero convinto che le mosse di Giorgia Meloni agevolino l’uscita dal tunnel della crisi in cui il nostro Paese si è da decenni, ormai, cacciato? La cartina di tornasole è la montagna del debito pubblico che sfiora i 3 mila miliardi di euro! Con i discutibili provvedimenti adottati dal governo che guida il Belpaese da quadi due anni e tendenti a favorire non la crescita della nostra economia ma settori ben individuati che hanno goduto e continuano a godere le attenzioni di questo esecutivo die destra-centro. A tal proposito ripropongo un articolo scritto anni fa da Giovanni Stringa e apparso sul Corriere della Sera per capire che la situazione rischia di diventare a breve, brevissimo tempo, esplosiva, se non vengono adottati drastici provvedimenti che saranno assolutamente impopolari. La maggior parte degli italiani (in particolare i tassisti, i detentori di concessioni balneari, gli evasori fiscali totali e parziali, qualche osservatore calcola che sono all’incirca più di 10 milioni!

Come pensano Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, i partiti che prendono le decisioni importanti per migliorare la condizione di vita di TUTTI gli italiani e non solo di una sola parte?

L’orologio del debito pubblico a Berlino gira al contrario: scende di 78 euro al secondo che, giorno dopo giorno, certifica l’incremento del nostro debito pubblico. Ma di che cianciano Meloni e C.?

“È la prima volta in 22 anni che l’orologio del debito scende sullo «Schuldenuhr» installato nel 1995 dalla federazione tedesca dei contribuenti (in Italia le cose non vanno propio così. Da noi il debito pubblico continua a salire di oltre 3 mila euro ogni secondo e sono passati solo 6 anni e il nostro debito pubblico aumenta di 7.700 euro ogni secondo! ossia 461 mila ogni minuto! -ndr)

Scrive Stringa: "Per la prima volta da tanti anni i tedeschi si sentono meno «colpevoli» per il proprio passato. No, le tragedie e le atrocità del Novecento non c’entrano. La questione è più semplicemente economica. Tutto è iniziato alla mezzanotte che ha segnato la partenza di questo 2018. A quell’ora, per la prima volta da quando ha iniziato a girare, l’orologio del debito pubblico teutonico ha cominciato ad andare indietro, secondo dopo secondo. In altre parole, l’importo che lo Stato tedesco deve a tutti gli altri, che siano fondi internazionali o piccoli risparmiatori, sta ora calando. Quanto? Settantotto euro in meno ogni secondo che passa. La Federazione dei contribuenti tedeschi lo ha battezzato - nel giugno del 1995 - «Schuldenuhr», l’orologio del debito. Ma è soprattutto un contatore che da oltre 22 anni segna il totale degli euro dovuti da uno degli Stati più ricchi del mondo. Se «uhr» sta per orologio, gli «schulden» sono i debiti, ma non solo. E’ un termine che viene utilizzato da Monaco a Berlino per indicare anche le colpe. Quasi a voler dire che i debiti non sono solo un capitolo puramente finanziario.

Che sia o no (anche) l’indicatore di una colpa, l’orologio del debito tedesco è passato dai +4.400 euro al secondo del 2009, l’apice della crisi economica e finanziaria internazionale, alla retromarcia degli ultimi giorni. Così il debito pro capite, salito dai 12.830 euro del 1995 fino a 23.827 euro, sta adesso scendendo, se i calcoli dello «Schuldenuhr» saranno confermati (dopotutto, già altre statistiche in passato hanno indicato un calo dell’esposizione). Quei 78 euro in meno ogni secondo del 2018 sono infatti il risultato dei bilanci previsionali pubblici in Germania, dallo Stato centrale ai singoli Laender locali. A suon di conti in pareggio o addirittura avanzi miliardari.

