di Patrizia Lazzarin

Nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Carlo Levi di Roma e l’Archivio Piero Martina di Torino che ha permesso di ricostruire oltre tre decenni di sodalizio fra i due artisti, la mostra Omaggio a Carlo Levi. L’amicizia con Piero Martina e i sentieri del collezionismo che si è inaugurata alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Visitabile fino al 14 settembre, essa è stata realizzata in occasione del cinquantenario dalla scomparsa di Carlo Levi e racconta le loro esperienze di vita condivise in ambito artistico politico e sociale come la battaglia per un’arte europea, la dissidenza nei confronti del fascismo e l’approdo a Roma nel periodo della ricostruzione post-bellica. La vita di Levi, pittore, scrittore e intellettuale torinese viene letta in rapporto al legame umano, intellettuale e artistico intrattenuto con Piero Martina, pittore anch’egli torinese, che venne sostenuto dallo stesso Levi sin dai primi anni di carriera.
Oltre sessanta sono le opere provenienti dalla Fondazione Carlo Levi e dall’Archivio Piero Martina, oltre che da importanti istituzioni culturali e collezioni pubbliche e private, Centrale nel progetto espositivo è anche il legame di Levi con Roma, città dove visse stabilmente dal 1945 fino alla morte e che rappresentò una fonte d’ispirazione continua, oltre che luogo d’impegno civile da ritrarre come il simbolo di un’Italia in trasformazione.
A completare il percorso espositivo è la storia di un’altra amicizia, quella tra Linuccia Saba, figlia di Umberto Saba e compagna di Carlo Levi, e Angelina De Lipsis Spallone, nota collezionista romana che, dalla morte del pittore, ha arricchito la propria ricca collezione privata, costituita da trecento quadri, con l’acquisizione di diciannove dipinti inediti di Levi, oggi finalmente visibili nella speciale sezione di chiusura della mostra romana.

Piero Martina, Nudi nella vigna verde, 1961
L’iniziativa è promossa anche da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è curata da Daniela Fonti e Antonella Lavorgna (Fondazione Carlo Levi) e Antonella Martina (Archivio Piero Martina), mentre la sezione dedicata alla Collezione Angelina De Lipsis Spallone è curata da Giovanna Caterina De Feo. L’esposizionesi inserisce all’interno della programmazione, avviata nel 2024, con cui la Sovrintendenza Capitolina celebra il centenario dell’istituzione della Galleria d’Arte Moderna (1925-2025).
Nella prima sezione dell’esposizione: La formazione, l’ambiente intellettuale torinese, sono poste a confronto le opere di questo periodo che si legano alla cultura figurativa del gruppo dei “Sei di Torino” che Levi aveva contribuito a fondare. Se le opere di quest’ultimo sono caratterizzate – dopo un avvio di figurazione dai volumi netti sotto la luce (quasi “realismo magico”) – dall’approdo ad una pennellata morbida e avvolgente di natura più sensuale, la pittura di Martina si rivela come uno schermo vagamente colorato e iridescente che nasconde le cose invece di rivelarle.
La seconda sezione Da Torino a Roma: suggestioni, aperture e nuove ricerche accompagna il visitatore nel passaggio dal periodo torinese, in cui il fascino discreto della loro città si rivela nei ritratti di familiari e amici, nelle nature morte e negli scorci cittadini realizzati dai due artisti (Tramonto con la Mole, del 1942, di Piero Martina), al periodo immediatamente successivo caratterizzato dalla tragica incombenza della guerra e dai continui spostamenti dei due. Tra il 1934 e il 1938 Carlo Levi conosce diversi arresti e il confino in Lucania, la persecuzione della polizia fascista e le leggi razziali che lo costringono a una vita di continuo nomadismo tra l’Italia e la Francia.

