Qe, droga per le Borse, rischia di fare più danni del Covid

L’azione delle Banche centrali attraverso i cicli Qe, ormai, è divenuta una droga a tutto beneficio delle Borse e con effetto leva praticamente nullo sugli equilbri macro delle economie reali, forse è il caso di porsi delle domande. A cominciare da quelle non più rinviabili: il mondo sarà mai in grado di tornare alla normalità? Si potrà mai fare a meno del supporto delle Banche centrali? Nel frattempo, si contano i danni strutturali. (...) Le emissioni obbligazionarie corporate hanno toccato quota 2,61 trilioni di dollari negli Usa, un dato che ha battuto tutti i record precedenti. I quali, però, fanno riferimento all'intero arco temporale dei dodici mesi: insomma, il primato dell'indigestione di debito per finanziamento ha di fronte a sé altri quattro mesi per essere ulteriormente ritoccato al rialzo Il commento di Mauro Bottarelli su Business Insider.

L'aumento dell'indebitamento fa paura

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Un Qe illimitato contro il virus Ecco l’ultima arma di Powell

  • Pubblicato in Esteri

Senza limiti. La Fed ha annunciato una nuova serie di misure per sostenere mercati ed economia dai danni del coronavirus. Tra cui un Quantitative easing illimitato. Mossa straordinaria e senza precedenti: l’azione della banca centrale “gonfierà” i suoi bilanci di circa 5mila miliardi di dollari, eclissando il picco dei 4,5mila miliardi raggiunto nel 2014, al termine del precedente programma di Qe. Segnale che la banca centrale americana considera la crisi causata dal virus peggiore della crisi dei mutui del 2008. «È chiaro che la nostra economia si trova di fronte a una grave spaccatura», scrive in una nota l’istituto. «Siamo impegnati a usare tutta la gamma di strumenti a disposizione per sostenere famiglie, aziende e l’economia americana in generale, in questo momento difficile». La Federal Reserve cerca di evitare che la recessione possa trasformarsi in depressione. Con così tanti settori economici bloccati, dal turismo alla ristorazione, dalle compagnie aeree al retail, dalla tecnologia all’automotive. Il debito degli stati e dei comuni destinato a esplodere. La nuova disoccupazione degli americani rimasti a casa con lo stop delle attività economiche. Tutto, troppo nello stesso momento. Sui mercati nelle ultime settimane si è verificato il più veloce sell-off azionario della storia, che ha praticamente azzerato i guadagni registrati nei primi tre anni di presidenza Trump. Continuerà fino a quando non si fermerà la pandemia, dicono gli analisti. Non succederà presto. Il numero di contagiati dal Covid-19 negli Usa è aumentato di dieci volte nell’ultima settimana. Ora il paese è terzo al mondo per numero di contagi: ha superato la Spagna, con 40mila casi e 472 morti, dopo Cina e Italia. Il sindaco di New York Bill de Blasio si aspetta «un mese di aprile peggiore di quello di marzo, e un mese di maggio ancora peggiore». Non se la passano meglio gli stati: il Rhode Island ha lanciato l’allarme: rischia di restare senza soldi nel giro «di settimane». Hotel e linee aeree chiedono miliardi di prestiti. E persino Boeing, primo produttore manifatturiero Usa, già alla prese con la peggiore crisi della storia dopo i due incidenti aerei dei 737Max, chiede al governo un piano di aiuti pubblici di emergenza da 60 miliardi per timore del bailout. Jerome Powell ha lanciato il suo “whatever-it-takes”. Una mossa più rapida e profonda di quella decisa dal suo predecessore Ben Bernanke nel 2008 dopo il crack Lehman. La banca centrale è pronta a fare qualsiasi cosa in suo potere: estendere i prestiti alle piccole e alle grandi aziende, finanziare i comuni e gli stati, acquistare centinaia di miliardi di T-bond. Il comunicato della Fed parla di «sforzi aggressivi» messi in campo «nel settore pubblico e privato» per limitare le perdite di lavoro e di salari e promuovere una veloce ripresa». Si tratta della nona decisione di emergenza presa dalla Fed in pochi giorni. La scorsa settimana la banca centrale aveva portato i tassi monetari a zero, concedendo alle banche prestiti al tasso record dell0 0,25%. Oltre ad annunciare il Qe da 700 miliardi, da ieri diventato illimitato. L’apertura del fondo di garanzia per i debiti commerciali a breve delle aziende, esteso a città e stati. L’allargamento delle linee swap con le altre banche centrali per facilitare gli scambi in dollari.  Solo questa settimana la Fed ha in programma di acquistare 375 miliardi di T-Bond (75 miliardi al giorno) e 250 miliardi di obbligazioni garantite da mutui (50 miliardi al giorno). Accanto al Qe senza limiti, la banca centrale ha rilanciato una serie di misure utilizzate durante la crisi dei mutui per sostenere i debiti dei consumatori: il Term Asset-Backed Securities Loan Facility (Talf), in aiuto dei mutui sui debiti degli studenti, sulle auto e sui debiti delle carte di credito. La Fed inoltre sosterrà ulteriormente i debiti delle aziende fino al 30 settembre acquistando bond corporate da emittenti di alta qualità sul mercato primario (cosiddetti Pmccf) e sul mercato secondario (Smccf), compresi acquisti su Etf. Al maxi bazooka di Powell si aggiunge il maxi pacchetto di aiuti federali da circa 2mila miliardi che il Congresso sta per varare. Il leader della minoranza democratica Chuck Schumer ha anticipato un accordo con la maggioranza, dopo la bocciatura del piano della Casa Bianca domenica, ritenuto dai dem troppo a favore delle imprese e poco dei lavoratori. Ma le parti sono ancora distanti Il segretario al Tesoro Steve Mnuchin si è detto pronto a fare di tutto per salvare l’economia americana, anche a entrare nel capitale delle aziende se necessario con delle nazionalizzazioni di salvataggio. Sostiene che nel complesso il piano di aiuti Fed-governo per l’economia americana ammonterà a circa 6mila miliardi.  Oggi si svolgerà un G-7 straordinario dei ministri finanziari e dei governatori centrali in streaming, guidato da Mnuchin e Powell. L’unilateralismo di Trump in tempi di guerra è messo da parte. Mnuchin ha confermato che gli Stati Uniti lavoreranno con G-20, G-7 , Fmi e Banca Mondiale per rispondere assieme alla crisi.

