Una scuola tutta da immaginare

Una scuola tutta da immaginare

Seminario internazionale dell'ADi: "Immagina. Scuole del XXI secolo"

Si può fare. Si può cambiare la scuola. Questa è stata l'atmosfera che si respirava al Seminario dell'ADi:[1] tante teorie, differenti modelli educativi, tutti molto stimolanti, esperienze –italiane ed europee – con un comune denominatore: Innovazione! Ma, andiamo per ordine.

Cambiare, perché? Che cosa non funziona oggi nella scuola?

Innanzitutto, non è la "scuola di tutti" come ha sottolineato Luigi Berlinguer (in videoconferenza), se oggi ancora ¼ degli studenti lascia gli studi prima del termine, se non vi è un' uguaglianza nell' offerta dei percorsi scolastici e soprattutto se la scuola non svolge più il ruolo di "ascensore sociale"

- Vi è un mancato allineamento tra scuola e mondo del lavoro

- La scuola non è riuscita ad adeguarsi al cambiamento epocale, anche se, come ha sottolineato Mario Dutto, dovrebbe essere la scuola a far da traino al cambiamento della società. Si tratta di un mondo complesso, caratterizzato da: non linearità dello sviluppo, interconnessione, incertezza, imprevedibilità, casualità. Tutti fattori a cui il percorso scolastico non sembra attrezzare i futuri cittadini

- Persiste una divisione tra le materie, che impedisce ai ragazzi di capire la complessità e di acquisire le necessarie competenze per affrontare la società futura

- Domina ancora un modello di insegnamento trasmissivo (se è vero che l'80% delle scuole primarie basa l'insegnamento esclusivamente sulla lezione frontale!), invece di un insegnamento per competenze, disciplinari e trasversali

- La scuola non prepara a risolvere problemi, come emerge dalle indagini internazionali, che denunciano ancora ritardi rispetto agli altri Paesi Ocse (anche se in minor misura per il Nord Est e il Nord Ovest dell'Italia)

- E'alto il cosiddetto "divario digitale", sia nella strumentazione degli istituti, sia nelle competenze dei docenti; ma problemi vi sono anche per gli studenti, che avrebbero bisogno di una guida nell'utilizzo di internet e dei dispositivi digitali, più in generale

- L'autonomia scolastica non è stata pienamente realizzata, con la rigidità di orari, discipline (il famoso 20% di opzionalità sul monte ore), pratiche organizzative, ecc.

- Assenza di attenzione alle relazioni personali, all'emotività, alla creatività, componenti fondamentali dell'apprendimento, a favore di una conoscenza esclusivamente analitica

- Con i tagli alla scuola è mancata negli ultimi anni una opportuna formazione iniziale e, soprattutto, in servizio degli insegnanti (che hanno cercato il loro aggiornamento all'esterno della scuola)

- Divario tra mondo accademico e mondo scolastico: i nuovi concetti nati nel mondo della ricerca (come annotava Norberto Bottani) spesso hanno suscitato paure e perciò sono stati evitati, oppure attrazione e allora hanno sedotto, ma col rischio di essere deformati.

Che cosa fare?

Più che di "innovazione" bisognerebbe pensare ad una "rifondazione" della scuola pubblica. Questo è il pensiero di R.F. Gauthier, professore all'Università parigina, esperto di comparazione educativa internazionale, il quale ha denunciato la disillusione nei confronti della scuola, che si registra in Francia come in Italia. Bisognerebbe rifondare la posizione dello Stato nell'educazione affinché vigili sulla qualità, ma insieme sull'equità del sistema, e che definisca una base condivisa dei saperi pure nel rispetto delle differenze; l' organizzazione scolastica, che deve diventare "coerente", "trasparente" e "omogenea", non in mano ai tecnocrati he pensano solo a "selezionare"; lo statuto dei saperi, non più semplici conoscenze enciclopediche da trasmettere. quanto invece da esplicitare nel loro processo di produzione, saperi aperti al mondo extrascolastico, personalizzando il loro insegnamento, ma senza facili lassismi; la nozione di studente, da vedere come persona unica nella sua diversità invece che esclusivamente come "allievo"; la nozione di insegnante, non più da intendersi come operaio "specializzato" della disciplina, ma come intellettuale responsabile capace di padroneggiare una diversità di saperi.

