I limiti dell'arroganza

  • Pubblicato in Esteri

        Per quanto apparentemente estraneo alle vicende ucraine, il recente incontro indo-americano a Washington ha tradito il complesso di fondo che influenza pesantemente anche il disastro in Ucraina.

       Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha infatti sollevato il tema dei diritti umani, affermando che gli Stati Uniti “sono molto preoccupati per la situazione dei diritti umani in India”. Poco ci mancava che egli chiedesse al suo omologo indiano Jayshankar di fare una pubblica ammenda. In altre parole, Blinken si stava preoccupando della moralità altrui, senza esserne richiesto e senza averne titoli. In più, con una fedina nazionale niente affatto candida.

      Quasi che il fato volesse smentire la sua prosopopea, per una beffarda e agghiacciante coincidenza, qualche giorno dopo, in Michigan, un altro giovane negro di 26 anni, Patrick Lyoya, è stato sparato alla testa da un poliziotto a distanza di qualche centimetro, nonostante egli fosse disarmato, disteso per terra e incapace di nuocere. La facilità con cui un giovane inerme è stato freddato con un colpo alla nuca a qualche centimetro di distanza getta una luce istruttiva sul modo con cui la polizia americana gestisce l’ordine pubblico e, per estensione, i famigerati diritti umani. Chi insomma pensava che George Floyd fosse un caso sporadico e definitivo, era un ottimista.

      L’episodio serve a sottolineare, se mai ce ne fosse bisogno, l’arroganza che la classe dirigente americana, che ovviamente non rappresenta tutta la nazione, non manca di sfoggiare senza alcun pudore. La non richiesta e ormai annosa presenza e interferenza degli Stati Uniti in Europa e nel resto del mondo sono la deriva della suddetta arroganza. E’ stupefacente che nei commentari attuali sugli avvenimenti ucraini nessuno si chieda il perché della suddetta ingerenza, dell’intrusione violentatrice in Europa di una nazione lontana migliaia di chilometri. QUESTO è il vero problema dell’Europa. L’Ucraina è solo una delle conseguenze. Molti hanno già dimenticato i 78 giorni selvaggi bombardamenti in Serbia o quelli in Libia, per non parlare dell'Iraq da oltre un milione di morti. Dov'era allora il corale e pecorile j'accuse mondiale per tali barbarie? I chierichetti europei della morale accusarono Bush e Clinton di essere dei mostri e dei dittatori malvagi? Non risulta. Il contrasto è a dir poco un insulto alla reale parità degli esseri umani. Il fatto è tanto lampante che per dipingere adeguatamente l’omertà e l’apatia europee in proposito l’unico modello è quello di un docile zombi haitiano, marionetta manovrata dal suo stregone.

      Si spiegano così l’assenso e la complicità nei riguardi delle pressioni incendiarie americane, delle ripetute dichiarazioni di Joe Biden, secondo cui Vladimir Putin sarebbe “un criminale di guerra”, rinforzate dalla recente accusa alla Russia di “genocidio”. Quest’ultima accusa in particolare, oltre che essere palesemente falsa, proviene dal rappresentante di una nazione che nel XIX secolo provocò lo strisciante ma inarrestabile genocidio delle popolazioni indiane. Il colmo della spudoratezza. Per bocca del suo più alto rappresentante, una nazione che ha inoltre al suo attivo milioni di morti, di stragi e di massacri già solo negli ultimi 20 anni, diffonde accuse che dovrebbe rivolgere per prima a sé stessa. Il contagio di questa delirante retorica è stato quasi immediato, e già i pappagalli e gli imbecilli di turno hanno iniziato anch’essi a copiare il lessico relativo.

