Facile vincere le elezioni, più complicato governare

Con questa mostruosa legge elettorale, poi! E adesso il compito più difficile: governare il Paese. La Meloni se ne renderà ben presto conto. Fratelli d'Italia ha vinto nettamente le elezioni del 25 settembre. Adesso dovrà affrontare qualche problema. Di non facile soluzione.Il governo del Paese. Qualche considerazione sarà utile tenere a mente. Le elezioni hanno premiato una coalizione che si è presentata unita. Anche se unita proprio non è. Gli antagonisti, Pd e altri, non sono stati capaci di rispondere colpo su colpo e hanno perso. Il bello (o il brutto), a seconda dei punti di vista, è che la vittoria della destra-centro è stata determinata da una pessima legge elettorale (il Rosatellum) fatta approvare in fretta e furia del governo Gentiloni per favorire il centro sinistra. Ma come sovente accade, chi ha preparato il trappolone c’è caduto quasi senza rendersene conto. Una prima riflessione da fare è che questa tipologia di legge (ma per la verità anche molte altre) siccome riguarda la regola fondamentale che disciplina il fatto elettorale, non dovrebbe smaccatamente cercare di favorire l’uno o l’altro dei contendenti. Scelta che era stata fatta con l’introduzione del Porcellum (legge n. 270 del 21 dicembre 2005)  e con l’Italicum (legge del 6 maggio 2015, n. 52 successivamente dichiarata in alcune sue parti costituzionalmente illegittima). Se molti elettori non si sono recati alle urne per adempiere al proprio dovere civico, a mio avviso, è stato anche a causa di una legge elettorale infame. Che, in buona sostanza, fa scaturire il principale effetto di sottrarre agli elettori la scelta del candidato. Il che è stato deciso dai leader di questi partiti nei loro abitacoli chi candidare, chi eleggere. Non c’è stato un movimento della piazza e lorsignori hanno fatto quel che hanno voluto. Chi ha perso ha pianto. Ma le sue lacrime sono lacrime di coccodrillo. Però una grande, enorme, responsabilità deve ricadere anche sul corpo elettorale. Che ha scelto bendandosi gli occhi, turandosi il naso e pensando che il partito che da un quadriennio ha fatto intransigente opposizione al governo Draghi potesse, perciò stesso,  determinare un cambiamento radicale nelle politiche che il nuovo esecutivo potrà seguire. Di doman non c’è certezza e lo scopriremo bene presto. Intanto Fratelli d’Italia dovrà cercare di colloquiare con Bruxelles. Ma non pronunciare frasi ad effetto come "la pacchia è finita"! Non dovrà battere i pugni sul tavolo. Dovrà essere conciliante con la Von Der Leyen e con la Lagarde. Abbiamo un disperato bisogno di un sostegno europeo. E certi atteggiamenti muscolari ci sono preclusi. Non siamo la Germania, che  può permettersi di stanziare 200 miliardi di euro per sostenere la propria industria in grande difficoltà. Noi siamo un Paese che tutti gli anni deve chiedere al mercato di acquistare titolo del debito pubblico per un ammontare colossale. Se 400 miliardi sembran pochi!... Questi sono prestiti e dobbiamo pagarne gli interessi. Che stanno salendo. Si rammenti che il nostro debito pubblico sfiora i 2800 miliardi di euro. Ogni minuto che passa il nostro debito pubblico aumenta di 60 mila euro. Non sono proprio bruscolini. E questi numeri bisogna tenerli a mente.

L’attuale legge elerttorale, da tutti avversata, prevede un mix di maggioritario e proporzionale: 147 deputati, e 74 senatori vengono eletti nei collegi uninominali (dove vince il candidato che ha preso più voti). La spinta è a coalizzarsi perché spuntarla in solitaria in un collegio è molto difficile. Sarebbe il caso di modificarla a spron battuto, puntando ad un risultato che solo può garantire governabilità e effettiva rappresentanza di tutti gli interessi in gioco. Ovviamente questo si può ottenere con una legge rigorosamente proporzionale, prevedendo uno sbarramento che consenta anche alle minoranze una partecipazione alla vita politica nazionale. Oppure si può seguire il modello francese o quello italiano di sindaci e/o regioni. Certo che alla fine si è scelto di non decidere. Conseguentemente, si è andati frettolosamente al voto anticipato in estate, con una legge elettorale sciagurata e, ripeto, da tutti avversata. E che ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di un elettorato avvilito, spaesato. Che senso ha sottrarre all’elettore la possibilità di indicare sulla scheda il nome del candidato al Senato o alla Camera che maggiormente e, con dignità, poteva rappresentare le necessità del territorio?