Quindi, una nuova didattica, che sia frutto di un percorso che parta dalla scuola stessa e in cui il "digitale" sia solo un'opportunità, una dimensione dell'insegnamento. Se nessun studio ha ancora dimostrato che le nuove tecnologie siano positive è altrettanto vero che per i ragazzi è più interessante lavorare con tablet e netbook; importante è la possibilità offerta dalle nuove tecnologie di rendere i ragazzi protagonisti degli ambienti di apprendimento (Giovanni Biondi). La sfida del futuro sarà più pedagogica che tecnologica!

E quali caratteri dovrà avere l'ambiente di apprendimento per stimolare motivazione, autostima e quindi creatività? Per Lucia Mason, docente di Psicologia dell'Educazione nell'ateneo padovano, si dovrebbe tendere a: dimezzare i contenuti, introdurre una maggiore opzionalità nelle scelte, avere orari più distesi, valorizzare il corpo attraverso l'esercizio fisico (prima del compito da affrontare, negli intervalli tra le lezioni, perché mette in moto serotonina e dopamina), creare fiducia fra insegnante e allievo, operare con la riflessione meta-cognitiva, cioè con l'accesso consapevole e il controllo del proprio pensiero, personalizzare i percorsi, il che significa trovare un giusto equilibrio fra capacità e sfide, in base alle competenze di ciascuno, perché è stato dimostrato che le emozioni positive(motivazione, interesse, aspettative, ed anche percezione della propria competenza) facilitano i processi di apprendimento.

Messaggio ribadito da Davide Antognazza (docente all'Università svizzera SUPSI). Se le nostre scelte quotidiane sono il prodotto di razionalità ed emotività e se le emozioni negative non aiutano l'apprendimento, così come un contenuto neutro o un processo insignificante, sarà necessario prestare attenzione a diversi fattori: pregnanza del messaggio, clima della classe, tratti della personalità degli allievi (al centro dell'attenzione dell'insegnante, il quale può intervenire per insegnare grinta, autocontrollo, autostima e coraggio). Ebbene, tutto questo si può ottenere senza risorse economiche, se non quelle di un'adeguata formazione degli insegnanti e la valorizzazione e la condivisione delle "buone pratiche".

In tale direzione, secondo le parole di Marc Durando, direttore della rete di 31 ministeri dell'istruzione europea, si muove il Movimento delle Avanguardie educative, voluto dall'Indire, che si propone come altre piattaforme a livello europeo (eTwinning, Future Lab e altri) di promuovere una innovazione condivisibile, affrontando tre nodi educativi centrali: l'organizzazione didattica, il che significa trasformare il modello di insegnamento trasmissivo, sfruttare le ICT, connettere i saperi della scuola ai saperi esterni ad essa (cultura giovanile, mondo del lavoro), investendo sul capitale umano (mediante condivisione e responsabilità dei processi); gli spazi-scuola, creando nuovi spazi per l'apprendimento, trasformando aule, corridoi, cortili, più simili ad ospedali e prigioni che a luoghi educativi); il tempo-scuola, che deve essere riorganizzato, reso più flessibile.

La classe del futuro dovrà usare video, chat, computer, cloud, insegnamento collaborativo, interattività, lavoro per progetti, insegnanti "mentory". Gli insegnanti dovranno essere ricercatori, organizzatori dei processi di apprendimento, esperti di analisi dati, dovranno avere la capacità di giudizio sul proprio insegnamento e imparare insegnando. Quanto alla dispersione delle scuole, è necessario confrontarsi fra i diversi istituti su curricolo, valutazione, nuovi processi di insegnamento come l' apprendimento auto diretto, la flipped class, l' apprendimento mobile (fuori/dentro la scuola, grazie ai dispositivi mobili). Per una piena attuazione dell' autonomia scolastica, le sfide sono: la governance dell'innovazione, la formazione iniziale e la formazione in servizio degli insegnanti

Come fare? Qui sono state presentate diverse esperienze, che possono fornire utili suggerimenti, pure se applicate in contesti molto differenti