       Il caso di Joe Biden è ovviamente ancora più delicato e inquietante.  Chi si è preso la briga di seguirne le apparizioni pubbliche e i suoi discorsi degli ultimi mesi, non può non aver notato che il declino comportamentale e cognitivo dell’uomo peggiora a vista d’occhio di giorno in giorno. Un individuo visibilmente incapace di articolare discorsi senza confondersi, che urla, che stringe mani di persone inesistenti e cammina quasi inebetito. Ci sarebbe da compatirlo, data l’età, ma il problema è che l’uomo incita il mondo all’odio, mira a distruggere ed annientare un intero Paese con sanzioni sempre più estese, facendo false affermazioni, firmando inoltre decreti su decreti di forniture militari all’Ucraina sempre più massicce e sofisticate.

       Un crescendo di livore senza fine, un modo subdolo e protervo di fare la guerra alla Russia per interposta persona e senza un minimo di “esame di coscienza”, direbbe un tipico confessore. L’irresponsabilità è sempre grave, anche in una persona equilibrata e lucida. Quando però si manifesta in un individuo palesemente in declino psico-fisico, essa è doppiamente pericolosa e può avere conseguenze devastanti. E’ pertanto incomprensibile come in questo delirio guerresco il Presidente americano sia seguito da una folla di masochisti in Europa, che dovranno ospitare e sfamare milioni di profughi e spiegare inoltre alle masse silenziose e abuliche il perché di una profonda crisi energetico-alimentare (rincaro di petrolio e grano e a catena di tutto il resto) di cui si vedono ora solo gli inizi.

       Non meno incomprensibile, inoltre, che l’establishment di Washington e il Partito Democratico siano così stranamente apatici e silenziosi. Prevale un’interessata omertà - le previsioni per le elezioni di medio-termine non dicono nulla di buono per i Democratici – ragion per cui i palesi segni di declino cognitivo di Joe Biden sono eufemisticamente definiti come delle innocenti “gaffes”. In realtà, se le stesse fossero commesse da un modesto militare o un semplice funzionario, non vi è il minimo dubbio che quest’ultimo sarebbe stato già da tempo rimosso dalla posizione. Nel frattempo, l’inflazione che era all’1,4% a inizio mandato presidenziale, ora è arrivata all’8,5%. Tutta colpa di Putin, tuona Joe Biden, ma nessuno ci crede. Il basso livello (33%) di gradimento della sua gestione lo attesta.

      Cosa attendono quindi i due Partiti per arginare questa pericolosa escalation verbale, economica e materiale, questo aizzare gli animi anziché calmarli? Si dirà che, dietro le quinte, l’intramontabile Complesso Militare Industriale che governa gli Stati Uniti, chiamato anche “Governo Invisibile“ (vedi D. Wise and Thomas Ross, The Invisible Government, 1964), è in realtà il vero motore di questa follia. Ma ciò non ne diminuisce i rischi. Rimane il fatto che, non contenti di aver rinforzato e ampliato la NATO negli ultimi 20 anni e trasformato l’Europa in un aggressivo arsenale militare rivolto ad est, anziché promuovere il dialogo e farsi mediatori di una risoluzione pacifica della guerra, adesso gli Stati Uniti hanno iniziato ad inviare in Ucraina anche armi sempre più sofisticate e letali (vedi gli ultimi 800 milioni di dollari di questi giorni). Guarda caso, nello stesso periodo, la Russia non stava affatto potenziando le sue strutture militari ad ovest, finchè l’ostinata e spavalda espansione della NATO e il rifiuto di fornire reciproche garanzie di sicurezza non ha provocato l’invasione.

      Anche se i dilettanti e i Farisei hanno addossato tutte le colpe a Putin, non bisognerebbe mai stancarsi di ricordare che ciò che sta avvenendo adesso era già stato previsto molti anni fa. Negli Stati Uniti, e non in Europa, cosa che testimonia il livello di apatia e cecità di un’Europa sempre più degradata.    