Riccardo Barlaam – Il Sole 24 Ore – 24 marzo 2020

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Quelle parole suggerite da una collega tedesca

La frase è di una sua collega tedesca, ma l’ha detta lei. E così Christine Lagarde ha vissuto la sua Caporetto. La presidente della Banca centrale europea ha ammaccato la sua credibilità ieri alle tre.

Doveva illustrare le misure che la Bce sta prendendo per sostenere i cittadini, le imprese e i governi nella guerra — economicamente tossica — a un virus subdolo. La frase che ha causato il peggior crollo di nel mercato dei titoli di Stato è ormai celebre: «Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni».

Era l’opposto del «whatever it takes» del predecessore Mario Draghi, quell’impegno a fare «qualunque cosa» per contrastare le scommesse contro alcuni Paesi in vista della rottura dell’euro. Se ieri Lagarde ha sfilato quella pietra di volta dell’intera architettura con apparente noncuranza, è perché non erano parole sue. Era una frase di Isabel Schnabel, la tedesca nel comitato della Bce. Quand disponibili per l’Italia, siamo impegnati contro la frammentazione. Ci saremo, non deve esserci alcun dubbio l’aveva pronunciata Schnabel pochi se n’erano accorti. Lagarde si sarà sentita libera di ripeterla, senza capire che il suo peso è diverso. L’aspetto più rivelatorio di questa «gaffe» di Lagarde non è dunque l’apparente impreparazione, ma i punti di riferimento della francese. Ieri è iniziato a trasparire che oggi sono quelle dei tedeschi, soprattutto il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, le voci più influenti ai vertici della Bce. E non è difficile vedere come per la Germania — ma non solo — la profonda recessione inflitta dall’epidemia, con il balzo del debito pubblico che già s’intuisce, possono diventare il momento nel quale l’Italia deve chiedere un salvataggio al resto d’Europa. L’intenzione di Lagarde ieri non era avvicinare quel momento. Ma nel ripetere le parole di Schnabel, la francese ha lasciato capire quale Paese è il suo riferimento a Francoforte. Già prima che lei finisse di parlare, mentre lo spread di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e Francia subiva sbalzi violenti, erano partite telefonate furenti da Roma. C’è stata anche una minaccia di sfiduciare la presidente, che aveva peggiorato le condizioni finanziarie di un Paese già aggredito dall’epidemia. Alla fine, poco prima delle 17, Lagarde ha letto alla Cnbc una completa retromarcia: «Siamo impegnati a evitare qualunque frammentazione dell’area euro. Gli spread più alti dovuti al coronavirus impediscono la nostra politica monetaria». Ma le Borse"e il mercato dei titoli di Stato hanno ignorato le rassicurazioni, come se il genio fosse ormai fuori dalla lampada. Per rimettercelo, la Bce dovrà mostrare presto non parole ma molto denaro in acquisto sui Paesi danneggiati: Italia, Spagna, Francia, Portogallo. Del resto non è stata la sola «gaffe» di giornata che ha lasciato vedere, ieri, la tela di fondo. Lagarde ha anche letto nella dichiarazione iniziale che l’aumento del «quantitative easing» — l’acquisto di titoli pubblici e privati di tutta l’area — sarebbe stato di cento miliardi fino a fine anno. In realtà il comunicato della stessa Bce parla di 120 miliardi: dunque interventi per 15 miliardi al mese, non dieci. Chiaramente Lagarde si era presentata in conferenza stampa con una versione vecchia dell’accordo. Aldilà del proprio pressappochismo, la presidente ha così rivelato che la Bce si era divisa fino a poco prima fra chi voleva aiutare di più e chi di meno le economie contagiate dal virus: è la frattura che attraversa oggi l’Europa.

Federico Fubini – Corriere della Sera – 13 marzo 2020

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