Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist

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The Last Soviet Artist, ossia l'ultima artista sovietica, preannuncia un incontro inconsueto, già nella definizione del titolo dell'esposizione visitabile a Brescia nel museo di Santa Giulia. Il suo stile pittorico che ricorda il realismo della precedente politica socialista non  è apprezzato in Russia e in lei, in particolare, che lo usa per dare voce alle persone giudicate meno rilevanti. La sua graphic novel Other Russias aveva vinto nel 2018 una menzione speciale al Pushkin House Book Prize, anche se il libro non è mai stato pubblicato nel suo paese. Victoria non cessa mai di stare in mezzo agli ultimi e ai senza voce. Segue in un certo senso quel famoso verso della sua poetessa preferita, Anna Achmatova, quando scriveva nel 1922: "Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato, il riflesso del vostro volto, i vani palpiti di vane ali..." racconta nel catalogo edito da Skira, la curatrice della mostra Elettra Stamboulis.

Brevi versi per disegnare l'identità di un'artista che ha trovato un'interlocutrice in cui specchiarsi e in cui rivedere la stessa consapevolezza e responsabilità di usare le immagini e le parole per denunciare ciò che accade. Forbidden Art è il primo e l'unico reportage grafico pubblicato in patria nel 2010 e che le permette di vincere, insieme a Anton Nikolayev, artista e giornalista politico allora suo compagno, il premio Kandinskij. Esso narra l'azione giudiziaria mossa contro i curatori dell'omonima mostra del 2006 al Sakharov Museum, accusati di vilipendio alla religione, dal movimento ultra nazionalista ortodosso Narodny Sobor (Consigli del popolo). Riletto e visualizzato oggi costituisce uno straordinario documento profetico di quanto stia avvenendo nella società russa e di come il buonsenso intriso di nazionalismo, tradizionalismo millenarista e conservatorismo si stava riappropriando della scena politica e sociale, aggiunge la curatrice. Da allora non ci furono più sue pubblicazioni in lingua russa. Lei comunque continuò a praticare la sua arte sociale lavorando nella prigione minorile di Mosca.

Le esposizioni in patria, ma soprattutto all'estero: a Berlino, New York, Birmingham e Yerevan non mutano l'atteggiamento dell'establishment politico e culturale della Federazione Russa nei suoi confronti. Questa esposizione a Brescia ha un ruolo dunque di primo piano nell'ambito del Festival della Pace. Ne illustra il suo significato, Francesca Bazoli, la Presidente della Fondazione Brescia Musei, con queste parole: con la mostra di Victoria Lomasko giunge alla terza edizione il ciclo espositivo che Fondazione Brescia Musei propone a complemento del Festival della Pace. Le mostre "Zehra Dogan. Avremo anche giorni migliori" e "Badiucao. La Cina (non) è vicina" ci hanno permesso di sviluppare e affinare un format che di anno in anno si arricchisce di spunti, occasioni e suggestioni. Victoria Lomasko è considerata dalla critica anglosassone come la più importante artista sociale grafica russa. La mostra al Museo di Santa Giulia è la prima in Italia. Nelle sue immagini possiamo leggere la storia sociale e politica della Russia di Putin, dal 2008 ad oggi: dalle manifestazioni anti Putin alla visione della profonda Russia, quella dei dimenticati e di coloro che vivono ai margini della società.

I lavori della serie The Last Soviet Artist, che costituiscono l'ultima fatica prima della dolorosissima scelta di abbandonare il proprio Paese nel marzo 2022, sono la radiografia di una tragedia annunciata, commenta ancora nel catalogo Stamboulis. Su di lei è stato già girato un docufilm: The Last Soviet Artist, diretto da Geraint Rhys, e il secondo, diretto da una regista russa, uscirà il prossimo anno. Esso è stato finito di filmare nei mesi successivi alla fuga dalla Russia, dopo l'inizio della guerra in Ucraina. Le opere di Lomasko sono state esposte in numerosissime gallerie pubbliche e private e parte del suo archivio è depositato presso il Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e il Cartoon Museum di Basilea. Il percorso espositivo della rassegna ha un ordine tematico e non cronologico. In Frozen Party in cui si entra attraverso un sipario, l'artista si avvicina, nel suo modo di dipingere, al realismo magico o sociale di David Siqueiros. Compare la denuncia verso il suo paese incapace di offrire messaggi positivi, se si esclude la vittoria della seconda guerra mondiale. Un universo dove si vive sommersi dall'acqua: un luogo senza speranza. Le immagini riportano agli artisti che lasciarono la Russia negli anni '20 del 900', a quelli delle Avanguardie che avevano dato man forte alla Rivoluzione d'Ottobre, ma ne erano stati in parte delusi o traditi, ai maestri del Realismo socialista, come Aleksandr Dejneka e Aleksej Kravčenko che visitarono l'America e "agli ultimi artisti sovietici", come li definisce Victoria Lomasko. Una generazione di quarantenni che identificano l'URSS non con un periodo storico ma con i propri ricordi d'infanzia; io, invece, sono affascinata da un'altra sfida:quale contributo originale può portare un artista russo contemporaneo nel mondo occidentale? E guardando alla futura vita dei giovani il suo pensiero "recita": proprio come i fiori del bucaneve lottano per spuntar fuori dalla neve, la nuova generazione sta lottando per vivere a dispetto di qualsiasi regime. Nella seconda sezione, Drawing Diary, si narra di dissidenza silenziosa. In Changing of Seasons, la terza parte, una parete si trasforma in un gigantesco murales, realizzato a Bruxelles dopo il suo esilio, seguito all'inizio della guerra.

L'opera è sicuramente una delle creazioni più toccanti e strazianti del percorso: l'aspetto e l'identità delle persone che la popolano e la natura assumono caratteri sconvolgenti. Nella quarta, fra i Grafic reportages, scopriamo dopo Forbidden Art, Juvenile Prison. Qui si documentano la realtà carceraria minorile della capitale e la cronaca della Resistenza della piazza. Piazza multiforme che ha unito le Pussy Riot, il movimento LGBTQ+ e le signore ortodosse stanche del regime. La serie mostra le lavoratrici di strada, dei locali, le lavoratrici per gli altri, le lavoratrici senza più speranza che sono anche la forza di questo immenso paese. Lomasko racconta le loro storie con rispetto, senza forzare la loro voce, dando a ciascuna il proprio spazio senza censure .... Nella stessa sezione, l'artista trasporta il visitatore in un lungo viaggio attraverso le Repubbliche ex Sovietiche, luoghi complessi e ricchi di etnie, lingue e costumi molto differenti. Entriamo nelle geografie di territori che per molte persone sono solo nomi sul mappamondo: Bishkek, Yerevan, Tblisi, Osh, Minsk. Infine, Five Steps diventa una forma di preghiera che riflette sul senso dell'esilio, sulla solitudine e sulla ferita della fuga, ma anche sulla profonda fiducia nell'idea di umanità che ci unisce. Sono cinque stazioni realizzate appositamente per Brescia, dove l'esposizione sarà visitabile fino all'otto gennaio 2023.

Patrizia Lazzarin

 

 

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