Sulla Russofobia e dintorni

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      Come noto, la conclamata “malvagità” di Vladimir Putin, definito sarcasticamente “Zar”, è sulla bocca di tutti. Sono in molti quelli che sostengono che “bisogna ucciderlo”. Non si era inoltre mai sentito, neanche a tempi della guerra fredda, che un Presidente americano (vedi Joe Biden) dica del collega russo che costui è “un assassino” e  “un criminale di guerra”e ultimamente anche “butcher” (macellaio). Un simile lessico offensivo e da angiporto mal si adatta alla dignità della sua carica. C’è poi anche il Ministro degli Esteri italiano che, da nuovo Savonarola, ha così sentenziato: “fra  Putin e qualsiasi animale c’è un abisso.”Una sciocchezza simile non ha neanche la semi-attenuante della tarda età. Al coro degli accusatori da un capo all’altro dell’Europa si aggiunge naturalmente anche quella dell’attuale Presidente ucraino che, sub specie di vittima e santino  liturgico, appare sui podi virtuali dei parlamenti di varie nazioni, invocando più armi e rappresaglie da III Guerra mondiale sul mostro Putin. Volto non rasato e maglietta a maniche corte vengono da lui  verosimilmente usati per rafforzare l’effetto drammatico delle apparizioni assieme agli incipit dei suoi discorsi del tipo “il mio sogno è quello… “, incipit di inconfondibile fattura hollywoodiana. I dilettanti investiti di poteri sono sempre stati pericolosi. Passerà alla storia come una pedina di un gioco più grande di lui e dell’Ucraina.

      Vi sono poi anche i provvedimenti nei confronti degli “oligarchi”, non si sa bene se colpevoli di essere russi o di essere ricchi…. Ammesso anche che costoro si siano arricchiti grazie alla spartizione privilegiata delle aziende di Stato dell’ex-URSS, dove sono gli analoghi provvedimenti nei confronti delle Big Corporations di Silicon Valley che disinvoltamente evadono le tasse grazie a scappatoie legali e fiscali? Secondo un rapporto del 2019 di Fair Tax Mark, un’organizzazione Britannica che certifica le aziende in base al loro corretto comportamento fiscale, nel decennio 2010-2019 Amazon, Apple, Facebook, Google, Microsoft e Netflix hanno pagato 100 miliardi di dollari di tasse in meno di quanto avrebbero dovuto, se non avessero usato escamotages fiscali (eufemismo per evasioni travestite) col beneplacito dello Stato. Non risulta che qualcuno sequestri a costoro gli yachts o ne congeli i fondi. Due pesi, due misure.

     Tutte le manifestazioni di ostilità sopra citate sono in realtà solo l’iceberg di un complesso psicologico di gran lunga più ampio e che riguarda in realtà la Russia in quanto tale. Si tratta della “Russofobia”. Essa e la NATO esistevano ben prima di Vladimir Putin e dell’invasione dell’Ucraina. Del resto, che il fenomeno riguardi ben più di un uomo specifico non era sfuggito al Ministro Indiano degli Affari Esteri, Subrahmanyam Jaishankar, che nel 2019 parlava appunto di “una emotiva e viscerale ossessione” anti-russa degli Stati Uniti e dell’Europa. Egli aveva colto nel segno. Tale complesso non solo vanta una rispettabile anzianità, ma risulta anche composto da elementi eterogenei. A contribuirvi fu per esempio la Gran Bretagna. L’espansione russa nell’Asia Centrale nel XIX secolo, percepita da quest’ultima  come una minaccia nei confronti del prezioso forziere economico che era l’India da essa dominata, diede la stura a una diffusa Russofobia anche a livello popolare.