     Già Noam Chomsky osservava nel 2015 che nessun Russo avrebbe mai accettato un’Ucraina nella NATO, evento considerato una minaccia strategica per la Russia. Nello stesso anno, anche John Mearsheimer, dichiarava che “l’occidente sta conducendo l’Ucraina verso la rovina e l’Ucraina corre il rischio di essere ridotta in macerie.” Fatale e profetica profezia!  Ma assieme a costoro anche altri – una legione – predissero le stesse cose. Lo aveva già predetto  Ted Galen Carpenter, addirittura nel lontano 1994, in un libro intitolato “Beyond Nato: Staying out of Europe’s Wars”. Lo avevano intuito e denunciato personaggi come Stephen Cohen, Professore Emerito di studi russi a Princeton; Madeleine Albright e Strobe Talbot, rispettivamente Segretario e Sotto-Segretario di Stato sotto Bill Clinton; George Kennan, padre dei sovietologi americani; Robert Gates, Segretario alla difesa sotto Bush e Obama; Steven Pifer, ambasciatore americano in Ucraina dal 1998 al 2000;, Thomas Friedman, uno dei più noti commentatori americani di politica estera; Patrick Moynihan, uno dei più autorevoli e colti membri del Senato; John Matlock, ambasciatore in Unione Sovietica dal 1987 al 1991; William Perry, Segretario alla difesa sotto Clinton e Obama, etc. etc.

     Come dire che “tutti” lo sapevano ed erano stati avvertiti ad abundantiam che la Russia avrebbe considerato l’avanzata della NATO come una minaccia alla sua stessa esistenza e avrebbe reagito militarmente. Tuttavia, le Amministrazioni, inclusi il sorridente Bill Clinton (promotore della spinta della NATO ad est) e il quasi compunto Barak Obama, andarono avanti con imperturbabile ostinazione, armando già da allora l’Ucraina. Quanto le orecchie furono e siano sorde al buon senso lo dimostrano le parole del già menzionato Blinken, che agli inizi del 2022 ha spavaldamente reiterato che “le porte della NATO sono aperte, rimangono aperte, e questo è il nostro impegno.” Frase che, ridotta alla cruda sostanza, significa: “Si fa così. Punto e basta”. L’arroganza non muore e Antony Blinken può dare la mano al suo degno collega incendiario, l’inespressivo e acido predicatore anti-russo, e cioè, Jens Stoltenberg.

        Le suddette caratterizzazioni personali possono sembrare fuori luogo, ma servono in realtà a focalizzare eventi e persone in termini più realistici e oggettivi di quanto la retorica convenzionale e l’illusoria aridità della geopolitica non vorrebbero far credere. Checchè ne pensino gli economisti, i moralisti, i predicatori religiosi o i cosiddetti Filosofi della Storia, guai a trascurare il peso e il ruolo degli individui nelle vicende storiche. Guai quindi a trascurare la possibilità che queste ultime vengano influenzate da degli stupidi e da decisioni stupide. Chi è lo stupido? Banalmente, chi non applica il buon senso, è miope, non usa la prudenza, persegue con arrogante ostinazione i suoi scopi, non riesce a guardare lontano, si accontenta dei benefici immediati, non riflette sugli effetti negativi delle sue azioni e insomma manca di equilibrio e moderazione. Ecco perché individui come Mussolini sono stati prima di tutto dei pericolosi stupidi. L’immoralità o la malvagità vengono dopo. Sono le derive ed etichette supplementari della stupidità. Essa è il peccato più grave e devastante. In altre parole, quando si cerca di capire e interpretare molte vicende storiche, e il disastro ucraino è una di queste, non bisognerebbe mai trascurare le deficienze psichiche e mentali di individui e gruppi che si trovano in posizioni di potere. Come dire che sempre più le pretese egemoniche degli Stati Uniti sono diventate una patetica ma anche pericolosa arena per gli stupidi.

        Ecco perché non si saprebbe che altro aggettivo usare per le annunciate probabili intenzioni di Svezia e Finlandia di chiedere l’ingresso nella NATO. Un’ulteriore provocazione e una clamorosa irresponsabilità. L’ostinazione nell’ostinazione. Quando e dove l’Unione Sovietica post-bellica e poi la Russia post-1990 hanno mostrato ambizioni territoriali nei confronti della Svezia e della Finlandia? Agli occhi della Russia, l’ingresso delle due nazioni nella NATO vorrebbe dire completare la tenaglia. Perché stupirsi, se i Russi minacciano di posizionare armamenti nucleari lungo il Baltico? In situazioni simili,  Stati Uniti, Cina, India e altre nazioni reagirebbero allo stesso modo o peggio. Questo per dire che chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Se Putin è oggi (costretto ad essere) brutale, come sostengono gli altoparlanti mondiali, una cosa è certa: i suoi avversari non sono meglio di lui, con la differenza che sono travestiti da agnelli.  