Ma non è tutto oro quel che luccica, anche nella patria del rigore finanziario e del turbo economico. «Tutti questi bei rapporti su surplus e conti in equilibrio hanno fatto credere ai cittadini che ogni cosa stia andando bene sul fronte del debito. Ma questo non è vero», ha commentato al «Financial Times» il presidente della Federazione dei contribuenti tedeschi, Reiner Holznagel. Che cosa c’è allora che non va, per esempio? «Non rispettiamo perfino i criteri del patto di Maastricht», ha aggiunto, riferendosi al rapporto tra esposizione e Prodotto interno lordo. Insomma, non ce la fa neanche il Paese che quei criteri li ha ispirati, perfino adesso che l’economia nazionale tira e lo Stato si finanzia a tassi negativi.

Per Holznagel — la cui Federazione punta il dito contro gli sprechi di denaro pubblico dal lontano 1949 — i tedeschi devono assicurarsi che non solo lo Stato centrale ma anche tutti i Laender locali stiano effettivamente tagliando il debito. Nel ricco Ovest così come nell’Est che fu comunista. Sono troppi, dice, 1.973 miliardi di debito. E pensare che in Italia, dove l’economia è più piccola, gli «schulden» valgono 300 miliardi in più’’.

Giovanni Stringa - Corriere della Sera - 6 gennaio 2018

“Gli evasori fiscali non vivono sulla luna. Vivono insieme a noi e utilizzano tutti gli aspetti positivi del nostro sistema democratico. Ma lo fanno gratis. È come se qualcuno entrasse in un negozio e portasse via gli articoli in vendita senza passare dalla cassa. Come lo chiamereste? Io lo definirei un ladro. Quello che molti politici non riescono a dire è che non è giusto che tutti gli oneri siano a spese dei cittadini che pagano le tasse e i benefici vengano usufruiti anche da chi tiene per sé tutti i soldi” scrive sempre Angelo Mincuzzi sul suo omonimo blog.

Vedi in proposito il sito www.brunoleoni.it/il-debito-pubblico/

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Il governo Meloni zoppica e non lo sa

Il governo Meloni non passerà certo alla storia come l'esecutivo del cambiamento epocale, nonostante i tanti, forse troppi, proclami. Di seguito ripropongo un editoriale dell'ex direttore de Il Resto del Carlino, Andrea Cangini, che ha pubblicato sul sito Formiche. Cangini parte da una premessa. Lui non è un uomo a cui si può appiciccare l'etichetta di sinistra. È un osservatore che dice pane al pane e vino al vino. E non è un comunista. Perchè in questa maggioranza il coro unanime contro le opposizioni è di essere, appunto, di sinistra, comunisti. Fratelli d'Italia e Lega sappiano che i veri comunisti sono in Cina, Corea del Nord, Venezuela e Cuba. Questo, nel nostro Paese, può essere vero, anzi certamente lo è, per personaggi coe Marco Rizzo, Fausto Bertinotti, Attilio Lombardo, ecc. Andrea Cangini è un uomo di idee e principi liberali.

Da premettere che tante sono le scelte che questa maggioranza si ostina pervicacemente a non fare. Il problema fiscale è drammatico. Non se ne fa assolutamente cenno. Secondo autorevoli commentatori all'erario manca gettito fiscale per non meno di un centinaio di miliardi di euro l'anno. Anzichè gettare la croce sui precedenti governi (che chiaramente portano la responsabilità di avere fatto ben poco per risanare il bilancio pubblico) l'esecutivo a guida Fratelli d'Italia avrebbe dovuto evitare di continuare a fare l'occhiolino a categorie che, assai probabilmente, di tasse ne pagano ben poche. Alludo a tassisti, balneari e molte partite Iva. C'è chi le imposte chiaramente ha grandi difficoltà a non pagare (lavoratori dipendenti e pensionati in primis), ma le altre categorie? Poi c'è un debito pubblico colossale che ci vuole sicuramente del tempo ad abbassare a livelli europei. Nel prossimo anno varcherà la soglia dei 3 mila miliardi di euro. Un moloch inscalfibile. Almeno fino ad oggi. Peggio di noi solo la Grecia. Che, però, vede i suoi titoli di Stato apprezzati dai mercati più che quelli del Belpaese. Tra le riforme da fare ci sarebbe quella della pessima legge elettorale che ha consentito a Fratelli d'Italia di avere un consenso enorme (tra l'altro il Rosatellum Meloni non lo voleva, aveva votato contro la sua introduzione). Anzichè parlare di riforme costtituzionaii peregrine, sarebbe opportuno mettere mano a questo scempio, reintrodurre un sistema elettorale proporzionale con scelta dei candidati da restituire all'elettore che ne è stato arbitrariamente privato. Questi i suggerimenti di Andrea Cangini:.