Se Fratelli d’Italia, il partito che ha conseguito un consenso amplissimo, volesse per davvero realizzare il bene della nazione, come primo punto, come primo provvedimento, dovrebbe chiedere alla Camera e al Senato di predisporre un progetto di legge elettorale che per almeno lunghi anni non sia modificato in ragione delle proprie esigenze. Il fatto che “così fan tutti” non giustifica l’obbrobrio di legiferare pensando ai propri interessi particolari. Uno dei problemi del nostro Paese è quello di avere governi che durano un anno o poco più. Quante differenze con quel che succede in Francia, Germania e Gran Bretagna!

Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni è indubbiamente il primo partito. Nessuno lo discute. C’è un ulteriore aspetto da considerare: nelle elezioni politiche 2022 nuovo clamoroso record di astensione che ha raggiunto circa il 37%. Domenica 25 settembre oltre 16,5 milioni di italiani non hanno votato, un dato in crescita di 9 punti rispetto al 2018 con oltre 4 milioni di astensionisti in più. Dati da considerare.

Con un’affluenza pari a circa il 64%, le elezioni politiche 2022 si classificano come le elezioni meno partecipate nella storia repubblicana. Ma quali sono state le principali cause dell’astensionismo? Lo ha spiegato Nando Pagnoncelli - Presidente, Ipsos - in un articolo pubblicato su Corriere della Sera. È stata registrata l'affluenza più bassa di sempre. Tant’è cheda tempo ormai l’astensionismo viene definito dai media «il primo partito del Paese» e ciò è innegabile da un punto di vista numerico, ma attribuire la diserzione delle urne prevalentemente alla protesta nei confronti della politica appare riduttivo perché le ragioni sono molteplici e variegate.

Si consideri che da un trentennio nessuna maggioranza di Governo è uscita vincitrice alle elezioni successive e la maggior parte dei leader politici ha beneficiato di una iniziale fase di fascinazione seguita, invariabilmente, da un crollo della popolarità. La delusione ha contribuito ad ingrossare le fila dell’astensionema anche, tra coloro che votano, a ricercare costantemente il nuovo.

Giorgia Meloni dovrà, piaccia o meno ai suoi colleghi dei partiti di coalizione del destra-centro, che ha prevalso nelle ultime elezioni, rifletterci attentamente e provvedere agli aggiustamenti del caso. Nell’interesse di tutti gli italiani e non solamente di quelli che il 25 settembre 2022 hanno indicato Fratelli d’Italia qual partito guida nei prossimi cinque anni. Pena un repentino crollo dei consensi con cui hanno, negli anni scorsi, fatto dovuto far conto Matteo Renzi ed il Pd, precipitato dal 40,8 al 19%), il M5S dal 32% alla metà, Matteo Salvini dal 34,3% all’8,9%.

Forse sarebbe opportuno che anche Giorgia Meloni accolga il suggerimento di Giancarlo Giorgetti a Matteo Salvini nel 2018: “Tieni sulla tua scrivania la foto di Matteo Renzi”. Lei potrebbe mettere quella di Luigi Di Maio! Precipitato dalle stelle alle stalle! L’elettorato, oggi, è molto volubile. Quasi liquido. e se non governi bene, ti volta repentinamente le spalle. Il consiglio può tranquillamente essere esteso sia a Giorgia Meloni che a Giuseppe Conte, che ultimamente sembra essersi molto ringalluzzito. L’Italia, dopo esser stata per decenni la nazione delle culture politiche e delle ideologie cristallizzate, oggi può contare ormai su votanti fluttuanti. Marco Ilapi, 12 ottobre 2022

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Disinvolture ed equivoci di un Primo Ministro

  • Pubblicato in Esteri

       Le scatenate scene danzanti del Primo Ministro finlandese Sanna Marin e il dibattito sulla loro opportunità meritano dei commenti.

      Le scene in questione hanno trovato dei difensori, i quali sostengono che anche un Primo Ministro ha diritto alla sua vita privata. La difesa è fragile e la dice lunga sul grado di consapevolezza politica di chi la esprime. In realtà, la carica di Primo Ministro oppure di un Presidente hanno dei fortissimi riverberi pubblici e simbolici che in qualche modo pongono coloro che la detengono in una posizione particolare, indebolendo quindi il comodo alibi della vita privata o quello della legalità invocata dalla stessa Sanna Marin, che per dar forza alle sue dichiarazioni di non aver commesso “niente di illegale" si è anche sottoposta a un test di droghe, risultato negativo. 

