Piani urbani di adattamento climatico

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I Piani di adattamento climatico rappresentano uno degli strumenti più efficaci a disposizione di Paesi, regioni e comuni per definire misure e azioni per rendere il territorio meno vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico. Ma come valutarne la qualità e il grado di “progresso”? Quali criteri possono definirne l’efficacia, tanto nel contesto locale quanto in quello nazionale e internazionale? 

A questi interrogativi ha provato a rispondere un gruppo di ricerca multidisciplinare coordinato dall’Università di Twente in Olanda, a cui hanno partecipato studiosi di vari stati europei, tra cui l’Italia con l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imaa) di Tito Scalo a Potenza e il Dipartimento di ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’Università di Trento. “Dopo l'Accordo di Parigi del 2015, è cresciuto l’interesse degli studiosi e  dei governanti verso la valutazione dei progressi dei Piani di adattamento ai cambiamenti climatici considerati sulla base di diverse scale. In questo contesto, però, mancava una metodologia univoca per valutarne la qualità e verificarne i progressi nel tempo”, spiega la ricercatrice Monica Salvia del Cnr-Imaa. “A tal fine, abbiamo per la prima volta definito un indice di qualità, l’ADAptation Plan Quality Assessment (ADAQA), che ci ha permesso di identificare i punti di forza e di debolezza dei processi di pianificazione dell'adattamento urbano nelle città europee”. 

Tale indice è stato calcolato sulla base dei 167 Piani di adattamento adottati tra il 2005 e il 2020 su un campione rappresentativo di 327 città medie e grandi di 28 Paesi europei, per valutarne la qualità e l'evoluzione nel tempo. Esaminando le diverse componenti dei Piani si nota che le città sono migliorate soprattutto nella definizione degli obiettivi di adattamento e nell’identificazione di misure e azioni nei diversi settori. La capitale bulgara Sofia e le città irlandesi di Galway e Dublino hanno ricevuto i punteggi più alti.

Il panorama italiano risulta invece abbastanza nebuloso, sia in termini di numero di Piani urbani sviluppati, sia in termini di qualità: “Tra le 32 città italiane incluse nel campione, risulta che solo due città - Bologna e Ancona - avevano nel 2020 un Piano di adattamento. Tale situazione probabilmente, risente dell’assenza di un quadro di riferimento nazionale per supportare la definizione di strategie e Piani locali e regionali. Il Piano nazionale di adattamento è infatti ancora in fase di adozione”, aggiunge la ricercatrice Cnr-Imaa. 

 “Nel complesso, i Piani di adattamento delle città europee ottengono una buona valutazione nella descrizione delle misure di adattamento (51% del punteggio massimo), nella definizione degli obiettivi di adattamento (50%) e nella identificazione degli strumenti e processi di attuazione (46%)”, aggiunge la ricercatrice Filomena Pietrapertosa (Cnr-Imaa). “I risultati mostrano che la qualità dei Piani è migliorata significativamente nel tempo, sia su base annua sia nel corso degli ultimi 15 anni. Viceversa, i Piani presentano carenze nel livello di partecipazione pubblica al processo di definizione del Piano (17%), e nella definizione delle fasi di monitoraggio e di valutazione (20%). Tuttavia, la situazione è in continua evoluzione e in rapido cambiamento: monitorare lo stato di avanzamento delle politiche di adattamento nei prossimi anni sarà utile per capire se, e a che ritmo, le città europee e italiane si stanno muovendo verso la definizione di Piani sempre più completi e capaci di rafforzare la resilienza dei loro territori”. Lo studio di cui si è parlato è stato pubblicato sulla rivista Nature Npj Urban Sustainability.  

Patrizia Lazzarin, 10 marzo 2023

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