Oltre il visibile, De Chirico a Milano, a Palazzo Reale

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Cavalli in una stanza e sulla  riva del mare, destrieri che si solidificano in pietra  bianca o grigia, costruiti con schegge di gesso e di marmo. Cavalli  liberi  a volte e prigionieri in altre, nella natura  e fra le pareti di un edificio, vivi o  pietrificati, ma senza occhi. E’ questo un  particolare comune ad uno dei soggetti  che più affascinano nella mostra dedicata a Giorgio de Chirico  che si è aperta  il 25 settembre a Milano  a Palazzo Reale. La capacità visionaria di questo pittore trova un’espressione bellissima, luminosa e stimolante attraverso le immagini di  animali, simbolo eterno di libertà che siamo abituati a vedere, nella nostra mente, muoversi su vaste praterie. L’arte  in De Chirico è una ricerca sapiente che si svolge  durante tutta la sua vita. E’  un voler guardare oltre, al di là del visibile. Pittura la sua spesso, se non sempre, autobiografica per i tanti rimandi alla propria  vicenda esistenziale a cominciare da uno dei primi quadri che vediamo in mostra La partenza degli Argonauti del 1909. In esso racconta, trasfigurandolo con l’ausilio del mito,  il suo abbandono e quello del fratello Alberto della terra greca dopo la morte del padre ingegnere.  La storia di Giasone e Polluce alla ricerca del vello d’oro è solo l’inizio di quel viaggio che attraverso le favole del mito   affonda le  radici nell’antichità   e finisce per svelare sentimenti e pensieri dell’artista che si nutrono di filosofia, di letteratura e d’arte.  Friedrich Nietzsche è stato  il suo amato  filosofo, Arnold Böcklin il pittore simbolista con  cui ha condiviso  le atmosfere  agli inizi del suo percorso artistico. Certamente la vasta cultura  dell’artista non si esaurisce qui, se pensiamo al suo recupero della lezione giottesca e di Piero Della Francesca nei dipinti che lo hanno reso famoso e al tempo stesso l’hanno definito intrigante. Una vena di provocazione più o meno sottile  attraversa l’intera  l’opera di Giorgio de Chirico che distende  davanti ai nostri  occhi piazze vuote popolate da  architetture che misurano esse stesse lo spazio, geometrie in primis  che recuperano il significato originario di questa scienza: misura della terra, ossia  del luogo in cui  viviamo. O forse non viviamo più. La piazza simbolo di socialità ribalta il suo significato di momento d’incontro. Nessuno o solo qualche statua  e manichino riempiono di nuovi significati quegli spazi.  Nell’olio del Metropolitan Museum of Art di New York Arianna abbandonata da Teseo e sposa di Dioniso, giace solida nel suo manto di pietra, a lato dello spazio vuoto, sola. Gli sbuffi di un treno in lontananza e le vele bianche dalla parte opposta si coniugano nel definire il sentimento del luogo. Sentiamo brividi di freddo percorrere le nostre membra mentre osserviamo il quadro e mentalmente attraversiamo quella piazza.  Il Grande Metafisico, l’inventore  di una nuova avanguardia, assai originale, diversa da quella cubista o futurista, con i suoi Manichini di legno svela in questa mostra, come ha dichiarato il curatore Luca Massimo Barbero durante la conferenza stampa, anche  la sontuosità pittorica degli anni Venti e Trenta che spesso scontenta la critica ufficiale.  Pittore conteso soprattutto discusso, fino al culmine di una causa contro la Biennale del 1948, nell’esposizione aperta fino al 19 gennaio 2020 si sono condensati nuovi studi che ne rivelano attraverso i cento capolavori presenti in mostra giunti da musei milanesi, ma anche da istituti museali internazionali e da collezioni private la ricchezza e al tempo stesso la varietà della pittura di De Chirico. Il suo voler farci guardare oltre è una sfida anche per le nuove generazioni come ha fatto notare l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo del CornoLo scopo di questa mostra è anche quello di far conoscere questo artista ai giovani  e