Alfonso Molina, docente di Strategie delle Tecnologie a Edimburgo, per attrezzare i viaggiatori del 21° secolo con i life skills (problem solving, creatività, ecc.) e con le competenze per la cittadinanza ( relazionarsi, ricercare, collaborare, essere all'erta, ecc.) per un apprendimento in tutti gli ambienti di vita (life wide learning), ha proposto la "Palestra dell'Innovazione" creata dalla Fondazione "Mondo Digitale", un luogo sia fisico che virtuale (phirvirtual). Le scuole che aderiscono alla rete nazionale di palestre (ad oggi, sono 90), in accordo col Miur, si propongono di partire dalla realtà scolastica esistente per creare un ambiente esperienziale per la vita, uno spazio aperto al territorio, un luogo di incontro tra vecchie e nuove professioni. Come esistono laboratori di fisica o di chimica nelle scuole, così si propongono robotic center (per l'insegnamento della robotica), spazi di giochi (lego), fablab, per la fabbricazione digitale e tradizionale (ad esempio, un abito da sposa), per il problem solving,il team building & leadership. Un esempio, insomma, di sviluppo di un nuovo modello di educazione che apra il corpo e la mente alle continue evoluzioni della società, nel settore delle tecnologie e della comunicazione.

Un altro approccio è stato presentato da Alison Critchley, direttore esecutivo delle RSA Academies: Opening Minds, un progetto che coinvolge cinque Academies (scuole pubbliche, con grande autonomia sul curricolo e sulla gestione del personale) a Birminghan e dintorni, in aree svantaggiate che propone un insegnamento olistico, che sposti la sua attenzione: dalle singole materie all'insegnamento ai bambini, dalla semplice preparazione ai test a quella per l'università e il mondo, dal lavoro solitario delle scuole alla collaborazione reciproca, per portare avanti progetti che funzionino. Il raggiungimento di tali obiettivi presuppone Unità di apprendimento più lunghe, minor numero di insegnanti per classe, tempo per l'arricchimento della cultura nella giornata scolastica e, infine, un apprendimento legato al mondo reale.

Sempre in Olanda, la scuola Nike-Agora, un istituto professionale (privato, ma ugualmente finanziate dallo Stato) prevede per ogni studente un percorso personalizzato. Cinque sono i "mondi" di Agora : scientifico, artistico, sociale, etico, spirituale. Non vi sono libri di testo, né programmi e nessuna selezione basata sui livelli. Ogni gruppo è costituito da 35 ragazzi. Si combatte contro le norme, ma degli ispettori vanno regolarmente a visitare questi istituti scolastici!

In Italia, peraltro, si sta affermando un altro approccio didattico che favorisce lo sviluppo delle competenze mettendo al centro del processo educazionale l'alunno. Ne ha parlato Enzo Zecchi, fisico teorico e ideatore del metodo Lepida Scuola , una didattica per problemi, progetti e competenze con un approccio costruttivista , che avviene, con didattica tradizionale mixata con una didattica centrata sull'alunno. I problemi sono il fulcro dell'attività e spingono lo studente a impossessarsi dei contenuti necessari . Vi è di conseguenza una nuova conformazione del gruppo classe. Non più il docente che parla e i ragazzi che ascoltano, ma un coach che guida i gruppi di progetto (vd. cooperative learning). Si trasforma quindi la classe in un ambiente di apprendimento mediante casi, problemi, progetti da risolvere: ideazione, pianificazione, esecuzione, chiusura sono le fasi che portano poi ad una valutazione "autentica"mediante checklist, performance list, rubric (tabella con le voci da valutare). Oggi, tutto ciò è facilitato dalle ICT e la classe, grazie ai device personali, diventa laboratorio (basta il wifi), simile agli ambienti fuori dalla scuola, dove si lavora per progetti.

Il lavori sono stati conclusi dalle parole di Alessandra Cenerini, presidente dell'ADi, che hanno sintetizzato molto bene lo spirito del Seminario. E' stata rivolta una richiesta estremamente concreta al MIUR, presentata a nome dell'associazione e condivisa dai presenti con un lungo applauso: rafforzare l'autonomia delle scuole attraverso provvedimenti legislativi ad hoc, che permettano ad alcune scuole, disposte davvero al cambiamento e alla progettazione, di "scegliere i docenti in base ai progetti che vogliono realizzare"; portare, quindi, l'orario complessivo dei docenti a 30 ore settimanali, superando l'intangibilità di quel "corpus domini" dell'organico che ha impedito finora anche l'attuazione di quel 20% di flessibilità oraria già previsto nell'art. 11 della cosiddetta Legge sull'autonomia.

Una bella sfida!!!!

Clara Manca - Cidi - Torino - 18 marzo 2015

[1] L'ADi (Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani) ha tenuto il suo Seminario internazionale annuale a Bologna, il 27 e il 28 febbraio, nella Biblioteca di San Domenico, dal titolo: Immagina. Scuole del 21° secolo: idee e pratiche visionarie.

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