Università allo sbando, non sempre in cattedra i migliori

Può mai un candidato con meno titoli, oppure uno non provvisto neppure del dottorato di ricerca o abilitazione scientifico nazionale o ancora con curriculum scientifico non congruo al settore messo a bando, vincere un concorso a cattedra e insegnare all’università? Se l’ateneo è italiano la risposta è sì. Benvenuti ad àtisrevinu, il paese dell’università al contrario. Il commento di Giambattista Scirè sul sito linkiesta.

Università, il ritorno dei Baroni

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L'Università non piace più ai nostri ragazzi

Forte calo delle immatricolazioni e la sua variabilità all’interno del paese. Fra il 2003-2004 e il 2014-15 i nuovi iscritti si sono ridotti dioltre 60mila unità, arrivando a essere meno di 260mila (-20,4 per cento). Si tratta di una diminuzione che non ha riscontri negli altri paesi europei e che appare preoccupante, perché l’Italia ha già un numero di laureati estremamente basso: è ultimo fra i 28 paesi dell’Unione Europea per la percentuale di giovani nella fascia 30-34 anni che hanno conseguito il titolo. Se avere più immatricolati non garantisce l’aumento dei laureati, averne di meno rende certo assai difficile un incremento. Analisi di Domenico Cersosimo, Antonella Rita Ferrara, Rosanna Nisticò e Gianfranco Viesti su il Fatto Quotidiano.

Università italiana senza appeal

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Università sotto accusa, lettera di una ricercatrice tradita

  • Pubblicato in Cultura

In qualunque ambito la preparazione “iperqualificata” è ritenuta un limite, non un potenziale, proprio perché di ostacolo alla cosiddetta flessibilità. Editoria, giornalismo culturale, siti web: nessuno è disposto a pagare un plurititolato per lavori “di basso profilo” (revisione di testi, traduzione, correzione di bozze, lavoro redazionale di qualsiasi genere) che peraltro nella gran parte dei casi nemmeno esistono più o vengono dati in appalto ai cosiddetti service, assimilabili ai call center di una volta nella funzione di calmierare i giovani laureati in cambio di pochi spiccioli e nessuna prospettiva. Quanto ai giornali, dopo circa cinque anni di volontariato culturale presso un noto quotidiano militante ho scritto per un altro paio d’anni sul supplemento di uno dei due quotidiani di maggior tiratura nazionale: duecento euro (lordi) a pezzo, un paio di pezzi al mese e dopo un anno e mezzo più nulla nemmeno qua, con la motivazione che scrivo difficile e la gente il supplemento (si badi: culturale, non sportivo) lo vuole leggere in totale relax e senza dover mettere mano al dizionario. Lettera al premier Renzi di Gilda Policastro, ricercatrice di Salerno.

L'Università italiana ostacola le persone iperqualificate

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