di Patrizia Lazzarin
Maria Rosa Cutrufelli, giornalista, scrittrice e donna soprattutto impegnata da sempre a far emergere e conoscere la storia femminile nei suoi risvolti pubblici e privati, ci restituisce nel suo ultimo libro pubblicato con la casa editrice Neri Pozza, il ritratto di Maria Giudice, famosa per essere stata una dirigente socialista, giornalista, attivista politica e madre della scrittrice ed attrice Goliarda Sapienza.
La sua fu una una vita piena, ricca, coraggiosa, espressione di una mente intelligente che seppe operare basandosi sulle sue convinzioni, spesso molto distanti dal pensiero comune del tempo. Le idee che la animavano la portarono a diffondere il credo socialista in tutta Italia e la costrinsero all’esilio. Innumerevoli i suoi arresti.
Tanti anche i suoi figli che sembrano qui per assurdo, come ha scritto Vittorio Poma, andare contro la filosofia socialista dell’epoca, allora malthusiana e che predicava la regolamentazione delle nascite. Questa ingordigia di maternità fu un modo di compensare una passione politica giudicata eccessiva per una donna del primo Novecento? Si interroga Maria Rosa Cutrufelli o, altrimenti potremmo pensare a una forte pulsione che partendo dal suo corpo comprende il mondo fuori di lei, quasi investendolo? Sono queste e altre le domande a cui la scrittrice non ha trovato risposta, a cominciare sicuramente da quando ha iniziato a comporre il suo romanzo che narrava delle donne del secolo scorso.
In quell’occasione capì che non avrebbe potuto raccontare quella Storia, se avesse ignorato Maria Giudice, i suoi slanci e le sue idee, la sua politica e la sua umana follia.Non si poteva parlare del secolo dell’emancipazione femminile, quello del neofemminismo, come spiega l’autrice, senza fare i conti con Maria Giudice. E nel libro si comprende soprattutto dagli ideali perseguiti da Giudice come da Angelica Balabanoff, sua amica in esilio, che esse vollero distinguere le origini della protesta femminista da quella di classe, anche se l’obiettivo comune, era quello di farsi ascoltare e di essere capite da quegli esponenti della “cultura barbuta”, costruita a misura d’uomo.
Vediamo, leggendo il libro, Maria Giudice soprattutto come donna intenta durante suoi comizi in tutta Italia a combattere per una maggiore giustizia sociale. La restituiscono a noi, come traspare sempre dalla lettura del romanzo, anche i suoi scritti e i suoi pensieri che diventano manifesti già nei suoi articoli pubblicati a partire dalla sua collaborazione al periodico L’uomo che ride di Ernesto Majocchi.
Mentre è intenta a spolverare gli archivi di prefetture e questure, la scrittrice non rinuncia ad immaginare momenti dell’esistenza di questa donna unica di cui cerca di ricostruire la piena identità. Lo fa mettendo insieme fotografie intatte, scomponendole al contrario della ricomposizione di un puzzle, per cogliere dettagli che sappiano raccontarci più cose di lei perché, e lo capiamo leggendo, ci sono spazi del suo vissuto che non sono documentati e sarebbe interessante scoprire.
Potrebbero essere al tempo stesso testimonianza di una donna e di un’epoca. Il critico letterario Massimo Onofri recensendo il romanzo di Cutrufelli, ha scritto: Maria Giudice al centro di una sequenza di fotografie senza cornice, non vale solo per sé stessa, ma anche come catalizzatore di una un’autobiografia che è anche quella di Cutrufelli e del paese in cui entrambe hanno camminato. “Allargando lo sguardo”, potremmo dire che il soggetto di quelle fotografie da cui inizia la narrazione, in ogni capitolo, non è sempre Maria Giudice, come una prima interpretazione del commento potrebbe farci credere.
La sua storia diventa anche quella che la stringe ai suoi affetti, verso i quali tuttavia, se si esclude il rapporto con la figlia Goliarda nell’ultimo periodo della sua esistenza, conserva sempre una grande indipendenza. Nelle foto ci sono i suoi compagni di vita e gli amici, anch’essi impegnati nel pubblico, ma ci sono anche esponenti delle forze dell’ordine. Quelle foto testimoniano l’itinerario esistenziale personale e nel mondo della socialista Maria.
Come ci suggerisce Onofri la biografia di Maria Giudice è occasione per ricordare a Maria Rosa Cutrufelli quel filo che la lega alla Sicilia, dove è nata, a partire da quando lei si metteva in viaggio verso l’isola o se ne dipartiva per andare a Bologna o Roma. In questo si evidenziano parallelismi tra la sua e l’esperienza di Giudice che in Sicilia operò e visse per un lungo periodo. A fine libro, le parole della figlia Goliarda Sapienza, pronunciate durante gli incontri del gruppo di scrittura, formato da donne, tra cui c’era anche Cutrufelli e a cui partecipava anche Goliarda assieme ad altre giornaliste e letterate, riportano in vita ancora un pensiero di Giudice che offre uno spunto interessante di riflessione: La pace mente.
14 febbraio 2025