''Cosa dovrebbe fare Giancarlo Giorgetti?gli altri? Semplice, non mollare. E nei momenti più neri uscire a piedi dal retro del ministero dell’Economia per trovare ispirazione osservando la statua bronzea di Quintino Sella, così come i ritratti di Marco Minghetti e di Luigi Einaudi di cui certo nel Palazzo che occupa vi è traccia. Tre predecessori di Giorgetti al ministero un tempo detto delle Finanze: tre modelli cui ispirarsi per affrontare con responsabilità e cognizione di causa le traversie del tempo presente.

Lo spread era a 550, nel decennio successivo all’Unità d’Italia la spesa pubblica era cresciuta del 50%. Dopo aver fondato la Banca d’Italia e l’omonima banca privata, trovandosi a ricoprire la funzione di ministro delle Finanze Sella fece quel che era doveroso fare nell’interesse del Paese: introdusse una tassa sul macinato che nell’immediato lo rese bersaglio della satira e della piazza, ma che poi lo consacrò a vita come uomo delle Istituzioni. Quintino Sella riuscì così a pareggiare il bilancio del Regno. Un mito.

Di Marco Minghetti, altro nobile esponente della Destra storica, si ricorda l’abitudine di segnare ogni sera a matita il livello di petrolio nelle lampade del ministero delle Finanze per evitare che nella notte qualche inserviente ne taccheggiasse il contenuto. Quanto a Luigi Einaudi, già governatore della Banca d’Italia, ministro delle Finanze, del Tesoro e del Bilancio, primo presidente della Repubblica eletto e faro del pensiero liberale italiano ed internazionale, si rammenta in particolare un aneddoto. Quando, nel 1970, invitò a colazione al Quirinale alcuni giornalisti di vaglia tra cui Ennio Flaiano.

Arrivati alla frutta, il Presidente prese dal vassoio una grande pera e ritenendola esorbitante rispetto al proprio appetito chiese ai commensali chi la volesse spartire con lui. Flaiano fu lesto ad alzare la mano. Ne seguì un articolo sul Corriere della Sera che, sotto il titolo “La Repubblica della pera indivisa”, consacrò il mito di Einaudi come uomo di Stato attento ai conti, contrario agli sprechi, dedito alla parsimonia. Detto in un unico concetto oggi apparentemente tornato di moda: sensibile all’interesse nazionale.

C’è chi rammenta un’impossibile caccia agli spilli che le erano caduti sul prato innanzi alla residenza presidenziale da parte della signora Ida, moglie di Einaudi. E chi ricorda i cartelli vergati a mano dal Presidente e affissi nei bagni della tenuta piemontese di Dogliani. Era scritto: “Prima di aprire il rubinetto, chiudere il tappo. Lavarsi nell’acqua corrente è uno spreco inutile. Ci si lava altrettanto bene in poca come in molta acqua“.

Ora, senza fare della facile demagogia a contrario, è chiaro a tutti che i tempi sono cambiati, che la politica è oggi la più precaria delle carriere e che del conio umano di quei tre grandi liberali si è ormai rotto lo stampo. Resta, tuttavia, il problema di uno Stato gravato da un debito pubblico senza precedenti e di una classe politica naturalmente incline all’irresponsabilità sia rispetto agli impegni europei (leggi Mes) sia rispetto ai conti pubblici (leggi superbonus) sia rispetto alle clientele (leggi balneari).

