Mirò, inventore di segni e di sogni
- Pubblicato in Cultura
A settembre a Roma la grande mostra sull’artista catalano. Ha ben detto Jacques Dupin che la diversità di Mirò sta nell’essere: “un distratto attento, un sognatore sveglio”. Eppure la vita di Joan Mirò, se confrontata con la sua opera, con l’impeto passionale e immaginifico delle sue storie, è di una semplicità che quasi sconcerta.
Egli suddivide la giornata a seconda dei compiti e dei doveri che deve svolgere: c’è l’ora per la passeggiata e quella per il lavoro, quella per la lettura e quella per la famiglia.
Scrive, ancora agli esordi: “ Al momento di lavorare a un paesaggio comincio con l’amarlo, di quell’amore che è figlio della lenta comprensione … Felicità di giungere nel paesaggio alla comprensione di un filo d’erba. Perché disdegnarlo? Quel filo d’erba bello come l’albero o la montagna. Ad eccezione dei Primitivi o dei giapponesi nessuno si è chinato su questa cosa veramente divina.” Ed è così che si porta a Parigi un pugno d’erba raccolto a Montroig per poter finire di dipingere la sua Fattoria.
La liberazione dalla tradizione e l’esaltazione per il meraviglioso lo attraggono e muovono la sua fantasia. Un’immaginazione però la sua, affrontata con più cautela rispetto agli amici surrealisti e una progettualità artistica che non riesce fare a meno di un tracciato geometrico. Mirò ama l’elaborata trascrizione di metafore raffinate che non perdono il riscontro con il reale e che durante la guerra civile spagnola e la seconda guerra mondiale si tramuteranno in agghiaccianti metamorfosi e violente cronache di morte.
Testimonia un vicenda artistica che ha attraversato il Novecento dunque la grande antologica dedicata a Joan Miró (1893-1983) in arrivo a Roma, nel Museo Storico della Fanteria, dal 14 settembre al 23 febbraio con 150 opere realizzate tra il 1924 e il 1981 dal pittore catalano poco conosciute, provenienti da collezionisti privati italiani e francesi.
‘Miró – costruttore di sogni’, curata da Achille Bonito Oliva, Maïthé Vallès-Bled e Vincenzo Sanfo, si articola in otto sezioni per descrivere passioni e rapporti dell’artista con la scena culturale del suo tempo. Troviamo Litografie, Manifesti, Poesia, Ceramiche, Derrière le Miroir, Pittura, Musica, Miró e i suoi amici, con una decina di opere di Man Ray, Picasso, Dalí, e fotografie di Cohen e Bertrand, oltre che libri e documenti dei poeti Breton, Éluard, Chair, Tzara.
“Senza paragonarlo a Picasso e a Dalì, penso che Miró sia un grande artista – ha detto Achille Bonito Oliva parlandone nella sede dell’ambasciata di Spagna in Italia. La sua pittura è un viaggio continuo. Lo spazio con lui non è mai immobile, ma va oltre la prospettiva.
Patrizia Lazzarin, 7 luglio 2024