Carpaccio, dipinti e disegni

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Vittore Carpaccio è stato un grande narratore e i suoi dipinti ricchi di particolari che definiscono con maestria, paesaggi, piante, animali, palazzi e indumenti sono, nella varietà della tavolozza di colori, uno specchio della società del tempo e ne rivelano gli atteggiamenti e i costumi. Il pittore nacque nel 1465 e operò nel pieno Rinascimento veneziano arricchendo il suo discorso pittorico della lezione di Bellini, dei Vivarini e del confronto con personalità come Antonello da Messina, Dürer, i maestri fiamminghi, toscani, e ferraresi. Una bella occasione è la mostra che si è aperta a Palazzo Ducale il 18 marzo per conoscere e approfondire il suo percorso artistico dagli anni del suo esordio fino al suo tramonto. Dentro di essa potremmo ammirare in particolare le opere oggi in musei e collezioni internazionali, oppure nelle chiese degli antichi territori della Serenissima, dalla Lombardia all’Istria alla Dalmazia. Sono quarantadue dipinti e 28 disegni, dei quali sei sono recto/verso. Pittore originale, celebrato per i suoi cicli, egli svolse il suo racconto sacro su grandi tele, note come teleri. Eseguì quattro cicli narrativi completi per le Scuole veneziane di Sant’Orsola, quella Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone (o degli Schiavoni), degli Albanesi  e di Santo Stefano. Le scuole veneziane erano confraternite devozionali laiche, espressione della classe borghese, mercantile e imprenditoriale. L’unico di tali cicli rimasto nella sede originaria è quello degli Schiavoni, non lontano da Palazzo Ducale. Gli altri sono stati smembrati. Tuttavia questa rassegna offre l’opportunità di vedere riunito il ciclo della Scuola degli Albanesi, diviso dopo il 1806. Questi dipinti vennero compiuti contemporaneamente a quelli della Scuola dalmata e si ispirano alla narrazione popolare dei Vangeli Apocrifi contenuta nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Anche qui si notano alcuni dei segni distintivi dell’arte del pittore, come il gusto per la descrizione e quel carezzevole senso dell’umano che riconosciamo anche nelle Madonne all’inizio del suo fare artistico. Un’altra scoperta di cui possiamo fare tesoro è la Madonna con bambino, databile verso il 1488/1489, ritrovata recentemente nei depositi de VETOR SCHARPACO (2012) e, restaurata che contiene sul davanzale inferiore la firma VETOR SCHARPACO, l’originario nome della famiglia, poi latinizzato.  Essa si qualifica quindi come opera giovanile e come la prima nota del pittore. L’acuta capacità di osservazione unita a quella visionaria e fantastica che ebbe sapiente espressione nei teleri si manifestò anche nelle rare opere di destinazione domestica come le storie di Ceice e Ippolita, o nei ritratti come quello del Doge Loredan o della Gentildonna con libro. La sorte ha voluto che rimanesse di lui quello che è anche il maggior corpus grafico di un pittore del suo tempo. Si è rivelato un eccellente disegnatore e i fogli conservati, spiegano gli studi da lui effettuati  per definire l’articolazione dello spazio e delle figure, i dettagli e i particolari e soprattutto le luci, giocando con gessetto nero, inchiostro e bianco di biacca e sfruttando anche il fondo della carta grigio azzurra. Si riuniscono  per questa esposizione inoltre le due parti di una scena in origine unitaria. Sono le Due dame del Museo Correr e La caccia in laguna. Due donne nobili si mostrano eleganti, ma annoiate su un balcone popolato di cani, uccelli e altri animali mentre attendono il ritorno dei mariti dalla caccia in laguna. Brani di natura si uniscono a quelli di costume, per un’opera, solo nella parte delle Dame, che il celebre storico inglese John Ruskin ebbe a definire il quadro più bello del mondo. Questa rassegna è la prima monografica sul pittore dopo quella lontana del 1963 e alla luce anche dei recenti restauri offre nuove opportunità di conoscenza. La Sacra Famiglia in fuga dall’Egitto nelle ultime sale, in uno spazio a lei tutto dedicato, vuole evidenziare la qualità dell’intensità poetica della sua pittura nella sua piena maturità. Ci colpisce per la bellezza del  paesaggio, pervaso da un nitore che fa splendere i luoghi, i cieli e i prati e per la qualità nel dettaglio che si manifesta nel mantello della Madonna. Il panneggio della  veste che la ricopre, pesante per la consistenza del filo dorato con cui è tessuto, si apre nel fondo per rivelare la morbidezza del velluto blu, colore mariano. Sono riferimenti colti alla fiorente produzione tessile veneziana. La rassegna, riunita nell’appartamento del Doge si è potuta concretizzare grazie alla collaborazione tra il MUVE e la National Gallery of Art di Washington. Essa che ha la curatela di Peter Humfrey,  curatore dei Musei Civici di Venezia e di Gretchen Hirschauer, curatrice della pittura italiana e spagnola alla National Gallery of Art of Washington, sarà visibile fino al 24 settembre 2023