di facilitare un loro contatto diretto con l’opera d’arte. Fra le molte città dove il pittore  ha vissuto sicuramente lo aveva ispirato Ferrara: la città dei duchi d’Este che aveva ospitato gli artisti  visionari Ercole de’ Roberti e Cosmè Tura  e che con le sue vie e ampie arterie e i palazzi dal rigore geometrico aveva  stimolato la sua vena fantastica. Nel Saluto dell’amico lontano,  di quegli anni, ricompare l’occhio, quello che a partire dal 1918 egli invitava a vedere in ogni cosa. Il presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Paolo Picozza, ha mostrato tutta la sua meraviglia per gli esiti di questa mostra su De Chirico. Un’esposizione, questa, come ha sottolineato il direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina,  che si è arricchita di costanti approfondimenti critici e che quindi rispetto alla grande antologica sull’artista a Palazzo Reale nel 1970 e a quella del 1987 dedicata in maniera specifica agli anni Venti della sua arte, riconduce la complessiva opera dell’artista entro coordinate più corrette e giustificate dal punto di vista storico e documentale. Nelle linee programmatiche di Palazzo Reale anche l’idea di proporre un autore che testimoniasse, come già fatto con Rubens, Ingres, Picassoil significato del mito nella cultura occidentale. Ecco dunque che un artista come Giorgio de Chirico  non poteva mancare. Corazze con cavaliere, quasi di sapore ariostesco dipinto negli anni Quaranta sembra riprodurre nell’immacolata cittadina arroccata sul colle echi di atmosfere cavalleresche: miti di mondi d’altri tempi.  Il figliol prodigo, opera del 1922 e   anche  icona  della mostra e  Ettore ed Andromaca del 1923 racchiudono due temi essenziali del pensiero e dell’espressione di De Chirico: gli affetti importanti e il modo di relazionarsi  con essi. Ettore è quasi un manichino, Andromaca e il padre si stanno trasformando in pietra, una materia che sembra avere a tratti ancora la morbidezza di un mantello. Una sostanza che sembra solidificare l’essenza e la bellezza di chi amiamo nell’eternità ma al tempo stesso indicare lo spessore o la natura dell’animo umano. La pietra diventa anche quella summa di minerali in cui si trasforma il  pittore-poeta nell’Autoritratto del 1924/25 di collezione privata,   dove    la pelle della mano si mostra  come  creta bagnata. La storia di  Giorgio de Chirico è ancora colore, quelle tinte che hanno  la forza dell’antica pittura veneta come nell’Autoritratto nel parco eseguito nel 1959. Quei toni accesi che egli usa per ironizzare e anche, per svolgere un filo che ci conduce a guardarlo  proiettato in un lontano Seicento. Viaggio nella storia ma anche meditazione su di essa. Una Storia a volte riesumata, masticata come le rovine di propilei, templi e statue greche nel ventre dell’Archeologo, metafora di un passato non elaborato e faticoso o invito a riappropriarsi in maniera adeguata dell’antico? Rebus ed interrogativi riempiono le tele del pittore dove l’intensità del colore avvolge e allo stesso tempo indica con le sue sfumature le tonalità di un uomo e quelle di tanti periodi storici, da fine Ottocento agli ultimi anni  70’ del 900’. Nel catalogo pubblicato da  Marsilio Electa, come anche nell’esposizione,  il curatore Luca Massimo Barbero propone confronti fra i soggetti e le immagini dechirichiane, ossia degli inciampi per esprimere la  metafisica del quotidiano nella pittura dell’artista. Molti i saggi di approfondimento come quelli di Cristina Beltrami, di Giovanni Casini, di Andrea Cortellessa e quelli della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. La mostra, che ha come principale sponsor M&G Investment, termina con  l’ottava sala dedicata alla Neometafisica che chiarisce la forza concettuale dell’ultima produzione dell’artista originario di Volos nella Tessaglia e che rappresenta una sintesi del suo pensiero.                                                                                

