Che storia ha l’Afghanistan

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In molti hanno provato a conquistare l'Afghanistan senza riuscirci, sia perché, come nel caso dell’Unione Sovietica, invadere questo Paese fu l’ultimo atto prima del crollo definitivo.In realtà, l’Afghanistan ha conosciuto diverse invasioni straniere di discreto successo, e la sua fama – dovuta a molte condizioni, tra cui le asperità del terreno e del clima – si può dire guadagnata soltanto a partire dal Diciannovesimo secolo. Le interessanti considerazioni su il Post.

La storia dell'Afghanistan che in pochi conoscono

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Fra goffaggine e miopia

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       La goffa e disastrosa ritirata in atto degli USA dall’Afghanistan ha implicazioni che vanno oltre i laceranti risultati umani che essa sta provocando. Prima di commentarle, vale la pena di menzionare certe analogie di fondo. Esse sono istruttive. 

      La rapidissima avanzata dei Talebani richiama l’altrettanto fulminea avanzata nel VII secolo dei beduini dalla Penisola Araba in tutte le direzioni.

       Armati di spada e con sulle lance foglie con versi coranici, i beduini irruppero dalle sabbie del deserto come un travolgente torrente umano e nello spazio di pochi anni conquistarono territori immensi. Fu grazie alla forza della loro fede o, più realisticamente, grazie all’insofferenza delle varie popolazioni nei confronti dei regimi (Bizantini, Sassanidi, etc.) che governavano tali territori?

       I Talebani hanno ri-preso il potere in quasi tutto l’Afghanistan nello spazio di poche settimane, armati di kalashnikov e con la bianca bandiera fitta di richiami coranici. Oggi come ieri, le avanzate islamiche avvengono all’insegna delle armi e nonostante il teorico ostacolo di formidabili potenze militari (ieri Bisanzio e i Sassanidi, e oggi gli USA). Fra l’altro, in entrambi i casi, sorprendendo l’avversario. Anche in questo caso, si tratta della forza della fede o dell’intervento di altri fattori meno visibili e meno mistici?

       Unica  differenza fra i due eventi: i beduini arabi si spostavano a cavallo mentre i Talebani si spostano con furgoncini giapponesi, col kalashnikov in una mano e il telefonino nell’altra. A parte  tale differenza locomotoria, il fanatismo e l'aggressività sono identici.

      Parlando di fanatismo e di aggressività, bisogna sgombrare il terreno dalle accorate difese di coloro che si affannano a proiettare l’immagine edulcorata e rassicurante di un Islàm tutto rose e fiori: ovvero una religione di pace. Costoro non sono un eccezione: anche nel mondo cristiano esiste un analogo falsificante auto-ritratto. Eppure in entrambi i casi, gli ascessi e i bubboni di violenza, di intolleranza e  di pura bestialità sono emersi con triste frequenza nel corso dei secoli.

      Nel mondo islamico i Talebani non sono l’unico esempio  di rivendicazione di una cupa e sanguinaria applicazione della legge coranica, la Shariah. Al-Qaeda, Isis, Boko Haram, la Fratellanza Musulmana di Hasan al-Bannà, per esempio, sono ulteriori manifestazioni dei suddetti bubboni, allo stesso modo in cui le (taciute) persecuzioni dei pagani, il massacro dei Catari, l'Inquisizione, la caccia alle streghe e i pogroms ebraici hanno oscurato per secoli le supposte innocenze del Cristianesimo.

       Anche qui, assieme alle analogie esistono delle differenze. Per sua fortuna, l’Occidente cristiano, senza per questo diventare un modello di santità, è perlomeno riuscito a scollare la fatale sovrapposizione di Stato e Chiesa e a separare quindi le istituzioni civili da quelle religiose. Scollamento ancora più salutare, se la sfera religiosa è rigida e intollerante. Il mondo islamico non è riuscito ad effettuare un analogo scollamento. Tutti i movimenti fondamentalisti sopra citati sono la testimonianza che quell’ancestrale sovrapposizione continua a dare i suoi frutti maligni. Ovviamente, non tutti i Musulmani sono ipso facto dei Talebani o dei terroristi, ma senza la separazione delle due sfere, il tessuto dell’Islàm continua ad essere un campo fertile di ascessi e bubboni di ogni denominazione. Fra l'altro, anche quando non si arriva agli estremi del fondamentalismo più delirante, la condizione della donna è tendenzialmente inferiore a quella dell'uomo, quando non ancora più oppressiva. Le infibulazioni tristemente diffuse in Egitto, per esempio, o la mancanza di diritti delle donne anche in Paesi imbellettati di grattacieli, come quelli della Penisola araba, sono un corollario di quanto sopra.

