Quotidiano online

Racconti

Il vino di Luca

di Antonello Catani

    Abbiamo detto capolino, perchè, con tutto il realismo e fatalismo di questo mondo, simili sensazioni non hanno fatto a tempo ad affiorare che in qualche modo sono già rimosse. Agiscono però nell’ombra e nella profondità della psiche. E’ indice dell’inesauribile ingegnosità o ottimismo umani il fatto che per tali spiacevoli memento sia stata escogitata una antichissima e immemoriale serie di terapie ed esorcismi. La loro frequente e prevedibile forma teologica non ci sorprende, ma non è il caso di scomodarla in queste pagine. La terapia e gli esorcismi usati dai nostri amici non erano del resto di tipo teologico: forse avevano più attinenza con la magia e con l’alchimia. Come la pietra filosofale, che dietro il pretesto della trasmutazione degli elementi volgari in oro nascondeva il disegno di impossessarsi dei segreti della natura, allo stesso modo, i loro riti avevano l’improbabile, ma non incomprensibile obbiettivo di riprendere in mano e tirare le briglie del… tempo.

     Per farlo, dovevano comportarsi come ai vecchi tempi, ricreando situazioni come se nulla fosse cambiato, e questo spiega perchè avessero tutti bisogno ognuno della compagnia dell’altro: per questo, il rito era necessariamente collettivo. Per quanto l’amicizia esistesse, infatti, il coltivarla in gruppo non era dettato solo da motivi sentimentali: esso era l’insostituibile strumento di un rito fondamentalmente egoistico.

     Ovviamente, non rinnegavano amori, figli, esperienze o anche il grado benessere a seconda dei casi raggiunto. Ma il costo di tutto ciò era stato appunto uno scivolare in avanti, mentre essi volevano ormai scivolare indietro, o almeno fermare quel diabolico fluire. Utilizzando quella vecchia raffigurazione del tempo che lo assimilava a un leone che tutto divora, era come se essi volessero costringerlo, se non a sputar fuori tutto ciò che aveva inghiottito fino ad allora, almeno a chiudergli la bocca… Era così, soprattutto in certe serate invernali dove erano forzatamente rintanati nella grande cucina con le finestre ben chiuse, che quest’ultima si trasformava impercettibilmente nell’antro dell’alchimista. Forse mancavano gli alambicchi e il vapore di ebollizioni biancastre, ma il vino violaceo e il riverbero della fiamma arrossavano i loro volti allo stesso modo che se stessero assistendo alla grande trasmutazione… E se questa non riguardava l’oro, pure, essa avveniva, perchè era in quei momenti che chiudevano la bocca al grande divoratore: il tempo provvisoriamente si fermava o, perlomeno, rimaneva fuori dalle finestre, assieme al maestrale che sibilava.   

  E’ probabile che se uno avesse proposto loro a bruciapelo queste interpretazioni e accostamenti, svelandogli che in fondo quelle riunioni erano dei dissimulati riti magici, lo avrebbero guardato con un sogghigno di divertimento, come di solito avviene di fronte a conclusioni che appaiono strambe e insolite. Non è però neanche da escludere che poi, ripensandoci a mente fredda, non si dicessero: “Ma guarda che figlio di p…!”  

    Insomma, dei tanti vani esercizi a cui ci si può dedicare, oltre che avere un sapore di nobiltà, quello da loro praticato aveva anche il pregio di una venerabile antichità e di essere vissuto con l’innocenza e la libertà del gioco. Forse era anche per contribuire a questi giochi che Luca faceva il suo vino…  

22 giugno 2025

14. Fine

LEAVE A RESPONSE

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *