Renzi al bivio delle riforme che vanno fatte sul serio

Draghi non poteva essere più chiaro: tanto più le necessarie politiche fiscali e strutturali tarderanno, tanto minore sarà l'efficacia della politica monetaria, a partire dalla capacità di rispettare lo stesso mandato di tutelare la stabilità dell'euro. Una affermazione così decisa dovrebbe far riflettere tutti. l'Unione è come una macchina impantanata; ha almeno quattro ruote motrici - moneta, fisco, concorrenza e lavoro - ma solo una sta girando. In simili situazioni, la macchina rischia di affonda. Anche in meno di mille giorni. Così Donato Masciandaro su Il Sole 24 Ore. 

Cara Italia, urgono le riforme promesse

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La doppia maggioranza del premier sul filo del rasoio

Il leader del Pd intende proseguire «fino al 2018» con la tattica della «doppia maggioranza» che gli sta per garantire al Senato il primo voto sulla modifica del bicameralismo. Ma in vista del «settembre nero» rafforza intanto l’argine della maggioranza di governo, consapevole che «l’autunno sarà difficile»: «Tuttavia, proprio le difficoltà ci aiuteranno a fare cose nuove». Non è dato sapere quali saranno le «cose nuove» che dovrebbero trovar spazio nella legge di Stabilità, e che sarebbero alla base di certe frizioni con il ministro dell’Economia. C’è un motivo però se giovedì, in Consiglio dei ministri, il premier ha voluto rassicurare la sua squadra di governo: «Piano piano ce la faremo. E supereremo le critiche attraverso la ripresa dell’occupazione. Perché assieme ai dati negativi, ci sono anche dei dati positivi». Così Francesco Verderami sul Corriere della Sera.

Matteo ha perso un po' di baldanza

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La giungla è nel Palazzo

Il grande potere dell’opposizione, fondato sulla Costituzione e sul principio cardine della non-decisione, è trasmigrato intatto dai primi anni eroici del post-fascismo, della nascente democrazia e della fragile Repubblica italiana, alla maturità e alla crisi del sistema partitocratico e alla gran confusione dell’infinita transizione italiana. Sebbene possa fare impressione che al posto di Berlusconi, o di D’Alema, Veltroni, Fassino, e insomma dei leader di schieramenti maggioritari, oggi ci siano Vendola e i suoi sette senatori e Grillo con i suoi cinquantaquattro, la regola invalicabile vale anche per loro. E in quest’ambito, suona ovviamente da conferma che per oltre un trentennio siano andati falliti tutti i tentativi di cambiare la Costituzione (anche se in verità se ne parla da più tempo, addirittura dal 1969): perché da qualsiasi parte la si prenda, e perfino se si aggira il problema della Carta, ripiegando sulla legge elettorale, la questione rimane la stessa: per consentire ai governi di governare, realizzando il programma votato dagli elettori, come avviene in tutte le normali democrazie, non c’è altra strada che ridurre le garanzie eccezionali – lo strapotere, appunto – che in Italia sono ancora concesse alle opposizioni. Così Marcello Sorgi su La Stampa.

Le riforme che non arrivano: il potere di veto delle opposizioni

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