Dopo 500 anni torna il castoro in Italia

Uno studio congiunto dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche rivela che il  castoro europeo è ritornato sul territorio italiano dopo 500 anni. Questo evento dimostra un caso  di ritrovata biodiversità che necessita di strumenti di monitoraggio per ridurre i possibili danni dovuti alle attività del castoro.

Le attività di reintroduzione e “rewilding” sono alcuni degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi ad uno stato più naturale. Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grandi erbivori, o “ingegneri ecosistemici”: specie che con le loro attività possono modificare notevolmente gli habitat ed il paesaggio.

Fino a pochi anni fa, il castoro europeo (Castor fiber) era totalmente assente dall’Italia, in quanto caccia e perdita di habitat avevano portato all’estinzione tutte le popolazioni presenti sul territorio nazionale. Dopo più di 500 anni di totale assenza, questa specie ha di recente iniziato a colonizzare nuovamente l’Italia per un effetto di espansione naturale dall’Austria verso il Trentino Alto-Adige e il Friuli Venezia-Giulia e di reintroduzioni,  in Italia centrale, nelle regioni di Toscana, Umbria, e Marche.

Nello studio pubblicato su Animal Conservation, i ricercatori dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino  hanno raccolto tutti i dati di presenza disponibili per il castoro in Europa, tramite l’utilizzo di database di distribuzione delle specie (i Naturalist, GBIF) e tramite ricerche mirate sul campo finanziate dal fondo Beaver Trust (UK).

Le attività sono state coordinate dal Cnr-Iret, beneficiario italiano del fondo del Beaver Trust per la ricerca sul castoro in Italia: “Abbiamo curato le attività di monitoraggio, raccolta dei campioni per le analisi genetiche, monitoraggio dei punti di presenza, eventuali analisi necroscopiche e determinazione degli effetti sugli ecosistemi forestali”, afferma Emiliano Mori (Cnr-Iret), principale investigator del progetto con Andrea Viviano (Cnr-Iret).

 Sono stati, quindi, utilizzati modelli di distribuzione delle specie per stimare l’idoneità ambientale per il castoro in Europa. Successivamente, tramite l’applicazione di modelli di connettività gli esperti hanno valutato quali fossero le aree d’Italia in cui l’espansione del castoro fosse più probabile nel prossimo futuro.

La mappa risultante dal modello di connettività è stata sovrapposta a mappe di coltivazioni arboree e presenza di canali artificiali, per andare ad identificare le aree in cui le attività di costruzione di tane/dighe dei castori potrebbero causare conflitti con le attività umane.

Patrizia Lazzarin, 11 ottobre 2023                                             

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L’invasione della gazza marina nel Mediterraneo

Cosa succede quando applicazioni nate per condividere attimi di vita quotidiana diventano strumenti utili alla scienza? Un innovativo esperimento di citizen science volto a rilevare, anche con l’aiuto dei più diffusi social networks, gli spostamenti degli esemplari di Alca torda, più comunemente nota come gazza marina, nei mari italiani ha permesso di ottenere una scoperta curiosa.  Un team di ricercatori della Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, in collaborazione con colleghi dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Iret) e delle Università di Siena e Palermo hanno concentrato i loro studi su una specie tipica dell’Atlantico e dei mari del Nord che oggi si ritrova con sempre maggiore frequenza alle nostre latitudini. Proprio per descrivere questa singolare invasione, sulle coste italiane così come della Grecia e della Libia,  e misurare quanto la componente dei dati raccolti dai social risultasse significativa rispetto ad altri metodi di raccolta, il team  ha avviato un’ampia ricerca in mare aperto, integrando le informazioni raccolte dai social con i dati acquisiti da piattaforme online di citizen science e il supporto di realtà che operano nell’ambito della protezione marina, quali la Lega Navale e le Aree Marine Protette.

