Oro e colore nel cuore dell’Appennino

Oro e colore nel cuore dell’Appennino

Allegretto Nuzi e il ‘300 a Fabriano. Oro e colore dentro il sacro, sui volti e sulle vesti delle Madonne e dei Santi, per restituirci la poesia del misticismo della pittura trecentesca, ma anche la temperie culturale di quel momento storico. In questi giorni in cui si rinnova la magia dell'epifania del divino, è interessante ricordare l'esposizione dedicata ad Allegretto Nuzi e all'arte del 300' nell'area di Fabriano, nelle Marche, che continuerà ad essere aperta fino al 30 gennaio 2022. Dopo sette anni dalla mostra "Da Giotto a Gentile", si è tornati a poggiare lo sguardo sul Trecento, come secolo d'oro dell'arte fabrianese. L'occasione di studio ha preso avvio da alcuni dipinti "nascosti", come la Madonna firmata da Allegretto Nuzi nel 1358, e presente in una collezione privata, e un'altra che si trova in un luogo remoto della campagna inglese, allo Stonyhurst College, ma anche opere come il più noto trittico agostiniano della locale Pinacoteca civica sono state fonti di nuove scoperte. Molto si è discusso e scritto su questo pittore che fu a contatto con molti artisti noti di quel periodo ricco di fermenti, e che operò a Fabriano dal 1347 fino alla sua morte avvenuta nel 1373. L'artista esercitò una grande influenza fra Umbria e Marche, avvalendosi di un linguaggio maturato sulla lezione toscana, che rileggeva gli insegnamenti dei Lorenzetti a Siena e dei giotteschi fiorentini, come Maso di Banco e Bernardo Daddi. Egli con una linea morbida chiude i contorni delle sue figure imponenti ed i suoi volumi torniti possono spiegare benissimo una sua educazione nella Siena di Pietro e Ambrogio Lorenzetti negli anni precedenti al 1346, anno in cui egli compare fra gli iscritti a Firenze all'Arte dei medici e speziali, come "Allegrettus Nuccii de Senis, giustificando così, nell'appellativo de Senis, una sua precedente presenza nella città senese. Nella letteratura d'argomento artistico il pittore è citato tradizionalmente per la ricchezza delle decorazioni, in gran parte realizzate "con la granitura e la punzonatura delle foglie metalliche e con lo sgraffio", come scrive Lucia Biondi nel catalogo a proposito delle sue tecniche pittoriche. La stessa restauratrice è autrice anche del libro Elogio del Trecento fabrianese, dedicato all'opera di restauro del Polittico raffigurante la Madonna col Bambino e Santi del nostro autore, da cui è nata anche l'idea nel 2018 di questa mostra. Con Nuzi si diffonde nell'area adriatica l'iconografia della Madonna dell'Umiltà e la figura del Cristo sulla Croce tocca nuovi vertici di umanità e di commozione. La sua capacità inventiva si tradusse anche nella proposizione di nuovi modelli di piccoli altaroli e polittici per la devozione privata. I suoi tessuti operati, popolati da tartarughe e fantasie di uccelli, con cui abbiglia le sue figure sacre, come nella veste rossa bordata d'oro del San Venanzio del trittico del 1358 del Museo Diocesano di Fabriano, ci raccontano di un pittore eclettico. La sfida per molti artisti di quel tempo diventava quella di riprodurre gli effetti materici di tessuti ed oggetti che dipingevano. Come lui altri pittori, dai primi del Trecento, si distinsero per questi effetti luministici e coloristici come Simone Martini, Bernardo Daddi e poi Giovanni del Biondo e i fratelli Orcagna. Fra i motivi decorativi abbiamo visto la tartaruga, che richiama la tradizione orientale ed era nella simbologia cinese espressione di saggezza e longevità, mentre nella concezione cristiana diventava un animale sporco di fango, simile a colui che vive nel peccato, come leggiamo anche negli scritti di Sant'Agostino e di Santa Brigida di Svezia. Per il committente poteva così diventare simbolo dell'aspirazione dell'anima alla redenzione attraverso la sconfitta del Male. Le lacche cremisi sul rosso delle partiture cromatiche di trittici e polittici dovevano poi far sembrare la pittura di Nuzi simile ad uno smalto. Si avvalse anche della collaborazione di pittori fiorentini come Puccio di Simone che lavorò con lui per un anno, fra il 1353 e il 1354, e si confrontò sicuramente con i fratelli Andrea e Nardo di Cione, più noti con il nome di Orcagna. Accanto alle sue opere su tavola, a Fabriano possiamo ancora ammirare i cicli di affreschi nella tribuna della chiesa di San Venanzio e in Santa Lucia Novella, in cui si coniugano il respiro monumentale delle costruzioni grandiose, anche se semplificate, con il gusto per il dettaglio. Il piacere della ricca decorazione nei dipinti di Nuti si alterna anche ad estese campiture, dove i colori sfumano uno sull'altro con delicatezza, accordandosi nelle cromie ben studiate, e producono idealmente un suono che diventa melodia che ispira l'anima sensibile dello spettatore. Fra i suoi colori l'azzurrite e i lapislazzuli di cui riveste i manti delle Madonne, l'ocra dorata e luminosa, il rosso ricavato dal cinabro intensificato dalla lacca cremisi, i verdi campiti con verderame, ma anche mescolando azzurro e giallo, e poi il violetto che fa da contraltare spesso al giallo. La sua capacità di armonizzare le tinte, come quando accosta il rosa al verde tenerissimo, si completa con le dorature finali a mordente, colorate spesso con il bianco e rese dense per creare un effetto a rilievo, come osserviamo nelle stelle che trapuntano la veste della Madonna del pentittico della Pinacoteca Civica "Bruno Molajoli", a Fabriano. Alla rassegna a cura di Andrea De Marchi e Matteo Mazzalupi si collega anche l'esposizione su Ottaviano Nelli a Gubbio, a cura dello stesso Andrea De Marchi e Maria Rita Silvestrelli. "Un percorso che unisce Gubbio con Fabriano grazie alle opere e alle ispirazioni di due artisti protagonisti ognuno a proprio modo della storia dell'arte del '300 e del '400 delle due parti dell'Appennino: Nuzi e Nelli. Un Appennino che finalmente unisce anziché dividere", ha voluto spiegare il sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli.

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