Caro premier, a quando le riforme economiche?

il governo Renzi procede con determinazione sul piano delle riforme istituzionali, ma si sta dimenticando quelle economiche, dopo il successo del Jobs act, e pare essersi arenato. Pensare che passi successivi — a cominciare dall’approvazione della legge sulla concorrenza che il governo ha abbandonato agli appetiti delle lobby — possano essere rimandati alla prossima legislatura è un’illusione che renderebbe solo più probabile l’essere sospinti sulla via mediterranea. L'editoriale di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera.

Italia, premier bocciato in economia

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Riforme costituzionali, la scommessa del premier

Si sta creando in Italia una nuova forma di governo: un premierato assoluto con un bicameralismo che di fatto funzionerà con un mocameralismo celato (il Senato è un ectoplasma), governato dal partito di maggioranza. La sovranità di cui all’articolo 1 della Costituzione si sposta dal popolo al governo-sovrano. Tra il 1923 ed il 1928 in Italia furono approvate diverse leggi definite fascistissime, oltre ad essere liberticide si preoccuparono innanzitutto di rafforzare i poteri del governo e di cambiare la forma di governo che da parlamentare si trasformò in un premierato assoluto. L'articolo di Alberto Lucarelli su il Fatto Quotidiano.

Renzi prepara lo stravolgimento della Costituzione

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Progetto per ridurre il numero delle regioni

Le politiche di sviluppo del lavoro (agrario, industriale, dei servizi, del turismo…) appartengono sempre meno agli apparati regionali, che così perdono progressivamente ogni senso di programmazione con i propri territori, limitandosi a gestire e controllare innumerevoli società, consorzi di servizi come dicevamo proliferati in modo abnorme negli ultimi vent’anni… In questa situazione la virtuosa fusione della cura dei territori, del loro eco-sviluppo, delle tutele dell’ambiente e della salute dei cittadini…tutto questo unito nell’Organismo regionale, in ciascuna delle venti regioni cui è suddiviso il nostro territorio… tutto questo nella realtà ha perso di ogni valore…. Ben per cui il superamento di questa attuale suddivisione regionale in 20 mini-Stati (con apparati politici e burocrazie incredibili) non può che essere vista positivamente. (...)Le Regioni sono indicate nella Costituzione del 1948 ed effettivamente sono amministrativamente nate con grandi speranze nel 1970. Speranze subito deluse. Apparati “statuali” si sono insediati, e se l’idea di avere Istituzioni più vicine al cittadino, più attente alla spese (meno sprechi degli apparati centrali) ebbene, ciò si è dimostrato ampiamente errato. Venti piccoli stati con i loro tanti consiglieri regionali, con le prebende e gli onori (e nessun onere) a loro spettanti… con burocrazie lente ed autoreferenti. Alcune ipotesi di riforma della struttura amministrativa dello Stato italiano formulate da politici e studiosi appartenenti a diverse aree politico-culturali sul sito ww.geograficamente.wordpress.com.

Si riparla di macroregioni

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