      Fatta questa premessa di tipo caratteriale, va notato che la suddetta rapidissima avanzata talebana è in buona parte il risultato della decisione americana di ridurre e poi di terminare precipitosamente la presenza militare in Afghanistan, fra l’altro senza consultarsi con i conclamati “alleati” europei e nonostante le segnalazioni dei Servizi Segreti che tale precipitoso ritiro avrebbe provocato il crollo di Kabul in pochi giorni. Già questa scorrettezza conferma arroganze e cinismi già del resto dimostrati con il recente abbandono dei Curdi alla loro sorte. La poco nobile tradizione della politica estera americana di intrufolarsi e poi di andarsene, più o meno con la coda fra le gambe o comunque destabilizzando intere regioni (vedi Corea, Vietnam, Libia, Iraq, etc.), ha avuto la sua replica nel di fatto abbandono dell’esercito afghano, regalando inoltre ai Talebani non meglio quantificati depositi di armi e materiali militari di tutti i tipi. Il fatto che l'aeroporto di Bagram, la più grande base americana in Afghanistan, con le sue molteplici piste, sia stato furtivamente abbandonato durante la notte, senza avvertire i militari afghani, costituisce un altro incredibile episodio della totale mancanza di serietà e slealtà americana nei confronti degli Afghani.Rimarrà comunque un mistero per i decenni a venire come poche decine di migliaia di guerriglieri siano riusciti a soggiogare un paese di 38 milioni di persone e a dettare condizioni agli USA.

     Vista la dissennata decisione di ritirarsi definitivamente dall'Afghanistan, inizialmente architettata da un improvvisato velleitario e istrione come Donald Trump e ora frettolosamente e goffamente  portata alle conclusioni da un altro ancora più infelice Presidente - le ultime nomine presidenziali americane sono all'insegna del disastro e non molto lusinghiere per l'intelligenza dei relativi elettori - perchè meravigliarsi, come ha impudentemente fatto Biden, se poi un demoralizzato esercito afghano ha perso la forza psicologica di combattere?. Se resistenza ci sarà, essa  sembra per il momento limitata alla valle di Panjshir, non lontana da Kabul e roccaforte di Ahmad Shah Massud, figlio di uno storico oppositore dei Talebani.

      La surreale irresponsabilità, il dilettantismo, la senile cocciutaggine con cui è stata decisa la frettolosa completa cessazione della presenza militare in Afghanistan rimarrà negli annali della dabbenaggine prima che delle disastrose ritirate. Anziché far evacuare prima tutti i civili (americani e anche i loro collaboratori afghani) e solo dopo iniziare a ritirare i militari, è avvenuto il contrario. Non c’è da meravigliarsi che poi l’aeroporto di Kabul sia diventato e continui ad essere teatro di un disperato e incontrollabile caos. Fra l'altro, cosa che rende ancora più cocente e surreale l'abbandono dell'aeroporto di Bagram, quello di Kabul ha solo UNA pista! Le poche migliaia di militari che oggi lo presidiano sono solo dei guardiani e non un gruppo militare con una reale struttura di attacco e difesa come quella di sei o dodici mesi fa. La verità è che quei pochi militari sono anch’essi alla mercè e ostaggio dei Talebani. Nel caso, non escludibile a seconda degli sviluppi, che i Talebani o chi per loro danneggino quell'unica pista, gli Americani rimarrebbero come topi in trappola. Oltre che false e scorrette, le giustificazioni in merito del Presidente americano – la colpa dell’avanzata sarebbe degli Afghani! -  sono anche miserande. Stava dimenticando che ben 50.000 Afghani sono morti uccisi combattendo contro i Talebani. Seraficamente, egli ha del resto affermato: "cosa ci facciamo ormai in Afghanistan?" 