      Da qui l’aperta ostilità nei confronti della Russia zarista, a cui a tutti i costi bisognava impedire di uscire nei Dardanelli. Da qui la Guerra in Crimea e da qui il supporto di un decrepito Impero Ottomano ormai barcollante. Senza tale supporto, quest’ultimo si sarebbe dissolto perlomeno già dagli inizi del XIX secolo e la storia dei Balcani ma anche dell’intero Vicino Oriente sarebbe stata diversa. Per esempio, il territorio e la popolazione dell’Armenia sarebbero verosimilmente più vasti (non sarebbe avvenuta la sistematica eliminazione degli Armeni durante la  I Guerra Mondiale); molto probabilmente i Kurdi avrebbero oggi un loro Stato; la capitale della Grecia sarebbe magari a Istanbul o a Smirne (quindi, niente pasticci e imbrogli egeo-ciprioti); la Turchia sarebbe ridotta a un territorio di gran lunga più piccolo e può anche darsi che al posto della British Petroleum e della Shell sarebbero esistite analoghe società petrolifere tedesche o russe.  

       I suddetti scenari sono meno irreali di quanto non sembri. Non vi è comunque alcun dubbio che la lunga ostilità britannica nei confronti della Russia zarista ha influenzato pesantemente la storia europea e anche in quella del Vicino Oriente. Ora, è curioso come sia gli storici di professione che l’opinione pubblica abbiano sottostimato o addirittura ignorato il secolare ruolo della Russia zarista di contenitore dell’espansione ottomana e islamica verso il nord, allo stesso modo con cui per molto tempo venne fornita un’immagine dispregiativa dell’Impero bizantino, ritenuto covo di eretici dissoluti e infidi.

      Nella mentalità collettiva si è in tal modo radicata una serie di equazioni emotive per cui i Russi sono stati associati a dei barbari “asiatici”o “tartari”, gli Ortodossi a degli “eretici” e i Bizantini (anch’essi ortodossi!) visti come degli individui infidi. Un’eco di tali clichè riemerge incredibilmente anche in certi scritti del famoso economista inglese J. M. Keynes che sosteneva esistere “una bestialità nel carattere dei Russi e degli Ebrei quando si alleano” e parlava della “crudeltà e stupidità della vecchia Russia”. (A short view of Russia, 1932, pp. 297-312.) A parte il livore anti-russo, degno di nota il lampante anti-semitismo. Del resto, anche quest’ultimo, come la Russofobia,  era un fenomeno che andava indietro nei secoli. Fu ironicamente un Papa, Innocenzo III, a decretare nel 1215 tutta una serie di discriminazioni verso gli Ebrei, incluso il ghetto e un pezzo di stoffa sul petto per segnalarne l’identità. I Nazisti non fecero che seguire le sue orme.

       Paradossalmente, il termine “Russofobia” fu coniato proprio da un Russo, Fyodor Tyutchev, che nel 1867 scriveva alla figlia, lamentando le attitudini negative verso la Russia di molti liberali del suo Paese, che lodavano le nazioni occidentali e chiudevano gli occhi di fronte alle loro violazioni del diritto e della moralità analoghe a quelle per cui disprezzavano la Russia. Come mostrano le circostanze attuali, la modernità dello scenario non fa una grinza.

      Dopo l’ostilità britannica, anche il Comunismo avrebbe contribuito a intensificare l’atteggiamento negativo nei confronti dei Russi. Le fantasie di Marx e la cupa brutalità di Lenin e compagni costarono care all’immagine della Russia. La cosa ironica è che la famigerata rivoluzione proletaria non avvenne là dove esistevano i proletari – e cioè in la Gran Bretagna - ma avvenne invece in una Russia eminentemente contadina. In quanto a Lenin, il regime iniziò con la strage di una famiglia, cosa che non era un buon segno.  Come quasi sempre accade, gli attesi Messia di un mondo più giusto instaurarono poi un regime non meno anti-libertario di quello precedente (vedi la collettivizzazione forzata e le sue piacevolezze siberiane). Se quindi già alcuni prima guardavano con diffidenza i Russi, l’ascesa del Comunismo finì per produrre un’identificazione tout court fra Russi e Comunisti, totalmente infondata La facilità con cui certe falsificazioni s’incrostano nell’immaginario collettivo è degna di nota.

       La suddetta identificazione non è mai scomparsa ed è sempre rimasta come una strisciante ombra alle spalle dei Russi. Tanto è vero che essi continuano ad essere visti con sospetto anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’inerente ostilità conviene ai responsabili del Complesso Militare Industriale degli Stati Uniti, che tramite un patetico lessico preistorico per ingenui - “l’Occidente”, “gli Alleati”, “patriota” – semina disastri a destra e a manca e legittima la destabilizzante ingerenza degli Stati Uniti nel mondo in generale, con centinaia di basi,  e più specificamente in Europa, col travestimento della NATO. Ovviamente, la diffusa ignoranza, l’inquinamento mentale e morale dei mass media e la complicità e il servilismo dei vari carrieristi di professione che oggi vanta l’Europa con rare eccezioni – vedi Orban e Macron– facilitano questa sfrontata ingerenza americana in Europa fino a renderla per così dire fisiologica.

      In ogni caso, mai come oggi l’ostilità nei confronti di ciò che è russo aveva assunto proporzioni e aspetti a mezza strada fra il delirio collettivo, l’ipocrisia, il fascismo e la pura imbecillità. Le affermazioni che nessuno ce l’ha con il popolo russo ma solo con i suoi dirigenti che hanno imboccato la strada della guerra e dell’aggressione, sono platealmente false e contraddette dai fatti. L’ostracizzazione non risparmia infatti neanche innocenti musicisti, da Tchaikovsky a Rachmaninoff e Shostakovich, il balletto del Bolshoi, tutti radiati dai programmi, o le vendita di arte russa, cancellate per ritorsione da Sothebys e Christie’s o Bonhams. Dopo la proibizione di corsi su Dostoevsky, mancano adesso solo i falò dei suoi romanzi, assieme a quelli di Tolstoi, Pushkin, Turgenev, Lermontov, etc. In tal modo, l’analogia col falò nazista dei libri il 10 maggio 1933 a Berlino sarà completa. Il furore punitivo non risparmia del resto neanche la religione, visto che recentemente in Canada (a Calgary e nella Columbia Britannica) delle chiese ortodosse sono state vandalizzate con vernice rossa. Quest’estensione “religiosa” del linciaggio morale è un’ulteriore prova che il furore è rivolto a tutto ciò che è russo.

      Tale livore di fondo, che precede l’invasione dell’Ucraina ed è appoggiato da burocrati-marionette oltre che da pappagalleschi mass media, stava affiorando già da tempo, con toni affini a certi noti comportamenti del passato. Un esempio è costituito da James Clapper, ex- Direttore della National Intelligence – un servizio informazioni affine alla CIA – il quale in un’intervista alla NBC nel maggio 2017 dichiarò che i Russi erano “quasi geneticamente spinti ad agire in modo subdolo” (sic). Torniamo indietro di 80 anni e leggiamo cosa diceva alle sue truppe  il generale della Wehrmacht Eric Hoepner il 2 maggio 1941: “La guerra contro la Russia è un importante capitolo…nella difesa della cultura europea contro l’inondazione Asiatico-Moscovita…L’obiettivo deve essere la distruzione della Russia di oggi…” L’affinità di tono e di umore con le dichiarazioni del succitato James Clapper è significativa. Anche il riferimento alla “distruzione” della Russia può essere trapiantato ed applicato al momento attuale.