In tali circostanze, il ministro dell’Economia è tra gli uomini di governo quello che ricopre la posizione più scomoda. Se cede alle pressioni dei partiti danneggia lo Stato, se privilegia l’interesse dello Stato danneggia i partiti. E dunque se stesso. Se poi, come gli è stato chiesto da alcuni esponenti delle opposizioni, si dimettesse, salverebbe la propria coscienza, ma distruggerebbe la propria carriera, e, presumibilmente, consentirebbe ad un qualche manutengolo di partito di occupare il suo posto avendo come unico faro la propria, personale, ascesa politica.

Giancarlo Giorgetti sapeva cosa lo aspettava quanto ha accettato la nomina. Tenga la schiena dritta e faccia il possibile per onorare la memoria dei suoi tre illustri predecessori. Fare il massimo del possibile è un concetto relativo. Ma in politica è l’unico parametro che può fare di un uomo un uomo di Stato. I cialtroni non mancano, di idealisti sono piene le fosse''.

Marco Ilapi, 30 dicembre 2023

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Preoccupa la mediocrità della nostra classe politica

Per quanto ci si sforzi, non ci si capacita della pochezza dei politici di casa nostra. Tutti chiusi nelle loro certezze, ritenendo che il proprio modo di analizzare ed affrontare i grandi problemi che rischiano di metterci ko (crisi economica, la mancanza di lavoro per i nostri giovani, l’inflazione che galoppa, la guerra in Ucraina, immigrazione incontrollata, gli approvvigionamenti energetici che preoccupano le imprese, ecc.) sono il percorso giusto e coerente per risalire la china di uno sviluppo sostenibile di questo martoriato Paese. Ognuno si ritiene in grado di proporre le soluzioni che, adottate, sole possono contribuire ad indirizzare le politiche governative verso la soglia di una crescita che latita da troppi anni. Quando da ogni parte politica si sostiene che in Italia si perde rispetto ai competitor europei (negli ultimi trent’anni il reddito pro capite nel nostro Paese è rimasto sostanzialmente stabile, mente negli altri Paesi europei ha segnato buoni livelli di crescita), ci si dimentica che in questi trent’anni hanno governato un po` tutti, nella prima Repubblica: dalla Democrazia Cristiana e dai suoi sodali, nella seconda da Silvio Berlusconi (centro-destra) a Massimo D’Alema (centro-sinistra), ai tecnici Ciampi, Monti e Draghi. Per passare ai Cinquestelle ed alla Lega. Insomma, non ci siamo fatti mancare niente. Quindi. Le lacrime dei vari Salvini, Meloni e Letta lasciano il tempo che trovano. E sono lacrime di coccodrillo. Negli anni hanno dimostrato cronica incapacità di affrontare i veri nodi dei problemi del Belpaese. Che, principalmente, sono un debito pubblico gigantesco, una pubblica amministrazione (a detta di tutti) inefficiente, una classe politica che grida alla luna e non si pone minimamente dalla parte dei cittadini.

Da fare, subito

Riformare in senso proporzionale le legge elettorale. Nessuno ne parla, come se non rilevasse. Occorre riconsegnare agli elettori la possibilità di mandare in Parlamento i propri candidati, espressione dei territori, troppo sovente sacrificati, se non defraudati, in ragione delle esigenze dei capi-bastone. I quali da oltre un ventennio sia alla Camera de Deputati che al Senato della Repubblica scelgono degli yes man, uomini (o donne) sempre pronti a dire di sì, a mostrarsi accondiscendenti o servili. In altri termini queste situazioni corrispondono all'incirca all'essere dei  veri e propri leccapiedi. Piaccia o non piaccia, le cose stan così. E non c’è verso che cambino. A meno che noi, elettori, non ci arrabbiamo e scendiamo nelle piazze d’Italia per costringere la classe politica a mutare atteggiamento. Che la classe politica sia più rispettosa dei veri bisogni degli italiani. La gente vuole lavoro, sicurezza, protezione sociale e pretende di non essere vessata con un carico fiscale intollerabile

Ci si lamenta perchè non corriamo in massa a votare. La risposta è che ci viene impedito di far sentire la nostra voce. Della serie ci prendono per il naso e noi dobbiamo anche sorridere. Utilizzano i social in modo indecente, cercando di convincerci che hanno a cuore i nostri problemi. Quando non è vero. Sono irresponsabili e pensano solo a se stessi. Dalle decisioni che prendono non si direbbe davvero  hanno a cuore gli interessi della nazione.

