Spazzature olimpiche
- Scritto da Antonello Catani
La Francia è una nazione ricca di una straordinaria civiltà ed è anche una delle culle per eccellenza della Chiesa cattolica o, come dice la tradizione, “sa fille ainèe” (la sua figlia primogenita).
Nulla di tale gloriosa eredità è tuttavia emerso durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi a Parigi, contrassegnate dal kitch più vistoso e da aberranti scene a mezza strada fra il narcisismo omosessuale più sbracato e gratuito e la dissacrazione religiosa. Petronio, che pure scrisse un Satyricon trasgressivo, avrebbe probabilmente trovato incongrua e incomprensibile la petulante sessualizzazione di una rappresentazione religiosa. Prima di illustrare meglio certi aspetti di quest’ultima, una premessa di carattere generale appare necessaria.
Nonostante l’oleografia e il trionfalismo, queste Olimpiadi moderne, spacciate per una replica di quelle antiche, ne sono in realtà solo un’impoverita e stravolta replica.
Le relative competizioni atletiche non bastano infatti ad eliminare la profonda differenza di natura sotto vari aspetti essenziali. Le Olimpiadi greche si svolgevano infatti all’interno di “un recinto sacro” dedicato a un dio (Zeus) e che era pertanto onorato e rispettato da tutti i Greci. Era questo fattore squisitamente religioso a legittimare e nobilitare i giochi e le gare. In secondo luogo, cosa non meno importante, le componenti commerciali, i vantaggi finanziari e la politicizzazione dell’evento erano totalmente assenti. Le varie stravaganti e lambiccate esibizioni canore della cerimonia di apertura c’entravano dunque come i cavoli a merenda e sono solo un esempio della tendenza ormai strutturale allo stravolgimento ideologico e alla mercificazione dei fenomeni.
In realtà, nonostante la retorica alla moda circa l’avvicinamento dei popoli, sia le moderne olimpiadi che il gioco del pallone sono diventati un gigantesco affare economico e, nel caso del calcio, anche un fenomeno stimolatore di fanatismi spesso omicidi.
Ritorniamo alla cerimonia di apertura.
Essa si è svolta all’interno della città, con una serie di scenografie ed effetti che forse pretendevano di imitare le sontuose rappresentazioni della Versailles di Luigi XIV. Solo che la Francia proiettata dalle Olimpiadi non ha nessun Luigi XIV e nessun Giovanni Battista Lulli, nessun Charles Le Brun e nessun Moliere ma due mediocri sostituti.
Il supposto equivalente borghese di Luigi XIV, Emanuel Macron, improbabile aspirante Empereur (vedi le sue megalomani e paranoiche minacce nei confronti della Russia), non è neanche un abile danzatore come Luigi XIV. Ha inoltre scatenato una crisi istituzionale senza precedenti, cercando di ostacolare l’ascesa di Marine Le Pen, facilitando quindi un’opposizione capeggiata da un esponente politico (Malenchon) le cui già solo vaghe rassomiglianze fisiche con Leon Trotsky e Palmiro Togliatti sono poco rassicuranti. In realtà, un fossile ideologico alla stessa stregua della teocrazia oggi vigente in Iran. Si sono quindi viste ubriacature di gioia e veri e propri fuochi di artificio e devastazioni per festeggiare l’ascesa di costui e dei suoi alleati.
Tenendo contro che in Francia l’economia è traballante e con un debito pubblico esponenziale (come in Italia) e che la società francese è dilaniata da una profonda divisione politica ed etnica e afflitta anch’essa dal diffuso virus del totalitarismo e stravolgimento ideologico che si fa passare per “libertà di opinione”, ma che è in realtà una mascherata forma di fascismo, il sorriso ebete di tanti festeggianti risulta surreale ed insieme coerente.
Le manifestazioni di apertura delle Olimpiadi vanno inserite nello scenario sopra menzionato. Alla mistificazione moderna delle antiche Olimpiadi corrisponde la speciosa ricreazione di una grandiosità da cartapesta e dai richiami patologici e da angiporto.
Si sa che poche Regine furono più vilipese dalla Storia di Maria Antonietta, che aveva solo il difetto di uscire poco dalle sue stanze, ma era affezionatissima ai suoi vari figli. Adesso, nelle scene riservategli dalla cerimonia, ella ha subito una nuova e ancora più feroce decapitazione pubblica. Vengono alla mente Sade e i suoi seguaci. D’altra parte, non vi è da stupirsi. La Francia del XVIII secolo conobbe le decapitazioni in serie anche di innumerevoli monache, oltre che di nobili e preti. Quella della decapitazione a oltranza non è solo una mania di certi regimi orientali.
