Il Piano dell'Europa per Lampedusa, cosa non funziona

Immigrazione. il piano Von der Leyen-Meloni non può funzionare

Il controllo dell'immigrazione dal fronte Sud. I problemi veri sono giganteschi, l’immigrazione è solo una parte. E finché l’Ue non si doterà di una politica estera unitaria non verranno affrontati. L’accordo con la Tunisia ne è la prova. La visita a Tunisi del premier Meloni con von der Leyen al seguito non ha sortito effetti perché è stata una iniziativa italiana e non ha coinvolto la Francia, altro stato chiave per il Nordafrica. Agire con la Tunisia coinvolgendo gli altri partner europei significativi sui problemi del paese è prioritario, poi viene il tema immigrazione. Il commento di Paolo Lambruschi su Avvenire.

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Le due anime della Meloni

Immigrrazione, le contraddizioni di Giorgia

La contraddizione tra la posizione di Salvini, abbracciato all'esponente più rappresentativa della destra antieuropeista, contrarissima a qualunque forma di solidarietà europea sui migranti, e la posizione di Meloni, al fianco della presidente della Commissione europea, è nulla in confronto alla contraddizione tra la posizione di Meloni e quella della stessa Meloni di appena due giorni prima, quando la nostra presidente del Consiglio volava in Ungheria a omaggiare Viktor Orbán. Insieme al governo polacco (altro alleato-chiave di Meloni), Orbán è infatti il principale avversario di qualunque accordo sulla redistribuzione dei migranti, e più in generale di ogni passo avanti nel processo di integrazione europea. Non a caso è anche il principale cavallo di Troia a disposizione di Vladimir Putin all'interno dell'Unione, almeno a fino a quando Le Pen non dovesse vincere le elezioni presidenziali in Francia (i rapporti, anche economici, tra la Russia di Putin e il partito di Le Pen sono ampiamente documentati, così come il pieno sostegno dei nazional-populisti francesi alle posizioni di Mosca, a cominciare dall'annessione della Crimea). Prima di accreditare evoluzioni di scarsa consistenza e conversioni di dubbia affidabilità, bisognerebbe ripensare a un caso assai simile, quello del Movimento 5 stelle, che ha già fatto lo stesso percorso, in entrambe le direzioni: antieuropeista e filo-russo prima (dai tempi dell'opposizione fino al primo governo Conte compreso), europeista e atlantista poi (dal secondo governo Conte fino al governo Draghi), adesso sostanialmente rifluito sulle posizioni iniziali, specie per quanto riguarda la Russia, giusto con un po' di ipocrisia in più per salvare le apparenze. Oggi, ad esempio, nessun esponente del M5s si sognerebbe di partecipare al congresso del partito di Putin e tantomeno di definire l'Ucraina uno «stato fantoccio della Nato» (del resto, non ne hanno bisogno, per questo bastano gli analisti del Fatto quotidiano).Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

 

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Meloni ha ancora pulsioni sovraniste

Meloni a Budapest sposa le tesi orbaniane

Meloni vive una dicotomia irredimibile tra aspirazioni da statista europea e ritorni di fiamma identitari. Ma deve decidere cosa vuole essere nei prossimi dodici mesi, dopo il rodaggio del primo anno di governo. Una mano, a capire la direzione da intraprendere, ancora una volta, gliela potrà dare Mario Draghi. Per ironia della sorte, l’ex premier, il fuoriclasse che l’Italia vanta, è tornato a essere un problema e un’opportunità per la premier e per la sua maggioranza che lo ha disarcionato nel 2022. Non fatevi ingannare dalle parole della stessa Meloni e del ministro Francesco Lollobrigida che fanno finta di applaudire ed elargiscono elogi pelosissimi. Più sincero Matteo Salvini che, per non fare polemiche, ha detto di non pensare nulla dell’incarico che Ursula von der Leyen ha affidato all’ex presidente della Banca centrale europea di redigere uno studio sulla competitività e i grandi temi economici. Ne scrive Amedeo La Mattina su LInkiesta.

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