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Arte e Cultura

L’esilio di Eros. 6

di Antonello Catani

     In realtà, nonostante il trascorrere dei secoli e il mutare dei costumi, negli autori che entrano a far parte del repertorio consacrato della ‘Grande Letteratura’, la rappresentazione erotica continua di solito ad essere limitata all’allusione. È ciò che, per esempio, fa Dante, quando descrive l’episodio della seduzione di Francesca:

                              “ Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

                              quel giorno più non vi leggemmo avante.” 9

      Solo un riferimento velato e obliquo, dunque, mentre tutta la Commedia dimostra come Dante, quando vuole, sappia invece sfoggiare un realismo descrittivo spinto in molti casi fino all’estrema crudezza e anche alla volgarità vera e propria. Nonostante l’aggettivo ‘boccaccesco’ sia ormai entrato nell’uso comune per riferisi a situazioni licenziose, se si va poi ad esaminare il Decameron, la situazione non cambia. Anche Boccaccio allude, più che descrivere. Il suo realismo erotico in quanto tale è sostituito da metafore, quali “cavalcare” o “trastullarsi’” (Giornata III, Novella 1). Ancora, nella storia di Frate Rinaldo e di Madonna Agnesa, la descrizione si limita alla frase “se n’entrarono nella camera e dentro serratisi sopra un lettuccio da sedere, che in quella era, s’incominciarono a trastullare.”(Giornata VII, Novella 3). Anche la rappresentazione della vendetta erotica dello Zeppa nei confronti di Spinelloccio – Giornata VIII, Novella 8 – per quanto psicologicamente raffinata e vagamente sadica, si limita all’immagine dei due amanti che si distendono sulla cassapanca, dentro la quale è rinchiuso Spinelloccio, e al loro “sollazzarsi”. Tutto qui.

      Altrettanto realistico quanto Dante sapeva poi essere anche Shakespeare, nonostante le sue così ricorrenti preziose imageries e gli sfolgoranti arazzi delle sue allegorie. In Antonio e Cleopatra, per esempio, quando Ottavio viene informato da un messaggero dei voluttuosi ozî di Antonio in Egitto, egli si rivolge idealmente a quest’ultimo, ricordando la sua virilità e le sue straordinarie capacità di resistenza a qualsiasi privazione fisica, come quando – dice Ottavio – costretto dalla sete, “non esitasti a bere / L’urina dei cavalli e la sordida melma /Che avrebbe fatto  vomitare delle bestie”.10  Se il paragone e il linguaggio qui usati non potrebbero essere più crudi ed espressivi, essi sono però in significativo contrasto col modo con cui poi, in Giulietta e Romeo, viene raffigurata Giulietta:

                           “ Oh, davvero le torce dovrebbero imparare da lei a risplendere!

                            Sembra ella che penda alla guancia della notte

                            Come un ricco gioiello all’orecchio di una donna etiope.”11

      Nonostante l’incomparabile bellezza della metafora, qui il realismo è scomparso, così come è anche assente nelle manifestazioni erotiche dei due amanti, che sono limitate al tocco delle mani o a dei casti baci.


9  Inferno, V.

10  Antony and Clepatra, Atto I, Sc. Iv: “thou didst drink / The stale of horses and the gilded puddle /Which beasts would cough at.”

11 Juliet and Romeo”, Atto I, Sc. V:

       “ O, she doth teach the torches to burn bright!

       It seems she hangs upon the cheek of night

       Like a rich jewël in an Ethiop’s ear.” 

17 giugno 2025

6. Continua

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