Le difficoltà di Renzi crescono

E' interessante notare che in due interviste, del premier al Sole 24 Ore e di Dario Nardella, subentrato al rottamatore come sindaco a Firenze, al Foglio compaiano due interpretazioni del renzismo piuttosto diverse, se non opposte, di cui una, quella di Renzi stesso, blanda e populista, l’altra, quella del renziano Nardella, radicale e a suo modo aristocratica. Quel che a mio giudizio è veramente significativo è che queste due interpretazioni rimandino, a loro volta, a due diverse diagnosi sui mali dell’Italia.Così Luca Ricolfi su La Stampa.

Renzi come Giano bifronte

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Il declino (quasi) inarrestabile del Belpaese

Una società povera che incappa in una crisi ha molte possibilità di rialzarsi perché non può non accorgersi della gravità di quel che le succede, e non può non sentire la spinta ad automigliorarsi. Una società ricca che è in declino da due decenni (ma secondo molti studiosi da più tempo ancora) può benissimo sottovalutare quel che le succede, e avere ormai esaurito la spinta all’automiglioramento. L’Italia, se si eccettua il segmento degli immigrati (che alla crisi hanno reagito e continuano a reagire molto bene: 91 mila posti di lavoro in più negli ultimi 12 mesi), è precisamente nella seconda condizione. Dal momento che il nostro declino è lento (perdiamo l’1-2% del nostro reddito ogni anno), e la maggior parte della popolazione ha ancora riserve di denaro e di patrimonio, è molto facile cullarsi nell’illusione che basti aspettare, che prima o poi il sole tornerà e la ripresa dell’economia rimetterà le cose a posto. Così Luca Ricolfi su La Stampa.

Matteo alla prova del nove: riuscirà il nostro eroe fiorentino?

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