Un'Europa così non può funzionare

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Londra, i laburisti scelgono Jeremy Corbyn e chiedono, come i 5 Stelle in Italia, una politica pulita, senza sprechi, Corbyn, vegetariano e quasi astemio, va in bici, si veste al mercatino, come rimborso ha riscosso solo l’inchiostro della stampante, ha divorziato dalla mamma dei suoi 3 figli perché non voleva mandarli alla scuola di quartiere ma a una d’élite. Ingenuità, che scaldano però milioni di persone, under 30 e no, nel tam tam ossessivo dei social media. Capire questo formidabile disagio è indispensabile ai leader che vogliono resistere alla deriva populista, Merkel, Obama, Renzi, Hollande come può, il nuovo Tsipras, Rajoy, Cameron se resiste alle sirene anti Ue di Ukip. L'editoriale di Gianni Riotta su La Stampa.

Politica in mano ad euroburocrati senza passione

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Il Belpaese si trova in un vicolo cieco

Se da vent’anni, suggerisce il prof. Ernesto Galli Della Loggia con un editoriale sul Corriere della Sera, l’assetto politico italiano non trova pace, sentendosi periodicamente insidiato dall’antipolitica, dal populismo, dal giustizialismo - con i vari schieramenti politici che di volta in volta incarnano uno dei tre - una ragione di fondo c’è. Ed è che tutte e tre quelle patologie sono nel Dna stesso della Seconda Repubblica: costituiscono una sorta di suo peccato originale. Tra il 1992 e il 1994 - non bisogna mai dimenticarlo - la Seconda Repubblica è nata infatti fuori e contro la politica. Violando in molti modi l’insieme di regole e di prassi che fino allora la democrazia italiana aveva più o meno sempre rispettato, e al tempo stesso, però, non essendo capace di darsi regole davvero nuove. Proprio per questo essa è restata in certo senso prigioniera delle modalità della sua nascita: condannata a ripercorrerle periodicamente. Dunque a doversela vedere periodicamente con l’antipolitica, con il populismo, con il giustizialismo.

Se cresce l'antipolitica è per la scomparsa della buona politica

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Molti democratici ostili al premier

Critici, sia nelle file della maggioranza, sia dell'opposizione si affannano a dimostrare che Matteo Renzi sta perseguendo politiche coerenti con l'ideologia populista berlusconiana. Che ha miseramente fallito. Questo per mettere in cattiva luce l'ex sindaco di Firenze. Renzi non è un uomo politico ex comunista, come un D'Alema o un Bersani qualsiasi. I critici non si rendono conto che il mondo, caduto il muro di Berlino, è cambiato. Non ha più senso parlare di comunismo e di fascismo. Il politologo Gian Enrico Rusconi, su La Stampa, sottolinea le differenze del dilettantismo di Matteo Renzi e del professionismo politico-aziendalista di Silvio Berlusconi.

Renzi non é un nuovo Berlusconi

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