      La nozione di “vita privata” e il teatrale ricorso al test tradiscono un fondamentale equivoco. Quella di Primo Ministro non è una semplice “professione” ma al contrario una “carica”, ricca di valenze simboliche. Non più cittadino qualsiasi, la cui sfera è fondamentalmente privata, un Primo Ministro è al contrario proiettato in una sfera pubblica e unica. Finchè detiene la carica, egli è inevitabilmente “un diverso”, proprio perché le sue prerogative e la sua autorità si elevano al di sopra di quelle dei cittadini privati. Sostenere quindi che anche un Primo Ministro può indulgere in qualsiasi comportamento concesso a un cittadino qualsiasi è già concettualmente discutibile. 

Se poi i comportamenti in questione sono costituiti da sfrenate danze in compagnia di altre giovani persone, il capovolgimento e l’uscita di ruolo sono troppo contradditori con il simbolismo della suddetta carica per non essere anarchici e inappropriati. 

      Che fiducia può ispirare un Capo di stato che a seconda delle situazioni esce disinvoltamente dal ruolo e si abbandona a comportamenti poco controllati e di tipo primitivo, come sono in fondo danze simili a quelle a cui ha partecipato il Primo Ministro finlandese? Alla luce del buon senso e del buon gusto, nessuna. A meno che non si consideri quella di Primo Ministro come una delle tante professioni, che non implicano costrizioni di ruolo, di modo tale che uno può tranquillamente togliersi il camice da medico e visitare una discoteca. Poiché però la più alta carica di uno Stato non è una professione né un abito che si può dismettere per indossarne un altro, rimane il fatto che le feste danzanti di tipo goliardico-primitivo del Primo Ministro finlandese ben poco si adattano alla sua carica.

      E tuttavia i Finlandesi hanno riposto la loro fiducia in costei, nonostante ella avesse 34 anni quando fu eletta Primo Ministro. Non risulta che la nomina di una persona così giovane per una carica così delicata, piena di sfide e che dovrebbe presupporre doti speciali di esperienza e maturità abbia sollevato a suo tempo particolari perplessità. Il vero problema sta dunque a monte. 

      Certo, anche Alessandro Magno era giovanissimo e compì imprese prodigiose a mezza strada fra l’illuminato e il tipico avventuriero, ma si trattava appunto di Alessandro Magno. Salvo sostenere che si sia trattato sempre di discendenti di quest’ultimo, la storia mostra come individui molto giovani che per qualche motivo salirono agli altari del potere, furono autori di imprese spesso disastrose o comunque rivelarono la loro impreparazione. Gli esempi non mancano. Innocenzo III, Papa a 37 anni, fu uno dei più grandi criminali della storia (Càtari, Quarta Crociata, Inquisizione). Cesare Borgia, molto intelligente a detta di Machiavelli, mancava però di equilibrio e alla fine morì giovanissimo in un’imboscata in Navarra. In Italia, la tradizione dei ministri giovani sembra radicata. Anche qui, l’inesperienza di un Ciano, nominato Ministro degli Esteri a 33 anni, era in buona parte il corollario della sua età e comunque gli costò cara. In quanto all’attuale Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, anche lui è stato investito della carica a soli 33 anni. Il fatto che non risulta che egli abbia alle spalle il curriculum di studi richiesto a chiunque intenda intraprendere la carriera diplomatica, e cioè, approfondite conoscenze di relazioni internazionali, storia diplomatica, lingue, etc., rende perlomeno surreale e inquietante l’eccezione. Nella vita comune, per risolvere situazioni critiche o complesse ci si rivolge agli specialisti con tanto di titolo di studio e comprovata esperienza nel ramo. Chi mai affiderebbe la sua macchina, i suoi denti, il ripristino di certi organi vitali a chi non ha una robusta esperienza da meccanico, da dentista o da chirurgo? Nessuno. In politica, invece, sembra che ormai questa sia quasi la regola.

      Nel caso specifico della signora Sanna Marin, il problema riguarderebbe solo i Finlandesi, se non fosse che certi comportamenti e atteggiamenti in politica estera del Primo Ministro – il favoreggiamento dell’ingresso nella Nato - sono potenzialmente di gran lunga più pericolosi e infelici delle feste danzanti.

