Mossa Gentiloni-Breton "Un fondo per la rinascita con bond a lunga scadenza"
Serve un Fondo per la rinascita che attraverso l’emissione di bond raccolga 1500-1600 miliardi di euro. La proposta non è solo il segnale che l’asse italo- francese si salda anche a Bruxelles. È qualcosa di più: il testo firmato da Paolo Gentiloni e Thierry Breton, pubblicato sul la Faz online, fa scendere in campo la Commissione europea — o almeno un suo pezzo importante — nell’aspro dibattito tra governi sugli Eurobond. E lo fa con un preciso obiettivo: convincere Germania, Olanda, Austria e Finlandia che l’emissione di titoli comuni non costituirà un azzardo morale, che i loro soldi non andranno sprecati. Al contrario, potrebbero essere gestiti dalla Commissione europea per finanziare il grande Piano Marshall con il quale Ursula von der Leyen intende far uscire l’Europa dalla peggior recessione degli ultimi 70 anni puntando tutto sui settori del futuro (e cari in particolare ai nordici): verde e digitale.
A scriverlo sono due commissari di peso, appunto Gentiloni e Breton, rispettivamente titolari di Economia e Industria. Lo fanno per raggiungere i diversi punti di vista sparsi per il Continente. E soprattutto intervengono nel dibattito a poche ore dal decisivo Eurogruppo di domani, la riunione dei ministri delle Finanze chiamata a varare le misure anti-crisi.
Un tempismo studiato dai due firmatari e probabilmente concordato con una serie di capitali. Non a caso, i due si legano proprio alla proposta di creare un Fondo Ue coniata dal ministro delle Finanze di Parigi, Bruno Le Maire, e sostenuta dai governi di Italia (ieri il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, ha apprezzato la mossa Gentiloni-Breton), Spagna e degli altri Paesi amici della solidarietà, una decina di nazioni di tutte le aree geografiche dell’Unione. Gentiloni e Breton parlano di «un Fondo europeo espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine». E ancora, «uno strumento di finanziamento non convenzionale con una governance che consenta di evitare qualsiasi "moral hazard"» e destinato esclusivamente al sostegno di misure «legate alla crisi attuale ». Come dire, non si tratta di mutualizzare per sempre i debiti nazionali, ma un’emissione una tantum con risorse governative destinata solo a reagire alla recessione da Covid. A ulteriore garanzia, i commissari propongono di riversare i soldi nel bilancio dell’Unione «per anticipare e poi completare » l’aumento delle sue capacità auspicato da von der Leyen per il Piano Marshall Ue.
Anche le cifre assomigliano molto a quelle chieste da Conte, Macron e Sanchez: «1500-1660 miliardi ». Ammontare al quale Gentiloni e Breton arrivano con un calcolo politicamente ragionato. Ricordano che la Germania ha messo in campo il 10% del Pil nazionale, lasciando implicitamente capire che non tutti i governi dispongono di simili risorse. E poiché è necessario garantire che la crisi da Covid-19 non alteri la concorrenza tra europei in favore delle industrie dei Paesi più ricchi («nessuna economia deve restare vittima isolata della pandemia»), suggeriscono di mobilitare il 10% del Pil dell’Unione. Appunto un trilione e mezzo.
Insomma, così come per Roma e Parigi, anche per i due commissari Ue non bastano i 750 miliardi messi in campo dalla Bce, la sospensione del Patto di stabilità e il pacchetto in arrivo sul tavolo dell’Eurogruppo di domani con tre misure da 540 miliardi. «Serve un quarto pilastro di finanziamenti », scrivono Gentiloni e Breton. Dialettica uguale a quella di Italia e Francia. Che sia la mossa decisiva non è detto, di sicuro è un altro robusto tassello per sminare gli ancestrali timori dei nordici legati alla condivisione dei debiti.
Alberto D’Argenio – la Repubblica – 6 aprile 2020