L’Histoire du soldat

La melodia ci coglie e ci guardiamo attorno per capire da dove nasce, lì seduti mentre aspettiamo che lo spettacolo inizi. Stasera va in scena al Teatro Olimpico di Vicenza un’opera  del compositore  russo Igor’ Stravinskij: l’Histoire du soldat, non così nota come L’uccello di Fuoco, Petrushka e La sagra della primavera, le musiche che hanno accompagnato i suoi balletti più famosi. Davanti a noi, oltre quello che ci appare come un velo che copre gli ingressi trionfali del palcoscenico, ruota sulle punte, una ballerina con un vestito di tulle che ricorda nella leggiadria le danzatrici di Edgar Degas, avvolta in un’atmosfera di movimenti simili ad arabeschi tipici dell’Art Nouveau. Essa si muove sulla pedana tonda di un carillon, e gira e gira, mentre il suono riempie lo spazio e riflette la magia di un momento incastonato nel Tempo.  Stiamo entrando dentro una fiaba a passi lenti, simili a quelli del bambino in pigiama rosso che si muove gattonando sul palco  e gioca con fogli stropicciati, su cui scrive e legge. Ci incuriosisce il contenuto. Il bimbo accompagna l’inizio del racconto, testimone silenzioso e attento, assorto. Narrazione e coreografie servono per illustrare una vicenda che in maniera diversa può toccare tanti reduci di guerra: il ritorno a casa, magari dopo anni, quando le persone e le  cose nel frattempo sono cambiate e, ricominciare la vita di un tempo  sembra una scommessa da vincere con il destino. Se un soggetto o meglio un destinatario del discorso è chiaro, il dramma o se preferiamo la tragedia, riguarda ogni uomo e il suo desiderio di acquisire, di possedere sempre di più perché sembra così facile e raggiungibile la felicità che si lega alla ricchezza. Il soldato dell’Histoire che fa il suo ingresso danzando dentro un uniforme blu turchese, nel suo borsone tiene pochi oggetti: la foto della sua fidanzata, il santo protettore e il suo violino che ha acquistato per pochi soldi. Egli è  povero. L’apparizione del diavolo, travestito da vecchio signore con un retino acchiappafarfalle lo stupisce mentre sulla riva del fiume sta suonando il suo strumento, ma ancora di più lo meraviglia la sua domanda di fare uno scambio con il suo violino. Al soldato verrà dato al suo posto un libricino da cui possono scaturire immense ricchezze. Basterà chiederle, non serve saper leggere: la conoscenza non è necessaria, è bastevole il desiderio. Stravinskij racconta nelle Cronache della mia vita pubblicate a Parigi nel 1935 la genesi e il momento della nascita dell’Histoire du Soldat: La fine dell’anno 1917 fu uno dei periodi più duri della mia vita. Profondamente abbattuto dai lutti che mi avevano colpito, mi trovavo in una delle situazioni economiche più difficili. La rivoluzione comunista che aveva da poco trionfato in Russia, mi privava delle ultime risorse che mi giungevano di tanto in tanto dal mio paese. Mi trovavo di fronte al nulla, in terra straniera e nel mezzo di una guerra. Ma egli non è solo. Con gli amici lo scrittore Charles Ferdinand Ramuz e  il direttore d’orchestra Ernest Ansermet nacque il progetto di creare un piccolo teatro ambulante da portare anche nei piccoli paesi e  che diventerà realtà grazie al sostegno economico del mecenate Werner Reinhart. L’argomento della Histoire riceve nutrimento da una raccolta di fiabe popolari russe di Aleksandr Afanas’ev  che erano state pubblicate all’inizio della seconda metà dell’Ottocento e che a Stravinskij  piacevano molto. Nell’opera  egli  decise di valorizzare la parte narrata rispetto alla musica che impegna perciò pochi strumenti. Il narratore, la mitica Drusilla Foer, al Teatro Olimpico di Vicenza, in un angolo della scena, come nelle prime rappresentazioni, ha modulato con le sue tonalità e timbri di voce, lo stupore, la rabbia, il dolore, l’entusiasmo, la paura, la gioia e la tristezza dei protagonisti.  Il soldato, il diavolo, la principessa, … hanno “ceduto” la parola a Drusilla. A loro sono rimasti i gesti e la danza che comunicano con il corpo il loro sentire per parlare anche alle persone più semplici. La musica, diretta dalla stimata Beatrice Venezi, alternava una marcia, una pastorale, una marcia reale, un tango, un valzer e un rag- time. Il compositore era stato infatti entusiasta, come aveva scritto, di una quantità di musiche di carattere popolare, di origine afroamericana con un metro nuovo, sconosciuto che si sono ascoltate proprio in questa ultima parte dello spettacolo. Il nostro protagonista, il soldato, si farà tentare dalle lusinghe del diavolo, gli insegnerà a suonare anche lo strumento, ma … i tre giorni che aveva pattuito con Belzebù o Mefistofele, o se preferiamo ancora  Lucifero, nella realtà degli uomini si  erano trasformati in tre anni. Troppo tempo, quando egli tornerà a casa lo crederanno un fantasma e gli amici non lo riconosceranno. Così la madre, la fidanzata andata in sposa a un altro. La storia continua … egli diventa ricco, sempre più ricco, solo, sempre più solo, con l’unico rimpianto e desiderio  di tornare il giovane soldato di un tempo. Rinuncerà alle ricchezze, vincerà sul diavolo, sposerà una principessa, ma il desiderio di rivedere una volta la sua famiglia gli sarà fatale. La maledizione del Diavolo che gli vietava per essere salvo di non varcare i confini del suo regno, gli costò la vita nel momento che egli trasgredì il divieto. Ancora una volta il soldato non si era accontentato di sposare una principessa e di avere un regno, una nuova famiglia. Voleva ancora  … voleva anche il passato. La voce di Drusilla che ripete: Non si può avere tutto … Tutto è niente, niente è tutto …  tutto è niente, sigla il messaggio più forte dell’opera che si conclude con l’entusiasmo del pubblico che applaude.                                                                 Patrizia Lazzarin, 8 ottobre 2022

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