Dal futurismo all’arte virtuale
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Il fil rouge della rassegna si dipana nel tempo, alla ricerca di luoghi e di definizioni, di parole e immagini capaci di spiegare i cambiamenti di significato di una delle espressioni più paradigmatiche degli esseri umani: l’arte figurativa e non, negli anni a cavallo tra il secolo del Novecento e la nostra contemporaneità. Lo spazio e il momento della narrazione sono la mostra che si è aperta nel mese di settembre e che si protrarrà fino al 7 gennaio 2024, alla Vaccheria, nella città di Roma.
La Vaccheria, come spiega Di Titti di Salvo, Presidente e assessora alla Cultura del Municipio Roma IX, a un anno dalla sua fortunata inaugurazione, è il fulcro del distretto naturale di arte, cultura e innovazione rappresentato dall’Eur e dal suo polo museale, dalle gallerie ipogee di 19 km di fibra ottica che l’attraversano, dalla Nuvola, da “Più libri più liberi”. Il bilancio di questo anno di apertura è positivo con quattro mostre, da quella di Andy Warhol a quella odierna “Dal Futurismo all’Arte virtuale”.
Le parole di Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del Futurismo, la prima avanguardia italiana del Novecento, che troviamo in apertura del catalogo della rassegna, spiegano il senso del percorso artistico seguito per la sua realizzazione. Si legge: “L’arte, questo prolungamento della foresta delle vostre vene, che si effonde, fuori dal corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo.” Gli artisti, di cui vediamo le opere in mostra, sono tra i più grandi del Novecento.
Essi hanno saputo ribaltare attraverso la critica ai canoni e ai metodi tradizionali di fare arte, la stessa visione e concezione di essa. Rivoluzione che è poi continuata nella nostra contemporaneità con altri suggerimenti e apporti come la digitalizzazione. Dal Futurismo all’Arte Virtuale, la rassegna che ha la curatela di Giuliano Gasparotti e Francesco Mazzei, vuole quasi riunire quelle novità e unicità in capsule, a testimoniare quei cambiamenti storici che sono stati dirompenti nella consueta percezione del mondo.
Spiegano i curatori: L’intensità e l’originalità dei lavori di questo gruppo eterogeneo di artisti dimostra come essi abbiano voluto e saputo creare vere e proprie correnti di pensiero trasformando l’arte, grazie alla spinta dei propri sentimenti più intimi. L’innovazione e la propensione al cambiamento è il tratto distintivo che accomuna i singoli e diversissimi autori. Un rapporto tra arte, scienza ed applicazioni tecniche e tecnologiche che diviene spunto di riflessione costante e poliedrico, che si tratti di elaborazioni computerizzate, di aerei o dell’elettricità piuttosto che la dimensione onirica e psicoanalitica.
I contenitori scelti per la narrazione artistica: le quattro Capsule, sembrano conservare fuori dallo spazio e dal tempo, le ricerche espressive degli artisti, permettendo ad ogni opera di raccontare la sua storia. L’ambientazione a volte appare onirica, ma al tempo stesso ci consente di avvicinarci all’invenzione attraverso le emozioni che sa suggerire. Sono stati modificati con questo scopo i consueti schemi espositivi che si arricchiscono anche di suoni.
La Capsule “Infinity” che è dedicata al fiore futurista di Balla, dall’esterno assomiglia a un caleidoscopio costruito con luci, suoni e colori e trova richiami anche nelle opere di tutti gli autori delle differenti avanguardie in esposizione. Le geometrie di Giacomo Balla e l’arte “cinetica” di Alexander Calder si contrappongono alle linee morbide di Modigliani e ai maestri del Surrealismo come Salvator Dalì. Una video opera, all’interno della installazione mirror room, ha come protagonista il movimento, tema che come sappiamo è stato trainante tra i futuristi, rivisitato ora grazie alle tecnologie dell’arte digitale.
La Capsule “Avangard” è riservata ad artisti come Manzoni, Burri, Boetti, Fontana, Dalì, Magritte, Duchamp, Klein e Rauschenberg che negli anni Cinquanta, hanno espresso le mille sfumature dell’avanguardia artistica e poi della transavanguardia, all’interno di un dibattito sullo stesso pensiero dell’arte che assumeva sempre più caratteri rivoluzionari.
La Capsule “Pop” si scopre in un “giardino segreto”, nel quale le opere di Niki De Saint Phalle, veri e propri esseri viventi, animano questo angolo verde con colori assai vivaci. Intorno il giardino ci sono le opere degli inventori della Pop Art: Warhol e Lichtenstein, che hanno saputo ispirare in seguito artisti come Indiana, Lodola, Schifano, Zanca.
Nelle Capsule “Metafisica” le Piazze d’Italia di Giorgio de Chirico diventano ora, con differenti accorgimenti, più reali ed evidenziano la ricerca di una sostanza, oltre quella fisica. In tutte le capsule l’innovazione creativa digitale consente di far vivere le opere di questi grandi artisti del Novecento nella contemporaneità, suggerendo anche per esse gli interrogativi tipici del nostro tempo. Rimangono centrali oggi come nelle vecchie avanguardie, le domande sul rapporto tra Uomo, Natura, Scienza e Tecnologia.
Ogni creazione racchiude un significato in sé e in relazione alle altre con cui si confronta. La rassegna che è costituita da più di cento opere ed è stata realizzata dal Municipio IX con il supporto di Roma Capitale e con la collaborazione di Zètema Progetto Cultura, prevede l’ingresso gratuito. In essa si potranno ritrovare i punti di contatto dei movimenti più significativi della grande arte del Novecento.
Patrizia Lazzarin, 14 settembre 2023