di Antonello catani
Nonostante la loro sedicente bizzarria, il carattere apparentemente aneddotico e l’esotismo, i suddetti esempi confermano in realtà un fatto assai banale: Eros è costituito anche da odori, sapori e secrezioni, ed essi fanno parte integrante del rituale sessuale, che è poi un momento essenziale di qualsiasi rapporto amoroso. Invano, però, salvo che in opere platealmente pornografiche, cercheremo di ritrovare nella finzione letteraria con aspirazioni artistiche la benché minima traccia, non solo di tali elementi ma anche della sia pur limitata descrizione di un coito. Rivelandosi una solerte tutrice di consolidati tabù sociali, la Grande Letteratura tende di solito a emarginare il piano sessuale o comunque a depurarlo delle sue manifestazioni più crude e animalesche, dedicando invece tutta la sua attenzione agli elementi psicologici. Nella stragrande maggioranza delle storie d’amore, insomma, veniamo a conoscenza di un’infinità di particolari e sfumature di tipo sentimentale, ma non sapremo mai cosa in fondo ecciti gli amanti, come e perché essi arrivino all’orgasmo.
Tale singolare attitudine non scompare, del resto, neanche quando si vorrebbe proporre una rinnovata conciliazione fra natura e spirito, i quali rappresentano appunto i rispettivi contro-altari del livello erotico-sessuale e di quello sentimentale. Un esempio tipico ma assai illuminante di questa irriducibile avversione nei confronti di una schietta sensualità è rappresentato dal famoso saggio, Sulla poesia ingenua e sentimentale, scritto da Schiller intorno al finire del XVIII secolo. Osservando come la materialità del contenuto sia presente anche in certe opere classiche di poesia, l’autore si pone il problema se tale libertà espressiva non debba essere consentita anche al “fratellastro” [sic] del poeta, e cioè, al romanziere. Sia pure indirettamente, le conclusioni a cui egli arriva sembrerebbero alludere a una riunificazione dei due atteggiamenti, antitetici ma sempre monocordi, prima citati nei riguardi di Eros. Infatti:
(…) solo una natura bella può giustificare simili libertà. Esse non possono, quindi, costituire uno sfogo esclsivo della passione (…) È necessario che anche queste energie sensibili provengano dalla totalità e
dalla pienezza della natura umana. (…) Ma per verificare che siano realmente richiesta dalla totalità della natura umana e non solo da un bisogno parziale e volgare dei sensi, dobbiamo veder rappresentata la totalità, di cui esse non sono che una parte isolata (…) se nell’opera, in cui sian prese libertà di questo genere, troviamo espresso ogni aspetto della realtà umadisgustona, viene eliminato il motivo del nostro disgusto e possiamo godere con gioia priva di amarezza l’ingenua espressione di una natura autentica e bella.
6 Fr. Schiller, Sulla poesia ingenua e sentimentale (Tr. E. Franzini – W. Scotti). In: Sulla poesia ingenua e sentimentale. Del sublime. Sul patetico. Sul sublime. Milano, 2001, pp.75-77.
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