“Questa particolare specie, che può ricordare i pinguini per la livrea bianconera, è in realtà un uccello dotato di notevole capacità di volo, che può effettuare anche voli subacquei fino a 100 metri di profondità”, spiega Angelo Viviano, ricercatore del Cnr-Iret coinvolto nello studio. “Il progressivo spostamento verso le nostre coste di questi uccelli sembra indotto da più fattori: da un lato i sempre più frequenti fenomeni atmosferici estremi come le tempeste atlantiche abbattutesi durante l’inverno sulle coste portoghesi che potrebbero averli spinti a trovare riparo nel Mediterraneo. Un altro elemento può essere rappresentato dall’impoverimento dei Mari del nord, sempre più caldi e sfruttati dall’industria della pesca, o più in generale da una diversa distribuzione delle risorse alimentari che potrebbero aver indotto le gazze a cambiare rotta alla ricerca di nuove prede”.  

Il contributo dai social ha permesso di acquisire la maggioranza dei dati,  pari al 35,2%, utili a descrivere il fenomeno.  In particolare Facebook e i fotografi naturalisti  hanno condiviso foto di questi uccelli da tutte le regioni della costa tirrenica, dalla Puglia e dalle Isole Maggiori. “Per capire la rilevanza di questa percentuale basta pensare che, per questo studio, le osservazioni compiute da uscite ornitologiche mirate hanno rappresentato il 17% dei dati, mentre altri dati sono stati acquisiti da strumenti complementari come ad esempio form distribuiti a soci della Lega Navale, che hanno influito per il 14,2%.  Inoltre, i dati derivanti dai social sono preziosi perché comprendono sia informazioni “da terra”, cioè avvistamenti presso porti e lungomari cittadini, sia dal mare, grazie al contributo di velisti”, aggiunge Rosario Balestrieri (Stazione Zoologica “Anton Dohrn”). “In sole tre settimane, tra novembre e dicembre, sono pervenute centinaia di osservazioni, fra queste sono state scremate quelle che potevano riguardare gli stessi individui (per evitare doppi conteggi) ed eliminate quelle prive di un’adeguata documentazione fotografica. Grazie a tali osservazioni si è potuta censire  nel solo giorno del 27 novembre,  la presenza di 747 gazze marine nei mari italiani, un numero probabilmente sottostimato, visto che si tratta di una specie pelagica incline a stazionare anche in mare aperto”.   

  “L’esperimento ha dimostrato come la scienza partecipata o citizen-science, nata negli Stati Uniti a inizio ‘900 proprio in un contesto di censimento ornitologico, sia oggi uno strumento prezioso per la comunità scientifica per comprendere questioni ambientali e aspetti legati alla biodiversità”, afferma Vivano. “In questo caso, il flusso costante di post ci ha permesso di ricostruire il fenomeno con sempre maggiore nitidezza, consentendo di vedere in tempo reale direzione e portata degli spostamenti delle gazze.    

Dopo 150 anni, questa è la prima pubblicazione scientifica della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” dedicata agli uccelli marini: prima di questo studio l’interesse verso gli uccelli marini, come riportato dai preziosi documenti custoditi nell’Archivio SZN, era stato mostrato solo da Etienne Jules Marey, amico di Anton Dohrn vissuto a fine 800 a Villa Maria a Posillipo. Marey, dalla sua abitazione filmava animali marini e "sparava" fotogrammi ai gabbiani in volo: per questo oggi lo ricordiamo come il precursore della documentaristica scientifica”, conclude Balestrieri.  

Il gruppo che ha realizzato lo studio ha visto coinvolti per la Stazione Zoologica “Anton Dohrn”: Rosario Balestrieri (ornitologo) e Claudia Gili (veterinario, direttrice del Dipartimento CAPE); per l’Università di Siena Flavio Monti (ornitologo); per il Cnr-Iret Emiliano Mori e Andrea Viviano (zoologi) e per l’Università di Palermo Roberto Vento (ornitologo).  I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Animals.

 Patrizia Lazzarin, 21 marzo 2023

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