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Racconti

Se

di Agostino Roncallo

Il secondo episodio si svolse nella latteria di Migiandone dove avevo un appuntamento con Mondo e alcuni dei suoi. La latteria era grande e moderna, possedeva diverse entrate, corridoi e piccole stanze in cui aleggiava l’odore del caglio: una specie di labirinto, insomma. Entrai da una piccola porta laterale, all’interno non doveva esserci nessuno perché in quel periodo le latterie erano chiuse, latte e burro ognuno se li faceva da sé. In fondo a un corridoio vidi entrare i partigiani  ma, nello stesso tempo, dalla parte opposta giunse un inatteso rumore di passi. Inaspettatamente, forse senza volerlo, partigiani e fascisti stavano per trovarsi faccia a faccia.

A quel punto, nel ricordo, rimangono frammenti di una situazione concitata: la mia fuga verso l’uscita, i rumori di gente che correva, la camionetta davanti all’entrata principale e quel grido: Ehi, ragazzo, fermati! Corsi in su, mi rifugiai tra le case, poi tornai in giù, tenendomi al coperto, dove c’era una casa amica. Arrivata davanti alla porta sentii due braccia che mi tiravano dentro: abbiamo visto arrivare i repubblichini alla latteria, ti hanno vista? Pensi che ti abbiano riconosciuta? Riconosciuta no, risposi, mi hanno scambiato per un ragazzo. Avranno però notato la mia giacca a vento, marrone e gialla, e il mio berretto colorato. Mi tolsi allora quella giacca, che nascosi sotto il maglione, e quel berretto. Ero ritornata una normale ragazza dai capelli biondi. La signora avrebbe voluto ospitarmi quella notte ma i miei si sarebbero molto preoccupati non vedendomi tornare. Non potevo restare. Tornai dunque a casa e sulla strada incontrai un posto di blocco. Signorina, ha forse visto un ragazzo con una giacca marrone e bianca?  No, non l’avevo visto quel ragazzo e, aggiunsi tra me, non aveva neppure una giacca marrone e bianca, ma marrone e gialla. Arrivai a casa più tranquilla, certa  che i miei amici fossero a loro volta al sicuro, sulle montagne. Ma, pensavo, se fossi entrata in quella fabbrica un minuto prima o i fascisti un minuto dopo, se mi avessero riconosciuta, se avessero sparato… Di nuovo, tanti “se” scorrevano nel mio pensiero. Il “se” è un sottile diaframma che separa la realtà dal sogno, è amore e odio. Lo amiamo perché ci permette di sognare, lo odiamo perché toglie alla nostra vita la certezza. E senza certezze, non abbiamo più muri cui appoggiarci e il terreno, quel terreno su cui vorremmo sentire saldi i nostri piedi, diventa scivoloso.

24 giugno 2025

5. Continua

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