     Che oggi si assista infatti a un preciso disegno di indebolimento della Russia e della sua rinnovata crescita economica degli ultimi anni è palese, tranne che per chi siede a Bruxelles e per le folle che si fanno incantare dai ritornelli. Lo scenario di una sempre più stretta collaborazione economica fra Russia e UE deve essere stata vista come un incubo da quella fetta della classe dirigente americana - ahimè numerosa - portatrice di un’inguaribile sbornia egemonica. Unite, Federazione russa ed Europa possiedono infatti le risorse umane, le materie prime e gli strumenti tecnologici per diventare un concorrente degli Stati Uniti non meno temibile della Cina. Se la “distruzione” è difficilmente perseguibile con operazioni militari – la Russia è una potenza atomica – si potevano però usare le sanzioni economiche per cercare di fiaccare economicamente l’avversario. Se si guardano in sequenza certi specifici avvenimenti degli ultimi anni, si noterà che la melliflua istigazione all’Ucraina a richiedere l’ingresso nella NATO - il richiamo per le allodole - e il rifiuto di prendere in considerazione le richieste russe di un reciproco sistema di garanzie, tutto ciò è avvenuto dopo i falliti ed annosi tentativi degli Stati Uniti di arrestare il progetto del Nord Stream ormai quasi in fase di inizio operativo.  Una pura coincidenza oppure una pianificazione di eventi? Ognuno è libero di trarre le sue conclusioni.

      La giustificazione americana dei suddetti tentativi era che così l’Europa sarebbe diventata imprudentemente “dipendente dal gas russo”. Ora, grazie alle continue pressioni dell’Ucraina per essere accolta nella NATO e alla conseguente invasione di quest’ultima, gli Stati Uniti sono riusciti ad ottenere proprio quello che volevano: Putin è stato spinto all’invasione, sanzioni devastanti colpiscono la Russia,  l’Europa riceverà sempre meno gas russo e invece più gas americano! Due piccioni con una fava. Insomma, per non dipendere dal gas russo, ora l’Europa si appresta tutta soddisfatta a dipendere da quello americano. Dove starebbe la differenza? Ovviamente, fa solo sorridere che un Draghi o uno Scholz di turno adesso si scandalizzino perché la Russia chiede di essere pagata in rubli e pretendano di continuare a pagare il gas in dollari. Da una parte si intensificano le sanzioni e gli aiuti militari, che fanno guadagnare i produttori di armi e allungare la guerra, e dall’altra si pretende dalla Russia la continuazione di trattamenti commerciali come se nulla fosse avvenuto. Una bella faccia tosta. Non c’è quasi bisogno di dire che, assieme al gas, molto probabilmente più caro, gli Europei compreranno adesso dagli Stati Uniti anche più armi, che prima compravano dalla Russia. Un bel colpo, visto da una parte. Doppie manette, visto dall’altra.

      I suddetti rapidissimi accenni alla Russofobia mostrano quanto essa sia strumentale a fini che nulla hanno a che vedere con la conclamata estensione del liberalismo democratico sbandierata dagli Stati Uniti. I danni di quest’insensato furore collettivo sono difficilmente quantificabili, non solo quelli materiali ed economici ma anche quelli psicologici e identitari.  A causa della stupidità, cialtroneria e cinismo di alcuni, oltre alle macerie, ai morti e alla marea di ritorno delle sanzioni che già si fa sentire dall’Egitto all’India – scarsità di grano e di petrolio - folle intere rimarranno inoltre avvelenate dal sospetto, dall’astio e dal risentimento e occorreranno decenni o forse più prima che la serenità ritorni.

      Finchè durerà l’ipocrita nozione che solo la Russia sta dalla parte del torto e tutti gli altri sono dei difensori della pace, il veleno della Russofobia, che è la vera causa di questa guerra inutile, continuerà a produrre i suoi sciagurati effetti.

      I complici e gli untori della Russofobia e tutti gli irriducibili malati di sbornie egemoniche dovrebbero ritirarsi dalla scena e cessare di fare danni. Il  mondo sarebbe migliore. Ci sono cose ben più importanti di cui occuparsi: vedi l’incontenibile aumento demografico e il progressivo inquinamento del pianeta. In confronto, tutte le altre questioni sono insignificanti.

Antonello Catani, 29 marzo 2022

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