I profeti inascoltati del Novecento

I profeti inascoltati del Novecento

Il secolo appena trascorso con la sua straordinaria effervescenza in molti campi dello scibile umano, con la sua carica di novità che ha saputo introdurre e sperimentare e, con il verificarsi di avvenimenti epocali che hanno cambiato la fisionomia del mondo, è il Tempo di una rappresentazione, di un teatro vorremmo dire quasi, che ha come soggetti principali, come illustra anche il titolo della mostra che è visibile da questo fine settimana, nei Saloni delle Feste di Palazzo Imperiale, a Genova: “I Profeti inascoltati del Novecento”. Arte e letteratura si stringono insieme per tornare a discutere sul pensiero e sull’umanità di quasi cinquanta poeti, filosofi, artisti, scrittori e giornalisti, la cui mente critica ha permesso anche a noi di rileggere il mondo e la nostra esperienza di vita alla luce di ulteriori conoscenze. Miriam Pastorino, vicepresidente dell’associazione Domus Cultura che ha promosso la rassegna, spiega e scrive nel catalogo edito da Italia Nostra: abbiamo scelto, senza presunzione alcuna di essere esaurienti, di selezionare un numero abbastanza significativo di personaggi: filosofi, saggisti, scrittori e rappresentanti delle maggiori arti, soffermandoci su un messaggio o un particolare delle loro opere che può tornarci utile a guardare in faccia la realtà con cui dobbiamo confrontarci. Il catalogo che reca anche una prefazione di Vittorio Sgarbi ci mostra i visi che potremmo meglio ammirare nelle sale del palazzo genovese, di questi protagonisti del Novecento, dipinti e disegnati da Dionisio di Francescantonio, Sergio Massone, Vittorio Morandi e Lenka Vassallo, che ci permettono quasi di interloquire con il loro sguardi. Il progetto editoriale appartiene ad Andrea Lombardi. Gli autori meritano tutti un momento di attenzione e si è scelto quindi di non ometterne nessuno. Inizierò a raccontare di alcuni di essi prendendo spunto dalle loro storie, e ci ritroveremo con cadenza settimanale a fare focus sugli altri per non dimenticare un pensiero che potremmo anche non condividere, ma che rimane espressione della capacità di ricerca e del bisogno di conoscenza della mente umana. Proprio ragionando sul Male, in questa nostra terra afflitta dal Covid, ma anche dalle tante incertezze che ne sono derivate, diventano una risposta le parole di una di questi eminenti pensatori del Novecento: Hannah Arendt. Lei scrive: “Quel che ora penso veramente è che il male non è mai radicale, … che non possegga né la profondità, né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo; esso sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici e, nel momento in cui cerca il male, rimane frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua banalità. Solo il bene è profondo e può essere integrale”. Ognuna di queste riflessioni, ponderata per cercare di capire l’Olocausto, rimane efficace per spiegare la superficialità delle azioni malvagie e in apparenza non comprensibili. Un’altra donna la cui sensibilità ha superato i confini delle nazioni è sicuramente Anna Andreevna Achmatova. “Volle condividere sino in fondo il destino del suo popolo, le stesse ferite sulla carne: il dramma del primo, amatissimo marito, le vicissitudini del figlio lungamente imprigionato, il forzato silenzio imposto dal regime. Scrisse “no, non sotto un cielo straniero / non al riparo di ali straniere; / io ero allora con il mio popolo. / Là dove per sventura, il mio popolo era”. La Cvetaeva la chiamava “Anna di tutte le Russie” e davvero fu la regina della poesia della sua immensa Patria sofferente”. Vissuta anche nei tempi della dittatura sovietica di cui sperimentò la brutalità, questa donna, appassionata di Dante e della cultura italiana, seppe conservare la sua identità spirituale e tradurla nei suoi versi. Vediamo poi, lo sguardo acuto e al tempo stesso la smorfia di un sorriso che diventa ironia, di uno dei più grandi registi non solo del Novecento, ma anche del cinema internazionale: Ingmar Bergmann. Una lezione cinematografica, la sua, che tiene in considerazione i grandi autori letterari della modernità da Marcel Proust a Thomas Mann, da August Strindberg a Luigi Pirandello. Nelle sue storie “l’amore, pur con le sue delusioni, è l’unico antidoto contro la solitudine e l’aridità dell’anima, quell’aridità che deriva dagli steccati che erigiamo tra noi e gli altri e che finisce per privarci della nostra umanità. Compare così la nostalgia per la gioia non più provata verso ogni quotidiana avventura, la paura della morte e del buio oltre la morte e l’attenzione verso l’animo femminile a cui l’uomo, nei momenti privilegiati di autentica comunicazione, può chiedere soccorso per lenire le sue amarezze e i suoi timori”.

Lo scrittore Georges Bernanos  nato a Parigi il 20 febbraio 1888 e morto a  Neuilly-sur-Seine  il  5 luglio 1948 è  forse l’autore cattolico esemplare, forse il più grande tra francesi ed europei.  I personaggi dei suoi romanzi sono impegnati in una strenua lotta interiore fra il Bene e il Male. “Le insufficienze, i tradimenti, le perversioni del pensiero e delle azioni degli uomini europei sono scandagliate e indagate senza alcuna paura di apparire a volte ingiuste, scandalose, anche arrischiate e improvvide. Quello che gli sta a cuore è la sorte dell’anima, prima francese, poi europea e, infine, umana.” Una delle voci poetiche più alte del nostro Novecento: Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo, fu anche traduttrice e critica, strinse amicizie con intellettuali europei di grande spessore e fece conoscere Simone Weil in Italia. Le sue Lettere a Mita, sono uno degli epistolari  più affascinanti della letteratura italiana, dove comprendiamo la storia di un’anima che soffre per la meraviglia e al tempo stesso il dolore della vita. Chiudiamo questo primo confronto con i grandi del Novecento con Jorge Luis Borges, lo scrittore di nazionalità argentina,  considerato il fondatore  del realismo magico. “La sua fu letteratura filosofica, nutrita di una cultura sterminata, trasfusa nei racconti con leggerezza, in dosi successive. L’effetto è un’invenzione continua, un viaggio ardente intorno a temi universali trattati con un’eleganza, un rigore formale, una classicità unici: il tempo, l’eternità, la morte, la personalità e lo sdoppiamento, la pazzia, il dolore, il destino, fusi nel sentimento dell’unicità dell’esperienza individuale e nel labirinto inestricabile dell’immaginazione”. Molti sono gli scrittori, o cantanti come Vecchioni e Guccini che si sono ispirati alle sue opere, come anche filosofi, tra cui Michael Foucault che nel suo saggio Le parole e le cose cerca  l’origine delle scienze umane.

Patrizia Lazzarin, 19 dicembre 2021

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