Ognuno di lorsignori, insomma, continua a coltivare il proprio orticello con la convinzione che gli elettori siano instupiditi dalle loro dirette Instagram o via Facebook. Sono molto ridicoli.

Si permetta il voto per posta od online, in particolare alle persone anziane, ai  lavoratori che vivono all’estero o, in Italia, ma che per motivi di lavoro o di studio si trovano a vivere lontani dal proprio luogo di residenza.

Sono questi alcuni provvedimenti che potrebbero incidere moltissimo sulla partecipazione al voto sia amministrativo che politico. E che non costano nulla o quasi. È` necessaria, indispensabile, solamente la volontà di venire incontro alle esigenze dell’elettorato italiano. Ma perchè nessuno ne parla? Vi siete chiesti come mai?

Infine bisogna ribaltare la legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Meglio sarebbe stato differenziare le competenze della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Occorre percorrere questa strada. Bisogna semplificare. Snellire. Rendere i lavori parlamentari più rapidi nell’esame dei provvedimenti per pervenire in tempi decenti e non biblici ad introdurre un quadro normativo compatibile con le reali esigenze del Paese. Le leggi, poi, deve tornare a farle il Parlamento e non più il governo. I decreti legge vanno fatti solo nei casi di necessità ed urgenza. Come, del resto impone e prevede, il dettato costituzionale

Bisogna combattere la burocrazia (non a parole) che è capace di soffocare le iniziative degli imprenditori. Solo così si può creare lavoro. Si prendano esempi dagli Stati che concretamente aiutano le imprese (Austria, Finlandia, Germania, Gran Bretagna, ecc.) e non cerchino di ostacolare le iniziative imprenditoriali che sole possono aiutare il Paese a riprendere la via di uno sviluppo che da troppi anni si è inceppato. E piantiamola di fare i piagnistei, per favore!

Ultima considerazione, ma non la meno importante, un occhio attento va al debito pubblico, che continua a cresce al ritmo di 5 mila euro al minuto. Che sono 150 mila euro al mese. Che sono 1.800 mila euro all’anno.

Non sono proprio solamente pochi spiccioli. Con questi denari risparmiati si potrebbero costruire una decina di ospedali. E questa situazione debitoria cresca da decenni. La Commisssione Europea vigila. E fa bene. Dobbiamo tenere nel debito conto anche che i Paesi cosiddetti frugali (Germania, Olanda, Danimarca, Finlandia, ecc.) ci conoscono meglio di come forse ci conosciamo noi stessi. Diffidano della nostra classe politica e… se non facciamo le riforme (tutte) che Bruxelles chi ha chiesto, rischiamo di andare davvero a ramengo. E non ci da più il becco di un quattrino. Stiamo attenti e vigili. Ma per favore, cambiate registro e ascoltate i cittadini...

Marco Ilapi, 2 dicembre 2022

L'Italia è l'unico Paese europeo i cui salari non solo non sono aumentati, ma sono addirittura diminuiti!

Il quadro europeo

*La Lituania ha visto nel periodo 1990-2020  i redditi pro capite crescere del 276,30%, l’Estonia del del 237,20, la Lettonia del 200,50%, la Slovacchia del 129,60%, la Repubblica ceca del 112,40%, la Polonia del 96,50%, l’Irlanda del 85,50%, l’Ungheria del 72,70%... la Germania del 33,70%, la Francia del 31,10%, la Spagna del 6, 20%, l’Italia – 2,90%!

*Dati Ocse

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