Patrizia Lazzarin, 25 settembre 2019

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Democrazia e Cristianesimo

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Il concetto di democrazia nella convinzione comune è un eredità lasciata dagli antichi Greci, ma andando ad esaminare bene le fonti non è proprio del tutto esatto. Gli antichi Greci hanno inventato la parola Démos-popolo- krátos = potere (democrazia) , ma essere inventori di una parola non significa essere democratici al cento per cento. Infatti i Greci antichi non avevano tutti il diritto di voto, questo era un esercizio che possedeva soltanto un quarto della popolazione (potevano votare gli uomini greci liberi ed erano escluse le donne la cui libertà personale era piuttosto limitata oltre la mera massa). Gli statisti e i filosofi greci nella loro maggioranza apprezzavano più la monarchia e l’aristocrazia e meno la democrazia. Il loro ideale di guida politica era il re-filosofo che era in grado di riconoscere (secondo il loro pensiero) il bene comune sociale (o politico) più della “mera massa”. Il concetto di valore della persona umana negli Greci antichi non caratterizzava le scelte politiche. La democrazia allora dove ha trovato una culla e un ambiente di crescita nei secoli dei sui valori fondamentali che oggi sono patrimonio di tutti i cittadini? E forse il risultato dell’embrione del Cristianesimo che nella sua crescita con mille difficoltà nei secoli rispettando l’Ethos (concezione dei valori-atteggiamento plasmato dalla consapevolezza dei i valori morali) ha contribuito alla crescita dell’albero democratico odierno? Per molti aspetti si. Infatti al contrario dei Greci, la conoscenza che era patrimonio di pochi, nel Cristianesimo dopo una crescita nei secoli e periodi travagliati, fu estesa a tutti gli uomini, mi spiego, la conoscenza nel Cristianesimo è stata radicalmente democraticizzata e riconosciuta come elemento fondamentale dell’essere umano. Ogni uomo indipendentemente della propria nascita, della propria origine possiede una sua dignità, la quale è il vero fondamento etico per democratizzare la partecipazione politica di ogni singolo individuo. I diritti umani sono il fondamento di ogni Stato democratico moderno, i quali garantiscono che le minoranze non vengono oppresse in modo arrogante e arbitrario in seguito alle decisioni delle maggioranze e la vita di ogni essere umano non venga ne calpestata o eliminata. La democrazia non è migliore di uno Stato monarchico o aristocratico perché è più efficiente, ma è superiore perché ha un altro Ethos che si fonda sui diritti umani e la realizzazione di ogni persona umana. Il Cristianesimo non si può definire una religione politica in quanto vale l’affermazione di Gesù nel Vangelo di Mt 22,21 《Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio bisogna anche ammettere che il mondo antico, medioevale e moderno sino al 1870 la separazione tra religione e politica era difficilmente comprensibile. Mentre nel Cattolicesimo dell’età contemporanea abbiamo avuto una distinzione più netta riguardo questa separazione, in alcune parti del mondo che hanno confessioni religiose diverse ancora è presente. In relazione alle leggi dello Stato nel Cristianesimo viene sottolineato che la coscienza del singolo e l’autorità ultima e vincolante e le leggi immorali non vanno seguite, anche se approvate. Infatti nessun ordinamento giuridico e politico può pretendere di avere un carattere vincolante ultimo sulla responsabilità della coscienza personale che supera ogni orizzonte, poiché nessun uomo può essere obbligato a fare azioni che contraddicono profondamente le sue convinzioni fondamentali, si veda il pensiero sull’argomento di due importanti autori cristiani Agostino e Tommaso D’Aquino. Il principio etico fondamentale cristiano in politica consiste in questa affermazione :《la persona umana è fondamento e fine della convivenza politica (CDS 384)》. Tradotta in parole più semplici questa affermazione vuol dire che nessuna ideologia o valore politico può degradare la persona umana in un “mezzo” per raggiungere obbiettivi elevati. La storia insegna che nel XX secolo ideologie totalitarie , l’uomo è stato sacrificato al disegno politico, purtroppo bisogno stare sempre vigili per questa tentazione umana, per riprendere una classica frase di F. Nietzsche 《le istituzioni democratiche sono istituti di quarantena contro la vecchia peste degli appetiti tirannici e, come tali molti utili e molto noiose》. G.B.Vico forse insegna qualche cosa con i suoi “ricorsi storici”. Un altro serio pericolo sono i fondamentalismi religiosi che sono presenti in parecchie confessioni oltre che orientali anche cristiane, specialmente nelle chiese autogestite o fatte da comunità che si distaccono dalle chiese tradizionali e della riforma più note. Ritorniamo al rapporto tra Cristianesimo e Stato di diritto. La Chiesa Cattolica si sottomette allo Stato di diritto in quanto si definisce parte della società civile. Nelle epoche delle “alleanze trono e altare” questo non avveniva , ma ora non è più legata politicamente allo Stato. La separazione tra il bene comune politico e il bene comune spirituale fino ad un certo punto si possono separare, anche se vi sono talvolta delle sovrapposizioni. La Chiesa pur rispettando le leggi (auspica sempre una stretta collaborazione per il bene comune con ogni Stato) si riserva il diritto di critica e di agire da correttivo dove vede violati i diritti etici. Riassumendo la Chiesa cristiana (cattolica) si dichiara favorevole alla separazione dei poteri , questa separazione però deve essere attuata tra da uno Stato di diritto in cui i poteri

