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Editoriali

Il potere logora chi ce l’ha

di Bruno Chiavazzo

Parafrasando la famosa massima di Andreotti, ho l’impressione che Giorgia Meloni non abbia tenuto nel dovuto conto gli effetti, a volte perversi, dell’esercizio del potere. Sono passati due anni e mezzo da quando la “underdog”, come ebbe a definirsi, è al potere. Un potere vero, esercitato senza mezzi termini, come quello di Andreotti che dietro la finta bonomia nascondeva una volontà di ferro. La Meloni ha messo subito in chiaro chi aveva vinto e chi doveva governare, sia con gli alleati che con le opposizioni. Si è circondata di persone fidate che rispondevano solo a lei e chi sgarrava era fuori. Non ci ha pensato due volte a separarsi dal marito, l’insulso Giambruno, che credeva di poter fare quello che voleva solo perchè padre della figlia della Premier. Lo stesso ha fatto con il cognato Lollobrigida, nominato ministro, che fermava i treni a suo piacimento e nei telegiornali inanellava sciocchezze a raffica. Anche lui messo in naftalina insieme all’improbabile ministro della Cultura, Sangiuliano, scivolato sulla “pompeiana esperta” (copiright Paolo Mieli), Maria Rosaria Boccia. Idem anche per la ministra Daniela Santanchè che a stretto giro andrà a far compagnia agli altri. Ma questi sono episodi che, tutto sommato, la Presidente ha gestito con una certa nonchalance, alla fin fine lei li aveva nominati e lei li ha revocati. Parce sepulto. Cosa diversa è quando si deve navigare sui mari procellosi della politica internazionale, quando si pensa di poter risolvere questioni complesse con lo stesso timbro con cui si governa nella piccola enclave italiana. Penso agli andirivieni degli immigrati dall’Albania, penso ai rapporti con Trump e quell’altro schizzato di Elon Musk. Questi fanno sul serio e non bastano i sorrisini e le foto opportunity. Se non si fa quello che loro vogliono, non ci pensano un secondo a scaricarla senza neanche una telefonata. Tanto più che con la sua diplomazia, che ricorda quella del primo Berlusconi, delle pacche sulle spalle e degli inviti a palazzo, non c’è futuro. Trump parla di comprarsi la Groenlandia, di annettersi il Canada e Panama, mentre Musk aizza i nazistelli tedeschi a buttare a mare il parlamentarismo. La Meloni si atteggia a statista internazionale, pensa di fare da pontiere tra il bullo dai capelli arancioni e l’Europa, senza però che nessuno in Europa glielo ha chiesto. Quella che si sta giocando, con due guerre e centinaia di migliaia di morti, sullo scacchiere mondiale non è una partita di burraco, il gioco tanto caro alla Premier, è qualcosa di molto più pericoloso. L’Europa è debole, è fragile, indecisa a tutto, ma resta sempre un continente con 450 milioni di abitanti. Un continente di libertà e di diritti civili e sociali, indebolirlo ulteriormente non mi sembra una grande strategia. Ma anche Trump farebbe bene a ricordare le parole di un altro leggendario combattente, Mike Tyson: “Tutti hanno un piano finchè non ricevono un pugno in faccia”.

12 maggio 2025
 

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