Carlo Levi, Le Officine del gas, 1926
Ma non si interrompono le occasioni di incontro e confronto con l’amico, con il quale condivide il comune senso di perdita a seguito del bombardamento delle loro case a Torino, nel 1942. In questo stesso anno realizzano l’uno il Ritratto dell’altro. Dalle atmosfere lievi e intimiste dei primi lavori, nei primi anni Quaranta Piero Martina si avvicina ai linguaggi contemporanei più antiaccademici (la Scuola Romana, ad esempio) e passa a un uso del colore piùfermo e studiato (Ragazza al clavicembalo, 1940; Rose e conchiglie, 1942).
Levi, invece, a partire dal suo confino lucano si lascia catturare dai temi del sociale rappresentando la miseria dei contadini del sud Italia, abbandona le trasparenze del periodo precedente per concentrarsi su strutture più robuste, dense e “ondose”, che definiscono uno spazio percepito come mobile e trascorrente (Autoritratto con fornello, 1935 Tetti di Roma, 1951).
Dopo una breve parentesi fiorentina nel 1943 e l’esperienza alla Biennale del 1948, alla quale entrambi partecipano, arriva un punto di svolta agli inizi degli anni Cinquanta quando Martina, quarantenne, si stabilisce a Roma dove Levi risiedeva già dal 1945. Insieme frequentano i vivaci circoli artistici della Capitale, centro nevralgico di un movimento di riconquista delle libertà espressive sacrificate durante il ventennio e di energie convergenti da tutta Europa, nelle arti come nella letteratura, nel cinema e nella fotografia.
È La stagione dell’impegno civile – titolo della terza sezione della mostra – che coincide con un momento di acuto confronto sociale nel paese e con una fase di profonda consapevolezza nei due artisti, del ruolo degli intellettuali nei confronti dei contadini e della classe operaia. Sono di questa fase, infatti, le opere più sperimentali di Martina legate ai temi del lavoro operaio (La Tessitrice n.2, 1952, La manifattura tabacchi, 1956), e la pittura scabra di Levi in cui ritrae le difficili condizioni delle classi subalterne e contadine del Sud (Il Ragazzo Aleandro, 1952, Fratelli, 1953, Contadine rivoluzionarie, 1951).

Carlo Levi, Ritratto di Piero Martina, 1942
La quarta sezione, Il nudo e il paesaggio, temi coinvolgenti, accoglie alcuni lavori delle loro ultime stagioni pittoriche, dominate da un orizzonte tematico simile in cui prevale un rinnovato interesse per la natura, un vagheggiato Eden popolato da nudi e silhouette, antiche divinità e inattese apparizioni. Anche questa volta, però, la resa pittorica è quasi all’estremo opposto: figure in primo piano, assottigliate e indecifrabili, caratterizzano i dipinti di Martina, la cui pittura – sia che si concentri sulla rappresentazione di paesaggi che su quella di nudi corporei – sembra ritrarsi dal fondo per apparire come un connubio indissolubile tra luce e colore (come in Paesaggio meridionale, 1949 e Alberi e Nudi nella vigna verde, 1961). Al contrario Levi sperimenta una materia densa e afosa, rappresentazione di un mondo vegetale drammatico e onirico. I nudi e i paesaggi dai colori levigati degli anni giovanili, lasciano ora il campo a opere complesse come Donne furenti del1934o Alberi del 1964.

Piero Martina, Interno dello studio con cappello, 1937
Conclude il percorso espositivo la sezione: Le opere di Carlo Levi nella Collezione di Angelina De Lipsis Spallone. Medico e amante dell’arte, Angelina De Lipsis Spallone (1926-2020) è stata una collezionista dallo sguardo attento alla migliore arte nazionale e internazionale del suo tempo. Fa parte di questa collezione un importante corpus di diciannove dipinti inediti di Carlo Levi, esposti ora per la prima volta, acquisiti grazie all’amicizia con Linuccia Saba, figlia di Umberto e compagna di Levi negli anni romani. La raccolta di opere leviane racconta quasi per intero il percorso dell’artista a partire dai suoi esordi.
5 maggio 2025