     Non c’è quasi bisogno di dire che il problema non è la giovinezza di per sé di un individuo ma fino a che punto la sua maturità ed esperienza sono coerenti con lo spazio pubblico e gli strumenti a lui concessi. Lo stesso si potrebbe dire per l’età matura o per un individuo anziano, il quale non è evidentemente condannabile per questo. Anche qui il problema è rappresentato dal ruolo pubblico e politico riservato e concesso a costui. Da questo punto di vista, le cose sono infatti curiosamente speculari. Anziché attenersi a un ruolo di saggi ormai distanti dalla politica attiva e dal potere, una variopinta ma abbondante congerie di “anziani” in giro per il mondo non rinuncia al protagonismo e detiene cariche di altissima responsabilità che richiedono non solo esperienza ma anche lucidità, energie fisiche e insomma qualità che lamentevolmente decrescono col passare del tempo. 

      Ecco così una più che novantenne regina britannica rimanere tenacemente aggrappata alla sua corona - un gradino ancora più simbolico di Primo Ministro - per non parlare di uno stuolo di Presidenti ultra anziani che addirittura sono stati riconfermati o che pensano di ricandidarsi. Potremmo aggiungere alla serie anche un personaggio come l’attuale Papa, ormai ottantacinquenne,  ma almeno quest’ultimo, onestamente non ha fatto mistero di non avere ormai più l’età per portare avanti i suoi viaggi apostolici. Nel caso degli uomini politici, il rimanere abbarbicati alla carica sarebbe patetico, se non mettesse in luce ancora una volta le distorsioni, gli stravolgimenti, le falsificazioni e i buchi neri della cosiddetta “democrazia”, nido di mal interpretate uguaglianze, di innaturali appiattimenti nonchè di striscianti manipolazioni di massa. Alcuni difensori di quest’ultima (vedi W. Churchill) hanno affermato che essa è il minore dei mali. Questo è probabilmente vero, ma a patto di non fare gli struzzi riguardo ai suoi molti difetti e in particolare alle incongruenze rappresentate dai due poli sopra menzionati. Mentre non è detto che una più realistica età di mezzo sia immune da scivoloni, errori e malefatte, le probabilità aumentano ai due lati estremi dello spettro. Basta vedere la caotica e demenziale gestione politica dell’attuale presidente americano, che dopo una disastrosa e miseranda ritirata dall’Afghanistan si è ora imbarcato in un’ostinata e miliardaria guerra per procura  contro la Russia, con una galoppante inflazione e masse di migranti che irrompono incontrastati alle frontiere porte col Messico. Sarà una nemesi storica per aver gli Stati Uniti occupato nel XIX secolo metà del Messico? Mai sottovalutare i sentieri nascosti della storia.

       In realtà, le incoerenze anagrafiche che abbiamo brevemente menzionato rimandano a un altro problema di fondo sottostante ai meccanismi democratici che consentono a giovani imberbi o a degli ottantenni di insediarsi e rimanere abbarbicati a poltrone che influenzano il destino di milioni di persone. La comprensibile demonizzazione dei “Duci” di altri tempi circonda di sospetti e stravolgimenti la nozione di un reale leader, figura di cui si nota la generalizzata mancanza almeno in Europa e che la retorica vorrebbe assimilare alla figura del “dittatore”. Il costo postumo delle follie e delle bravate di un Hitler e di un Mussolini è in questo senso difficilmente sottostimabile. In compenso, abbondano invece i demagoghi, dall’Atlantico alle Isole Britanniche, alla Penisola Anatolica fino alle coste dell’Asia orientale. Anche costoro, allo stesso modo degli imberbi e degli ottuagenari, sono confortevolmente protetti dal sistema democratico.

      In conclusione, il Primo Ministro finlandese, che scambia la carica con una qualsiasi professione, è in fondo in buona e numerosa compagnia, cosa che quindi fatalmente lo esonera dalle debite autocritiche e per questo molto probabilmente continuerà a passare disinvoltamente da un abito all’altro.

Antonellp Catani, 23 agosto 2022

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M5S, Conte attacca Di Maio

Di Maio ministro è attaccato da Giuseppe Conte. Un problema serio. Ma egli non reagirà con le stesse armi di Casalino. Da buon cardinale seicentesco, userà armi tutte politiche e diplomatiche finché l’avvocato dovrà ritirarsi in buon ordine. O rassegnarsi a perdere la guerra. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

È faida nei Cinquestelle

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