> Giudiziario > Legislativo ed > Esecutivo

siano indipendenti l’uno dall’altro e garantisce la libertà religiosa per tutte le confessioni o comunità. Un etica sociale cristiana non si ferma ai diritti e doveri ma guarda avanti verso l’amicizia civile il senso civico o l’amore sociale che deve orientarsi verso quattro principi di base:

IL BENE COMUNE > DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA > SOLIDARIETÀ > SUSSERIARITA.

È evidente che uno Stato basato solo sui diritti e doveri non basta per costruire uno Stato democratico dove di base è presente la giustizia sociale che si divide in due rami giustizia legale che riguarda i codici civili e penali dello Stato e il suo funzionamento e la giustizia distributiva che riguarda azioni di equità che vengono esercitati da una comunità nei confronti dei propri membri attribuendo la parte che spetta a ogni persona o gruppo. Chi si professa cristiano sa che obbligato eticamente ad aiutare: “quando il livello inferiore è in difficoltà riguardo ad un problema il livello immediatamente superiore deve prestare aiuto (Docat pag. 99 ed. S. Paolo)”. Concludendo , la democrazia è un bene comune che va difeso, non esiste quando la dignità della persona umana viene calpestata o costretta ad agire da esigenze politiche. Vi sono tre pericoli incombenti nella civiltà occidentale che possono essere una minaccia vagante per la considerazione e il rispetto dell’uomo : il relativismo dei valori (la concessione secondo la quale non esistono valori assoluti e i valori nascono da un patto culturale e sociale) ; lo scetticismo (atteggiamento spirituale che ritiene impossibile la conoscenza ultima di verità e valori) e il laicismo ( dal greco loos = popolo, orientamento politico che sostiene una stretta separazione di Chiesa e Stato. La religione è solo “questione privata” e non può essere sostentamento in nessun modo dallo Stato). Tuttavia non bisogna confondere il Laicismo con la laicità cooperativa, la quale definisce attentamente le competenze tra Stato e Chiesa che si impegna per una collaborazione per il bene comune della società, come scriveva Lord Acton (1834-1902, storico e pubblicista inglese): 《la libertà non è il potere di fare ciò che vogliamo, ma il diritto di fare ciò che dobbiamo》. Il cristiano dunque in uno Stato di diritto e quindi democratico è tenuto ad impegnarsi per la partecipazione politica, la libertà e i principi fondamentali dello Stato sociale, la tolleranza religiosa, la libertà di coscienza. La democrazia moderna è fondata sul principio di dignità di tutti gli uomini e donne e cui radici in occidente sono basate sull’immagine cristiana dell’umanità, da cui partono le varie posizioni filosofiche e politiche.

Massimo Giovedi – 12 dicembre 2016

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