       Anche se tutto ormai mostra un’’Europa diventata, salvo rarissime eccezioni, un Protettorato di docili cortigiani, l‘arroganza americana rischia questa volta di giocare col fuoco. Forse confondono la Russia con l’Iraq. Lo suggerisce la lettera recentemente inviata dalla Russia al Dipartimento di Stato, dove si avverte che la fornitura di armi pesanti e di lunga gittata all’Ucraina avrà imprevedibili conseguenze. Se si ricorda, per lungo tempo la Russia tenne ammassate le sue truppe al confine ucraino, in attesa di positive risposte americane  riguardo al futuro dell’Ucraina e alla necessità di garanzie territoriali. L’invasione iniziò puntualmente quando Mosca ricevette un rifiuto.

       Sotto molti punti di vista, la situazione è adesso assai simile. Solo degli irresponsabili possono sottovalutare le possibili reazioni di una nazione sempre più accerchiata e sente minacciata la sua sicurezza. Gli Stati Uniti stanno scivolando in una trappola che essi stessi hanno caparbiamente costruito negli anni. I confini fra un conflitto russo-ucraino e un conflitto russo-americano si stanno facendo sempre più labili. Un nonnulla può condurre a uno scontro diretto.

        Non ne vale la pena.

        Fra l’altro, in questo caos che sta costando migliaia di vite umane da una parte e dall’altra, molti fanno finta di dimenticare che, con la loro annosa intromissione, Europei e Stati Uniti hanno acuito le tensioni di una nazione già divisa al suo interno, di un’Ucraina occidentale filo-europea e di una parte orientale, il Donbass, filo russa. Di un’Ucraina dove – come già osservava Stephen Cohen vari anni fa – esiste un significativo 30% di neo-fascisti ultra-nazionalisti al governo. Di un’Ucraina dove anche i filo ucraini parlano il russo più dell’ucraino e dove la regione etnicamente più russa ma anche la più ricca e industrializzata è proprio quella orientale. Come dire che se il Paese aveva già dei problemi strutturali ed etnici, il dissennato pungiglione dei presunti amici europei li ha esasperati ancora di più.

       Qual è il risultato? Un disastro, di cui i primi a rimetterci sono stati gli Ucraini. Gli altri, i presunti amici ed alleati - vedi il battagliero Stoltenberg e tutti gli altri – non rischiano nulla, neanche la poltrona. Al disastro si unisce anche uno scenario surreale. Lo suggeriscono le apparizioni di Zelensky in perenne teatrale maglietta, che chiede sempre più armi, chiama l’Europa a raccolta (ovvero a fare la guerra), snobba il Presidente tedesco che vorrebbe visitarlo, ma passeggia sorridente con l’istrionico Boris Johnson, che impudentemente invia istruttori militari a Kiev e non perde insomma un’occasione per far dimenticare i suoi party con birra e champagne in periodi di clausura covid.

       Tragedia e assurdità.

       Quest’incredibile arroganza da gendarme del mondo che non accetta altre comparse, questa generalizzata incoscienza, questi supposti leader inappropriati al loro ruolo valevano la rovina dell’Ucraina e di tante vite? Valgono davvero il rischio di un conflitto allargato e con spettri nucleari? No. Però, ogni giorno che passa, le erratiche intemperanze di un uomo dal dubbio equilibrio psichico, le velleità della classe dirigente ucraina e gli show di istrioni e carrieristi stanno sempre più avvelenando l’atmosfera con conseguenze del tutto imponderabili.

Antonello Catani,  17 aprile 2022

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