Patrizia Lazzarin, 17 marzo 2023

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Antonello da Messina a Palazzo Reale di Milano

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Lo stupore e la magia degli sguardi che rendono vitali i  personaggi ritratti accanto alla forza e al vigore  che si leggono nei  loro volti,   arricchiti dalla lucentezza di un  colore straordinario che condensa i risultati  della pittura rinascimentale del Nord e del Sud d’Europa,  costituiscono la cifra stilistica peculiare della pittura di Antonello da Messina, artista fra i maggiori del nostro Quattrocento,   le cui opere saranno visibili nella mostra inaugurata a Palazzo Reale a Milano  il 20 febbraio   e che rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno 2019. Mancava un progetto dedicato ad Antonello da Messina. Le ragioni sono diverse: poche e bellissime sono le opere del pittore  salvate dalla distruzione provocata dagli  avvenimenti naturali  e dall’incuria degli uomini e  la difficoltà di riunire  i quadri sparsi nei   musei di tutto il mondo, ha spiegato  il  direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina. Questa esposizione che per la prima volta a Milano permetterà di vedere diciannove delle trentacinque opere che fanno parte della sua autografia ,   ha detto l’assessore alla Cultura  del Comune di Milano, Filippo del Corno,  si è resa possibile grazie alla collaborazione di istituzioni museali  italiane e straniere. Un lavoro di equipe di alta specializzazione  coordinato  dalla Regione Sicilia e dal  Comune di Milano che ha il pregio di fare  focus sul pittore messinese che ha rivoluzionato grazie, ad una particolare tecnica ad olio, ma si potrebbe precisare anche attraverso un diverso modo di svelarci i segreti dell’umano,  il modo di dipingere. Le sue invenzioni che traggono ispirazione  dal mondo fiammingo ma  che egli  ha declinato con un  personale intendimento che mescola tempera ed olio e si sbizzarrisce con velature incantevoli, ci restituisce volti che potremmo, affascinati, osservare per lunghe ore per udire le frasi  che essi sembrano sul punto di pronunciare  o  solo per scoprire le intenzioni celate che lasciano suggerire le loro posture. Il ritratto d’uomo, detto anche d’ignoto marinaio, proveniente dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù, ci incuriosisce per il suo  sorriso ironico e ci riporta alla memoria  un altro famoso movimento delle labbra  della storia dell’arte italiana, quello della Gioconda di Leonardo da Vinci.  In un altro quadro  Il ritratto d’uomo, detto anche   il Condottiero la particolare resa dei tratti fisiognomici: occhiaie, qualità e colore della pelle, piccole cicatrici e acconciatura dei capelli individuano un’abilità ritrattistica ineguagliabile. Un’occasione di rilievo per la valorizzazione del patrimonio culturale siciliano ha definito l’esposizione di Milano, l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Sebastiano Tusa e l’Annunciata l’opera simbolo di Antonello da Messina rimarrà come ricordo di un’operazione culturale straordinaria. L’Annunciata, l’icona della pittura del nostro Quattrocento che campeggia ovunque: nel catalogo, nelle locandine e in tanti oggetti presenti in mostra, ha la delicatezza e il fascino del mistero femminile che essa incarna. Il manto azzurro rivestito di lapislazzuli che le circonda il volto la avvolge del colore di un cielo infinito. Si scardina l’impaginazione tradizionale dell’Annunciazione, scompare l’angelo e il turbamento di questo evento si traduce negli occhi e nel movimento impercettibile delle mani della Vergine. Essa incanta da ovunque si guardi.  Il valore di questo pittore è chiaramente espresso già nelle parole siglate nel cartellino di un’opera  del figlio di Antonello da Messina, presente in mostra, La Madonna con il bambino dell’Accademia di Bergamo, dove Jacobello si definisce figlio di un pittore non umano, ossia  divino. Questa consapevolezza e  questi meriti sono stati sottolineati sia dal curatore della mostra, il professore Giovanni Carlo Federico Villa nella chiusura del suo discorso di presentazione, sia dal professore Vittorio Sgarbi in  apertura al  suo intervento.  Giovanni Villa  parlando di Antonello da Messina e del grave fatto che solo ottant’anni dopo la sua  morte si erano già perse tracce e documenti, ha indicato  il valore aggiunto dato dalla presenza a Palazzo Reale di  sette taccuini  e  di diversi fogli ricchi di annotazioni di Giovan Battista Cavalcaselle, lo studioso dell’Ottocento, autore della monumentale Storia della pittura italiana, che per primo riuscì a ricostruire il percorso pittorico del pittore siciliano. Grazie ai taccuini possiamo meglio comprendere la particolare tecnica di Antonello da Messina, che si presenta diversa da quella fiamminga e da quanto si stava elaborando allora in Veneto. Uno dei capolavori del maestro è sicuramente la tavola con San Gerolamo nello studio che rivela le sue capacità prospettiche e di resa architettonica arricchite da un uso sapiente della luce essenziale nel ricreare lo spirito di concentrazione dello studioso immerso in uno spazio chiuso, ma al tempo stesso in relazione attraverso le finestre con la natura. Ogni cosa è descritta con acribia minuziosa dove oggetti e animali come il pavone denotano valori simbolici. Quest’uccello rinomato per la sua bellezza allude all’immortalità, mentre la pernice alla tentazione o anche alla verità.