        Cercando forse di smorzare le accuse rivolte a Biden da numerosi giornalisti della Fox, che hanno colto la palla al balzo per dimostrare che il nuovo Presidente è un inetto, il noto presentatore di MSNBC Lawrence O’Donnel, ha sostenuto che in fondo tutte le fini di avventure militari sono caotiche. La sua argomentazione, come quella analoga del Presidente, aggira il fatto che, ripetiamolo, ritirarsi dall’Afghanistan prima di aver evacuato tutti i civili interessati, compresi gli Afghani che hanno collaborato per anni con gli USA,  è stata una decisione a mezza strada fra il cretinismo e il cinismo. Ciò che rende la situazione ancora più disastrosa e scandalosa è che nessuno sa quanti siano gli Americani sparpagliati in Afghanistan e l’avvicinamento alla capitale di tutti costoro richiede praticamente un miracolo.

       Insomma, dopo aver invaso l’Afghanistan col pretesto che lì si nascondevano i terroristi di al-Qaeda e dopo i loro morti in opposizione ai Talebani, Il Presidente americano addossa ora agli stessi Afghani le colpe del caos e di quello che è stato definito dal giornalista Ami Horowitz un “epico fallimento”. Buona regola è sempre quella di diffidare di chi dà sempre le colpe agli altri per tutti i malanni che accadono.

       La cosa ironica è che l'imprudente e maldestra pianificazione del ritiro voluto da Biden ha permesso anche a un comprovato ciarlatano come Trump, che non si capisce come non sia stato ancora incriminato per il suo palese tentativo di colpo di Stato, di fare una delle poche dichiarazioni ragionevoli della sua carriera politica: l’invito a Biden a dimettersi. Se Biden avesse anche un minimo senso di auto-critica e di decenza, seguirebbe l’invito senza pensarci molto. Ma assieme a lui anche altri dovrebbero farlo. Un portavoce del Pentagono ha per esempio affermato che ancora non si sa se i Talebani sono amici o nemici…Nonostante le affermazioni di Biden, secondo le quali i cosiddetti "alleati", e cioè, i Paesi membri della NATO, sono tutti solidali con la sua scelta, la verità è che essa è stata al contrario accolta con esplicito disaccordo. Non solo, vi è che, come l'ex-comandante in capo delle forze britanniche in Afghanistan il colonnello Richard Kemp, che ha pubblicamente affermato che Biden dovrebbe essere non semplicemente rimosso ma addirittura "deferito a una corte marziale". Di fatto, i danni di questa sciagurata, dilettantesca e stupida decisione sono e saranno di gran lunga più estesi e profondi di quanto ancora non appaia. 

       Prima di accennare a tali conseguenze, vale la pena di notare come l’attuale Presidente  sia solo l’ultimo protagonista di una lunga catena di antichi pasticci coloniali e di più recenti ambiguità. L’Afghanistan  nacque alla fine del 1800 per iniziativa britannica. Fu allora che vennero tracciati a tavolino i confini (la cosiddetta linea Durand) di uno Stato cuscinetto anti-russo che prima non esisteva e dove il gruppo etnico di maggioranza, quello dei pashhtun - il 40% della popolazione, -a cui appartengono i Talebani - rimase diviso fra i territori sud del nuovo Stato e quelli nord dell’attuale Pakistan, allora facente parte del Raj britannico o Impero anglo-Indiano. Il centro e il nord del Paese sono invece popolati da Uzbeki, Tagiki e Hazeri. Insomma, la viscerale ostilità nei confronti dei Russi (che fra l’altro ancora non erano bolscevichi!), la conseguente ostinata protezione dell’Impero Ottomano e la gelosa salvaguardia della perla-miniera dell’Impero – l’India -  sono all’origine di quasi tutte le attuali tensioni geopolitiche dall’Oceano Indiano al Mediterraneo: vedi gli attriti fra Pakistan, India e Bangladesh, la bellicosa arroganza della Turchia, la questione palestinese, il sorgere di Stati artificiali come Giordania,  etc.).

       Una delle ragioni fondamentali della capacità di resistenza dei Talebani e della loro inafferrabilità è stato quindi il lunghissimo confine fra popolazioni etnicamente affini che permette e ha permesso ai guerriglieri di spostarsi a piacere da un confine all’altro. 

