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Giorgia è rimasta sola, il suo è un premierato debole

Il governo Meloni ha qualche problema

Giorgia Meloni è una donna sola al comando. Probabilmente è ancora forte nel Paese, ma la sua condizione è problematica. Perché ci sono due modi di essere soli al comando. Il primo è quello classico del leader forte, indiscusso, riconosciuto. Il secondo è quello di un leader che è tale perché è rimasto solo. Ecco, l’impressione di questa fase, rafforzatasi in questi giorni, è che Meloni si carichi tutto sulle spalle. Che ci sia solo lei. Nel deserto di “fratelli” e “sorelle” che via via, per un motivo o per l’altro, sono alle corde e non l’aiutano. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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Le proposte di Draghi e le polemiche dei partiti

  • Pubblicato in Esteri

Draghi propone, a Bruxelles (e Roma) fanno finta di niente!

La distanza tra il rapporto di Mario Draghi e i discorsi della politichetta nazionale è siderale. Non è per il fatto, pur clamoroso, che l'ex presidente del Consiglio ha avanzato centosettanta proposte mentre i partiti riescono sì e no ad abborracciarne una decina. È il respiro che fa la differenza. Draghi ha steso un Rapporto di sapore rooseveltiano, fissando come presupposto per evitare la disfatta dell'Europa la crescita, nell'ambito di un discorso epocale, al crocevia tra due epoche, quella del benessere novecentesco è quella delle grandi incognite del XXI secolo. Come ha osservato Politico, «Draghi è stato l'uomo salutato come salvatore dell'eurozona durante la crisi del debito sovrano quando era presidente della Banca centrale europea. Questa volta la sua sfida potrebbe essere ancora più grande: impedire all'Europa di restare indietro rispetto al resto del mondo». E pensare che l'avevamo a Palazzo Chigi. Il commento di Mario Lavia.

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Il neo ministro Giuli, e l’egemonia culturale del Foglio

Con la nomina di Giuli ai Beni Culturali, FdI dimostra di non avere classe dirigente

«Ben scavato vecchia talpa», marxianamente Giuliano Ferrara ieri gongolava, e con ragione: la fucina del suo Foglio pare diventata l’accademia della nuova classe dirigente, almeno di quella parte che ha l’obbligo di stare a tavola usando le posate d’argento con lo stile necessario. E dunque ecco Alessandro Giuli nuovo ministro della Cultura: se le cose dovessero continuare così diventerà una specie di Giuliano Amato, una riserva della Repubblica meloniana, se c’è un problema si chiama lui, e qui il problema c’era e bello grosso, chi mettere al posto dello sventurato (che come la Monaca di Monza “rispose”) Gennaro Sangiuliano, ’o ministro ’nnammurato, come ha scritto qualcuno. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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