Cinque ipotesi per iniziare a parlare di pace in Ucraina

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La guerra scatenata da Putin. Si può (e si deve) parlare di pace?

Volodymir Zelensky torna a Kyjiv dal suo viaggio a Roma, Berlino e Parigi con molte buone promesse ma con pochi passi in avanti non solo rispetto allo stato del conflitto militare che, al di là della propaganda da una parte e dall’altra, è di fatto congelato da mesi ma soprattutto rispetto alle prospettive di una interruzione di quella che fu definita da Vladimir Putin come una “operazione militare” e ancor di più al ritiro delle truppe russe e del Gruppo Wagner dai territori illegittimamente occupati dalla Federazione Russa dopo il 24 febbraio 2022 che coprono un quinto del paese e una linea del fronte di 1500 km dalle regioni orientali di Luhans’k e Donetsk a Zaporizhzhya e Kherson a sud (...) È indispensabile la  garanzia della integrità territoriale e della inviolabilità delle frontiere dell'Ucraina definite in occasione della sua indipendenza nel 1991 alla caduta dell'Unione Sovietica; l'attribuzione alle regioni di Donec'k, Luhans'k e della Crimea dell'autonomia secondo un modello federale e ispirandosi all'esempio degli accordi De Gasperi-Gruber applicati all'Alto Adige con l'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946. Le considerazioni di Pier Virgilio Dastoli su Linkiesta.

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Il viaggio che Zelensky può fare e Putin no

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La differenza tra Zelensky e Putin, tra un uomo libero e uno no!

Perfetto il tempismo del viaggio Roma-Vaticano-Berlino del presidente ucraino. Ha una fortissima dimensione di diplomazia pubblica. Nella quale Kyiv domina, Mosca è in affanno. Zelensky viaggia. Dove vuole, sicurezza permettendo. Putin è asserragliato nel Cremlino – quando si affaccia fuori porta ci si domanda addirittura se non utilizzi un sosia (probabilmente no). Questo permetteva a Zelensky di affrontare a viso aperto anche l’impegnativo colloquio con papa Francesco (...) La partita dell’Ucraina non è solo la guerra contro la Russia, è il futuro con l’Europa. Qui ha trovato piena sponda. Mattarella gli ha confermato il “sostegno italiano alla candidatura Ue”. Il commento dell'amb. Stefano Stefanini sul sito Formiche.

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Comunicazione e verità. La storia si ripete come tragedia

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Le democrazie non vanno mai equiparate alle dittature

Se non fosse stato per un giovane eroico giornalista gallese, Gareth Jones (1905-1935), il mondo non avrebbe mai saputo, negli anni Trenta del secolo scorso, del genocidio per fame (Holodomor) provocato da Josif Stalin (1878-1953) in Ucraina tramite la requisizione di tutto il grano colà prodotto (...) L'obiettivo di Stalin negli anni Trenta era fiaccare l'opposizione dei contadini alla collettivizzazione forzata introdotta, nell'Urss, dopo la mini-apertura al mercato voluta da Vladimir Ilic Lenin (1870-1924) con il varo della Nep (Nuova politica economica); finanziare, attraverso la vendita, all'Occidente, dei raccolti agricoli ucraini, i programmi di industrializzazione pesante previsti dai piani quinquennali del Cremlino. Risultato della confisca alimentare: un'ecatombe nella nazione già definita granaio d'Europa. Gli storici oscillano da un minimo di quattro milioni di vittime a un massimo di nove. Il commento di Giuseppe De Tommaso sul sito Formiche

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