di Agostino Roncallo
Oggiogno è un villaggio vicino al confine svizzero, aggrappato alla cima di una rupe. Lo si può vedere dalla statale che costeggia il Lago Maggiore, lassù in alto, dove sembra che nessuna strada possa arrivare. Ma una strada c’è, l’hanno costruita nel 1915 i soldati dell’esercito italiano come collegamento con la linea Cadorna: si trattava di una linea difensiva, fatta di trincee e postazioni per l’artiglieria, che correva lungo questa parte dell’arco alpino per difendere il suolo nazionale. Si temeva che gli austriaci potessero attaccare passando attraverso il territorio svizzero. A ben vedere, l’ipotesi era alquanto improbabile e la realtà, in questo caso, non ha superato la fantasia: dalla linea Cadorna non fu mai sparato un colpo.
La strada che porta a Oggiogno è stretta, ha numerose curve a gomito e alcune gallerie che attraversano la roccia viva. Per le salmerie trainate dai muli, andava benissimo, le numerose curve consentivano di alleviare la pendenza del terreno scosceso e rendevano più agevoli i trasporti. Ma oggi la stessa salita è percorsa da automobili e moto di grossa cilindrata, ogni curva diventa così pericolosa e ogni incrocio obbliga il guidatore a millimetriche manovre. Come animali inferociti che, chiusi in un recinto, non riescono a dare sfogo al loro desiderio di lanciarsi in spazi aperti, gli autisti suonano nervosamente il clacson, imprecano, si lanciano occhiate furibonde. La loro impazienza si dissolverà nella cosiddetta “buca del cane”: un piccolo spiazzo strappato chissà come a una montagna impervia e utilizzato come parcheggio per le auto.
Ma nei giorni del Ferragosto, quando turisti provenienti dal nord si avventurano lassù, la “buca del cane” non basta più, e allora ognuno si arrangia come può. Nel vecchio villaggio, del resto, in auto non si entra: la strada d’accesso è strettissima e conduce a un gruppo di case, disposte in pianta circolare e attorniate da una cinta muraria d’epoca longobarda. Un tempo, neppure i pedoni potevano accedere, se non bussando a una porta massiccia e chiedendo il permesso d’ingresso. Oggiogno infatti era una piccola curtis, una “curticula” si diceva nelle antiche carte, preparata alla difesa nel caso che i soldati di Carlo Magno avessero messo il naso da quelle parti. L’invasione ci fu in effetti, i Longobardi la temevano molto, ma non furono questi i luoghi della battaglia: anche quella volta non vi fu alcun combattimento. Il destino ha riservato pace duratura a questi luoghi.
Percorrendo l’acciotolato del sentiero che passa tra le case, si finisce per girare in tondo e ritrovarsi sempre al punto di partenza: la “piazza dei terrieri”. Lì, una sorgente allevia, nelle afose giornate estive, le fatiche dei viaggiatori: c’è anche un bicchiere in zinco, legato a una catena abbastanza lunga per bere comodamente. Tutti gli angoli del villaggio sono curati, come se gli abitanti non avessero dimenticato una norma, contenuta negli statuti dell’anno mille, che chiedeva a ognuno di loro di pulire la via davanti alla propria casa “nell’area di uno spazzo. Vale a dire, si presume, nello spazio che una scopa di saggina poteva coprire con un movimento semicircolare, a partire dalla porta d’ingresso dell’abitazione. Era un bell’esempio di vita sociale e di rispetto degli spazi comuni.
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