Le tendenze necrofilo-sado-masochiste della Rivoluzione furono del resto burocraticamente sigillate dallo scempio del sacrario di Saint Denis nel 1793. Dietro istigazione dell’intrigante e ambizioso di turno (Barriere de Vieuzac), le salme di tutti i re, regine e membri delle dinastie reali francesi, che vi riposavano da oltre mille anni, furono selvaggiamente estratte dai loro sepolcri e scaraventate senza complimenti in fosse piene di calce. L’evento, unico nella Storia universale, fa parte degli scheletri nell’armadio dell’anima collettiva francese.
L’altro confetto della perversione scenografia di cui parliamo è una parodia del noto quadro di Leonardo da Vinci, L’Ultima Cena In questo caso, al posto di Cristo, siede una lesbica affiancata da un transgender circondato o circondata da personaggi di eguale vaghezza e stile, alcuni con gli organi genitali in vista e accanto a dei bambini.
Non vi è da meravigliarsi se centinaia di milioni di Cristiani in giro per il mondo ne sono rimasti scandalizzati ed inorriditi e se l’aggettivo ricorrente è quello di “blasfemo”.
L’ideatore di siffatta spazzatura estetica e concettuale, a nome Thomas Jolly – non è ben chiaro perché porti un nome inglese – risulta essere gay e, come risposta alle critiche e alle reazioni di protesta, ha farfugliato in modo più o meno incoerente “queste erano idee repubblicane, di inclusione, benevolenza, generosità e solidarietà.” (Sic)
Di fatto, egli non ha saputo spiegare o chiarire cosa c’entrassero lesbiche e transgenders con L’ultima cena e che cosa c’entrasse a sua volta tutto ciò con delle competizioni atletiche. Fra l’altro, perché L’Ultima Cena e non uno dei momenti della vita di Maometto? La risposta più plausibile è che non abbia osato e che quindi egli sia anche un vigliacco in malafede.
Al di là dei prismi religiosi, quello che emerge è semplicemente il petulante e morboso esibizionismo tipico dei vari gay pride e delle loro derive transessuali che hanno invaso il discorso sociale e anche politico. Da notare che ogni forma di divergenza o di ironia o anche solo di indifferenza al riguardo viene bollata come spirito reazionario e di “estrema destra”. Adesso che gli imbecilli e gli ignoranti hanno imparato ad usare quest’etichetta, essi se ne servono per cercare d’imporre un totalitarismo e un’intolleranza che ricordano la caccia alle streghe, l’Inquisizione e il terrorismo psicologico di mackartiana memoria
Il fatto che note personalità e social media abbiano definito lo show ”grandioso e quasi epico” (La Repubblica) o “spettacolare” (la moglie di Joe Biden) non altera il quadro e semmai conferma fino a che punto i criteri estetici possano essere scesi in basso. Ovviamente, le opinioni della Prima Donna americana non stupiscono più di tanto, visto che il marito aveva definito il 31 Marzo della Pasqua come “Il giorno dei Transgenders”, esaltando il loro contributo (sic) alla storia americana. Già simili irreali affermazioni avrebbero dovuto denunciare il grado di demenza senile dell’uomo. Ma ritorniamo a Parigi.
Nonostante il suo ruolo di direttore artistico, va detto per giustizia che il vero problema non è certo il signor Thomas Jolly ma chi ha dato il suo beneplacito a uno spettacolo sostanzialmente da baraccone e mentalmente stravolto. Non è infatti credibile che I contenuti e il taglio dello show non siano stati preventivamente esaminati al più alto vertice politico, visto che era in gioco lo specchio della Francia in un momento di importanza simbolica.
Ora, l’uomo che sta al suddetto vertice è il già menzionato Emanuel Macron e non è possibile che il tutto sia stato pianificato e ideato senza che egli ne fosse a conoscenza e senza che vi abbia apposto il suo preliminare imprimatur.
Il fatto che egli abbia quindi dato il suo assenso a certe essenziali scene che sono da angiporto e caratterizzate da un’ossessiva e patologica pan-sessualizzazione e dissacrazione anche di un venerabile episodio della tradizione cristiana è perlomeno surreale, non meno delle sue minacce di inviare i soldati francesi a combattere i Russi.
In altre parole, Emanuel Macron ne ha combinato un’altra delle sue, ma questa è ancora più grave, perché infanga il livello estetico e di intelligenza di una grande tradizione.
Chi semina raccoglie. I Francesi o una parte di essi - si spera non molto grande - possono tenersi il loro direttore artistico e il loro aspirante ma improbabile Empereur.
Gli atleti, che ovviamente non c’entrano nulla in questo infelice episodio, si meritano molta simpatia e auguri.
Antonello Catani, 1 agosto 2024