       Tutto ciò rimanda a un livello ancora più profondo e a uno scenario più vasto, e cioè al ruolo ambiguo ed equivoco, difficilmente sotto-stimabile, giocato dal Pakistan da decenni nella regione. Esso presenta due caratteristiche clamorosamente contradditorie: la rigida aderenza a un Islàm ultra-conservatore e intollerante, forse ancora di più dell’Arabia Saudita, e la stretta alleanza con gli USA. Ora, non è un mistero per nessuno come i Talebani siano figli di quei Mujaheddin scappati dagli invasori sovietici, e rifugiatisi in Pakistan. Lì, indottrinati in innumerevoli medrese (scuole coraniche), assorbirono i dettami più radicali e torvi della tradizione islamica. Ma gli stessi mujaheddin furono a loro volta figli degli USA, che li armarono e li sostennero nella loro lotta contro i Sovietici, cosa pittorescamente rappresentata in un film con Sylvester Stallone, che si batte per la loro causa contro i “cattivi” Sovietici. Anche senza invocare le comprovate connivenze, passate ma anche di questi giorni, dei servizi segreti pakistani (ISI) con i Talebani, la frequenza (scarsamente o pigramente punita) degli episodi di violenza e di fanatismo  settario, a carico delle donne ma anche nei confronti di altre denominazioni religiose, conferma radicate affinità o vicinanze ideologiche non lontane dal brutale fanatismo mostrato dai Talebani. Del resto, tenendo conto della resistenza nei confronti di un eventuale armamento atomico dell’Iran, non si capisce come mai il Pakistan sia invece stato lasciato libero di sviluppare una tecnologia atomica allo stesso modo dell’India. Nuovamente un invocato e calcolato deterrente nei confronti della Russia? Una cosa è certa: le testate atomiche pakistane non sono meno pericolose delle possibili future testate atomiche iraniane.

        In altre parole, in tutti questi anni – e ciò è surreale – la vera ragione della sopravvivenza talebana e quindi il vero nemico degli USA è stato il Pakistan, con cui essi hanno continuato imperterriti a mantenere relazioni strategiche, nonostante il supposto alleato non fosse e non rimanga palesemente estraneo, per ascendenza e per manifestazioni collettive, alle intolleranze del fanatismo religioso che gli USA stavano appunto combattendo in Afghanistan. Ma la colpa, afferma il Presidente americano, è degli Afghani….Stupidità, impudenza, ipocrisia o malafede?

         In conclusione, nonostante le poco convincenti dichiarazioni pubbliche di questi giorni fatte dai Talebani, che hanno assoluto bisogno di finanziamenti per sopravvivere, vari indizi e ormai anche episodi di brutale violenza nelle strade confermano che in realtà dietro le parole si celano l’antico fanatismo e intolleranza, come già dimostrano le prime repressioni delle proteste popolari in varie città afghane e la caccia all’uomo dei collaboratori degli USA. E il fior fiore della diplomazia americana andò in pompa magna a Doha nel 2020 a trattare con i Talebani, in cravatta e senza fucile…

        Gli avvenimenti e le implicazioni dell’attuale scenario afghano non riguardano comunque solo gli USA.

        Si assiste infatti a furbesche aperture nei confronti dei risorti Talebani non solo da parte britannica ma anche da parte di Cina e Russia. Sono dettate dalle speranze di poter sfruttare le enormi riserve di minerali rari e preziosi (litio, cobalto, oro, etc.) detenute dall’Afghanistan? E’ del tutto possibile. La preda è lì e, cosa significativa, offerta a Russi e cinesi su un piatto d'argento. Un regalo...

        D’altra parte, anche qui stupisce come, nonostante le loro imponenti risorse di uomini e agenzie di informazioni e nonostante le dure lezioni sovietiche del passato, Cina e Russia sembrino non guardare oltre i facili ed immediati vantaggi economico-politici offerti dal surreale dilettantismo americano. Già. Il numero dei Musulmani nella Federazione Russa (la cui popolazione slavo-ortodossa è a crescita zero) raggiunge i 25 milioni, mentre tale numero raggiunge gli 11 milioni nell’estrema provincia occidentale della Cina, il Sin-Kiang, popolata dagli Uiguri.

