Il coraggio di Macron, ora tocca ai riformisti italiani

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Con Gabriel Attal Macron rinnova, ora tocca all'Italia

Ancora una volta Emmanuel Macron ha sorpreso un po’ tutti nominando primo ministro Gabriel Attal, trentaquattro anni, ministro dell’Istruzione uscente, il più giovane primo ministro della Quinta Repubblica, gay (è sposato con il capogruppo di Renew Europe Stephane Sejourné). In un momento non facile, ecco che il presidente francese ha giocato la carta del rinnovamento, un forte rinnovamento. Esce di scena la sbiadita Elisabeth Borne alla vigilia ormai di elezioni europee che per Ensemble, la formazione politica di Macron, si annunciano difficili a causa del convergente assalto a lui mosso da destra e da sinistra. La scelta di Attal è comunque un segno del vitalismo dell’inquilino dell’Eliseo che va verso la parte conclusiva del suo regno, nella quale deve porsi anche il problema della successione. Da questo punto di vista, Attal sembra avere qualità notevoli, unite al vantaggio di essere giovane, anche se è chiaro che è ancora prematuro vedere nel nuovo primo ministro il delfino designato alla ennesima corsa all’Eliseo. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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I sovranisti a Firenze, gli europeisti a Caserta. E Meloni?

Si avvicinano le elezioni europee, i partiti scaldano i motori...

Le due Europe in Italia, domenica. La campagna elettorale per le elezioni europee in un certo senso comincia dopodomani con due eventi speculari. L’ultradestra, che in Italia ha il suo portabandiera in Matteo Salvini, si incontra a Firenze con due vistose assenze, le figure più importanti diciamo pure, Marine Le Pen e  Geerts Wilder, fresco di primato elettorale nella sua Olanda ma alle prese con il rompicapo di riuscire a formare una maggioranza e un governo tanto che ha declinato l'invito salviniano perché appunto impegnato nelle trattative, una cosa un po' più importante del triste raduno dei leghisti e di varia umanità più meno nazi-fascista. Manderà un videomessaggio, come Marine. Il minimo sindacale. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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Le vittorie del centro in Europa. L’Italia dove vuole andare?

Prima la Spagna, poi la Polonia, e l'Italia chi sceglie?

Sul voto polacco ha ragione Alessio De Giorgi, che sul Riformista di ieri ha scritto che «si vince al centro». Aggiungendo: «Straordinaria è l’affermazione della “Terza Via”, il raggruppamento centrista guidato da un partito che aderisce a Renew Europe: sono loro ad assicurare la maggioranza al futuro governo di Tusk con un ottimo quattordici per cento» (...) Da Varsavia e verosimilmente da Londra dunque giungono e giungeranno le famose "lezioni" che tuttavia in Italia non sembrano copiabili: sono scritte davvero in altre lingue. La questione, che si trascina ormai da anni, investe i partiti e i raggruppamenti che si autocollocano al centro del quadro politico: Azione, Italia Viva, Più Europa, l'associazione Per, i Libdem europei e altri. C'è da dire che a tutt'oggi Carlo Calenda, Matteo Renzi, Riccardo Magi, Elena Bonetti, Andrea Marcucci e i vari esponenti di queste sigle non sono riusciti a spiegare in che modo un centro possa crescere e diventare forte nel nostro Paese, cioè si capisce la ragione di fondo del loro impegno – costruire un'alternativa riformista al bipolarismo, che loro definiscono populista, fondato sostanzialmente su Fratelli d'Italia, Movimento 5 stelle e Partito democratico nel nome della visione europeista e atlantista di Mario Draghi e di una politica più pragmatica e meno ideologica – ma non sembra ancora essere chiaro il "come" farlo. Il commenti di Mario Lavia su LInkiesta.

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