Reati minori: si cambia?
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Nelle aule di giustizia penali si celebrano con estrema frequenza processi dal sapore bagatellare spesso originati da contrasti interpersonali protratti nel tempo o che trovano la propria fonte in screzi tra vicini o, comunque, in vicende di minore impatto sociale. Imputazioni per ingiurie o per danneggiamento si contano numerose; solo astrattamente più remote sono quelle connesse ad alterazione di atti e scritture private o, ancora, quelle per invasioni di terreni, deviazioni di acque o sottrazioni di cose comuni.
Da qualche tempo, però, numerosi Giudici rinviano a “dopo novembre” l'apertura del dibattimento, ossia la celebrazione dei processi in oggetto. Ciò perché la L. 67/2014, emanata in tema di depenalizzazione e riforma dei sistemi sanzionatori, ha concesso al Governo diciotto mesi dalla sua entrata in vigore per adottare il decreto legislativo di decriminalizzazione dei reati sopra citati, che diventeranno punibili con sanzione pecuniaria civile, mentre numerose altre ipotesi di reato dovranno diventare meri illeciti amministrativi.
La delega scade il 17 novembre, ma la sensazione è che la tempistica non verrà rispettata, poiché l'affidare al campo civile la risposta al bisogno di giustizia penale, peraltro nei termini previsti dalle linee guida della legge delega, non è per nulla semplice.
Il legislatore vorrebbe, infatti, mantenere un più elevato disvalore per le condotte in questione che, seppur non più penalmente rilevanti, dovrebbero dar luogo ad una categoria di illeciti civili punibili, però, con maggior rigore rispetto a quanto ora avvenga per i comportamenti di danno regolati dal Codice Civile. In sostanza, al consueto risarcimento del danno – che compensa il pregiudizio nel limite dell'effettivamente patito - dovrebbe affiancarsi l'irrogazione di una cd. “sanzione pecuniaria civile” volta a garantire alla vittima una ultra-compensazione del danno, categoria pressoché inconsueta al nostro ordinamento, mutuata da tradizioni di common law e, ad oggi, foriera di contrastanti dibattiti dottrinari e di interpretazioni pretorie altalenanti. Più esattamente, viene proposto un nuovo settore di responsabilità civile nel quale alla valutazione discrezionalmente orientata del Giudice si chiede di misurare il risarcimento integrale del danno subito e di integrarlo con un quid pluris determinato in somma che tenga equamente conto della gravità della violazione, della reiterazione dell'illecito, del vantaggio dell'agente, della sua personalità e delle sue condizioni economiche.
Potrebbe funzionare? In termini astratti ed auspicando che la legge risolva i vari busillis processuali non sciolti dalla delega perchè no – verrebbe da concludere - dal momento che i Giudici sono spesso chiamati a valutazioni equitative e, del resto, l'equità è giustizia del caso singolo.
A ben vedere, invece, i problemi sono altri. La legge delega mira a depenalizzare. Lo ha già fatto all'interno del processo penale estendendo al di fuori della giustizia minorile l'istituto della sospensione del processo con messa alla prova - che, però, in questo inizio di applicazione - poco sembra piacere ai Giudici. Lo ha fatto, poi, nell'aprile scorso introducendo una causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis cp). Con essa il PM in fase di indagini ed il Giudice post rinvio a giudizio possono archiviare reati commessi da delinquenti non abituali oggettivamente di scarso impatto sociale per la particolare tenuità dell'offesa, benché e nonostante si possa trattare anche di fatti punibili con pena piuttosto elevata, ossia con reclusione fino a 5 anni, dunque pure atti persecutori, violenza domestica, furto e truffa. Ciò con l'ulteriore vantaggio che nulla va a risultare sul certificato dei carichi pendenti richiesto per ragioni di lavoro o personali, restandone traccia visibile nel casellario giudiziario solo per la magistratura, poiché il beneficio in questione non è reiterabile.
Ma in entrambi i casi la riduzione del contenzioso penale è intervenuta dall'interno. Ben diversa, invece, la terza ipotesi di riforma imposta dalla delega che vuole passare il testimone della difesa al settore civile. Qui vi è con il rischio, opposto, di un possibile incremento del contenzioso, se intasato da parti offese allettate da un ristoro in chiave di ulteriore arricchimento o, per contra, l'altrettanto verosimile possibilità di un ridimensionamento delle richieste in ragione degli obiettivi costi di una causa che, scevra da un sotteso bisogno pubblicistico di repressione dei reati, non agevolerebbe più la parte offesa con un andamento istruttorio officioso. Auspicabile, allora, che gli intenti della delega possano essere realizzati non tanto (o solo) da una riforma attenta e precisa, ma, piuttosto, da una responsabilizzazione sociale, affinché il radicare contenzioso in luogo di limitarsi a sporgere denuncia sia espressione di consapevole serietà di intenti e limiti il giuridicamente rilevante solo a ciò che davvero lo è.
Avv. Giosetta Pianezze