        Sono note le vicende della turbolenta Cecenia nella Federazione russa e le tensioni nel Sin-Kiang. Del resto, se ciò non fosse, perché mai i dirigenti cinesi perseguono con accanimento una durissima strategia di indottrinamento collettivo a spese degli Uiguri? Rivolgere sguardi ammiccanti a un gruppo palesemente fanatico e intollerante, i cui membri dormono e camminano col kalashnikov e con versetti coranici, è speculare alla miseranda evacuazione americana e al loro fallimento sul terreno. Mentre almeno la Russia si è sbarazzata dei tristi modelli sovietici, la Cina continua a propagare il mito del Partito, regalandosi un Presidente a vita e perseguendo una futile e pericolosa politica di rivendicazione territoriale nei confronti dell’ex-colonia giapponese di Formosa, oggi Taiwan. Le rivendicazioni territoriali hanno la caratteristica che si sa come iniziano, ma non si sa come finiscono.

       In altre parole, anziché guardare lontano, tenendo presente, oltre ai relativi focolai fondamentalisti (come si è visto mobili ed esportabili), anche il tasso demografico di crescita tipico di molte popolazioni musulmane, Russia e Cina rischiano di perdersi nel bicchier d’acqua delle pseudo opportunità offerte dalle persistenti goffaggini dell’amministrazione americana e della sua erratica e destabilizzante politica estera a livello mondiale (vedi Iraq, Libia, etc.). Eppure, ignorando le patetiche chiacchere dei presbiti di turno, (ahimè numerosi) circa la natura pacifista dell’Islàm, l’avanzata strisciante ma costante di quest’ultimo nell’Africa sub-sahariana ma anche nel bacino del Mediterraneo e verso l’Europa e i Paesi slavi è sotto gli occhi di tutti. Quella dei Talebani in Afghanistan è un esempio, sia pure geograficamente ristretto e con caratteri ben più violenti, di un analogo ma più ampio fenomeno che si sta svolgendo in varie zone del pianeta. E qual’è la strategia russo-cinese? Ammiccamenti nei confronti dei Talebani (sic).

       Lo scenario attuale è fluido e destinato a imprevedibili evoluzioni, senza escludere il precipitare della situazione all'interno dell'aeroporto di Kabul, la guerra civile nel territorio, lotte interne fra i Talebani, eventuali azioni di prevenzione indiana ai confini orientali, ulteriori infiltrazioni della tenebrosa ISI e neanche l’impeachment di Biden, di cui già molti autorevoli esponenti del Senato stanno iniziando a parlare. Il miglior consiglio all'irresoluto e tentennante Joe Biden: si riprenda al più presto Bagram e sostenga massicciamente dall'alto le forze asserragliate a Panjshir, in questo momento l'unico baluardo nei confronti della barbarie talebana. Da quanto appare dalle sue ultime posizioni - conferma della data del 31 agosto come termine della presenza americana - pare escluso che lo farà. L'America, gli Afghani e il resto del mondo pagheranno cara la sua senile cocciutaggine e inettitudine

      Confessiamo con amarezza che l’Afghanistan e tutte le sue genti dai nobili tratti si meritano un destino migliore di quello offerto dal bubbone del fondamentalismo e dei suoi invasati e barbuti seguaci. Il progetto di un “Emirato islamico” era già un’anacronistica e delirante fantasia alla fine del 1800. Oggi è una farneticante e patologica mostruosità.

Antonello Catani, Agosto 2021

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Il terrorismo dilaga, le colpe dell'Occidente

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Dopo l'11 settembre del 2001 gli americani lanciarono una “guerra al terrore” che non solo non ha reso il mondo più sicuro ma l'ha portato nelle case degli europei. Il regime talebano-qaedista venne nominalmente abbattuto ma è in Pakistan che era nato ed lì che poi sono morti il capo di Al Qaeda Osama Bin Laden, nel blitz di Abbottabad, e il Mullah Omar, in un ospedale di Karachi: ma non si poteva certo colpire un Paese con l'atomica che con l'approvazione degli Usa e i finanziamenti dei sauditi aveva sostenuto dal 1979 la guerra dei mujaheddin contro l'Unione Sovietica e causato la sua sconfitta. L'editoriale di Alberto Negri su Il Sole 24 Ore.

Lotta al terrorismo, Europa, dove sei?

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