 La Crocifissione di Sibiu, dipinta su una tavola di pero, essenza piuttosto rara, mostra influenze dell’arte borgognona nelle parte inferiore del dipinto dove incontriamo le Marie: qui troviamo riferimenti anche a monumenti, come il monastero basiliano di San Salvador, della Messina del tempo: tratto tipico di un tipo di religiosità, la devotio moderna, dove ci si avvicina al sacro attraverso la meditazione sulla quotidianità. Un tema sul quale Antonello ha lavorato molto nel corso del suo percorso artistico è l’Ecce Homo. Soffermandoci sull’esemplare del Collegio Alberoni di Piacenza notiamo la mestizia di questo volto dove le lacrime acquistano lucentezza e  i segni della sofferenza  della corda che disegnano ombre sul corpo, ma in particolare osserviamo le labbra piegate verso il basso assieme agli occhi con le sopracciglia, anch’esse inclinate verso il basso. Questo  Cristo sembra riportarci al  Vangelo di Giovanni, quando Pilato ordina di far flagellare Gesù, dopo aver chiesto se vogliono libero Barabba o il figlio di Dio. Un figlio qui più uomo, nella delusione che gli si legge nel volto che reca lo sgomento  per l’incomprensione del male degli uomini. Sul  polittico di Firenze- Milano: la Madonna con il Bambino  e due angeli reggi corona con San Giovanni Evangelista e San Benedetto si è soffermato al termine della conferenza stampa, Vittorio Sgarbi per narrare le carambolesche avventure che hanno portato alla sua riunione: vicende fatte di riconoscimenti contrastati, acquisti e  restauri  complessi. La storia dell’arte  spesso racconta di molti polittici smembrati e poi dispersi in palazzi, in chiese e in magazzini di musei spesso  interrompendo così quel fascinoso dialogo che questi insiemi di tavole costruiscono fra i personaggi rappresentati. Dialoghi silenti che li uniscono come nel polittico in mostra. Quando questi pezzi si rimettono insieme ,anche se solo per poco tempo,  si completa un mosaico  a cui mancavano i pezzi  e si ricomincia  una misteriosa narrazione interrotta. Nel catalogo dell’esposizione prodotta da MondoMostre Skira la maestria nella riproduzione delle opere ci restituisce ancora la qualità della materia pittorica di Antonello da Messina in particolare nei numerosi ingrandimenti dei particolari dei quadri, spiegati in approfondite schede tecniche che ne svelano i contenuti e la storia.

Patrizia Lazzarin, 21 febbraio 2019

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