Augusto Daolio, il respiro della natura

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Il volto meno noto del cantante dei Nomadi. Ci sono persone e cose che nonostante il trascorrere dei decenni, o forse anche dei secoli, rimangono unite nella nostra mente, ad un sentimento di poesia e di pregnante vitalità, pur appartenendo ad una diversa generazione o differente momento storico. Solo a nominarle si sente vibrare nell'aria l'aspirazione alla giustizia e alla libertà, propria di ogni essere umano che non piega il capo davanti alle ingiustizie che possono intralciare il suo cammino come le barricate innalzate da parti o fatti ostili. Si apre a Ferrara una mostra dedicata al fondatore e voce dei Nomadi, Augusto Daolio, nato a Novellara alla fine degli anni Quaranta del Novecento e scomparso prematuramente nel 1992. Nell'elegante Palazzina Marfisa d'Este, fino all'undici settembre, avremmo modo di scoprire un'altra espressione d'arte, dove il cantante e musicista aveva saputo sintetizzare il suo mondo poetico, fatto di sogni di diverso spessore e qualità. Fu pittore e disegnatore di radice surrealista ed ebbe come maestro il compaesano Vivaldo Poli (1914-1982), uno dei maggiori artisti reggiani del dopoguerra che dopo aver aderito al Movimento Arte Concreta, aveva esposto alle Biennali di Venezia del 1948 e del 1950, alla Quadriennale di Roma e alla Mostra di Artisti Contemporanei a Berna nel 1951. Daolio ha saputo dare voce alla fantasia e al mondo che si nasconde dentro di noi ed assume le forme più straordinarie, quasi esso sia frutto di un assai estroso inventore di universi, forse alieni, sicuramente lontani. Voci altre o in parte simili a quelle che noi abbiamo ascoltato nelle sue canzoni che cercano la comprensione e la lettura delle potenti verità nascoste nel significato della vita. Ricordiamo alcuni brani musicali e cantiamoli sottovoce o anche a voce alta, se preferiamo, ritrovandone la passione, per riprendere le fila di quel suo indimenticato affabulare. Io vagabondo ... Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò. Ma un bimbo che ne sa sempre azzurra non può essere l'età...Poi, una notte di settembre mi svegliai, il vento sulla pelle, sul mio corpo il chiarore delle stelle; chissà dov'era casa mia e quel bambino che giocava in un cortile... Io, vagabondo che son io,vagabondo che non sono altro soldi in tasca non ne ho,ma lassù mi è rimasto Dio ... Che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, ad una rivolta senza armi perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge. In ciò che noi crediamo Dio è risorto, In ciò che noi vogliamo Dio è risorto. Nel mondo che faremo Dio è risorto, Dio è risorto ... Per fare un uomo ci vogliono vent'anni, per fare un bimbo un'ora d'amore, per una vita migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto. La rassegna è curata da Pietro Di Natale ed è organizzata dal Comune di Ferrara-Servizio Musei d'Arte e dalla Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con l'Associazione "Augusto per la vita", con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Nell'esposizione ritroviamo un mondo pieno di stupore, come lui lo sentiva: «Ho sempre ascoltato molto, guardato, osservato, e mi sono sempre lasciato sedurre dalla natura, sentendomi parte di essa. Fisicamente, voglio dire. Ho provato stordimenti e capacità visionarie. Mi sono abbandonato agli odori della terra, dell'erba, della corteccia degli alberi. La mia piccola natura sente tutto lo sconvolgimento di un temporale di primavera». Le parole del regista Pupi Avati che nell'occasione della mostra lo cita sulla scia del ricordo di un ritratto dell'artista regalatogli dalla moglie Rosi, rappresentano una testimonianza dell'incontro spirituale di due anime un po' speciali. "Sono convinto infatti che la tua dismisura poetica, la tua capacità di vedere oltre l'insoddisfacente realtà, debba restare un mistero, un enigma che intride di sé quel tuo mondo, dalla musica alla pittura. Quando qualcuno mi disse che tu e Rosi, nelle notti d'estate, in un casolare di campagna, proiettavate un mio film, vissi un momento di grande riconoscenza nella consapevolezza che quello stesso film, in quel contesto così particolare, fra un fienile e un cielo stellato, avesse finalmente trovato quella destinazione che cercava da tempo. Avesse trovato un senso. Fosse finalmente al sicuro. Tu ed io non ci siamo mai incontrati e tuttavia so che ci vorremo sempre bene per quel po' di bellezza che abbiamo cercato di restituire ai tanti che ce l'hanno donata". Le parole di Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Ferrara Arte, indirettamente raccontano le emozioni che Daolio ha regalato a molti e che sicuramente ancora ci stupirà nella selezione dei cinquantasei lavori, tra oli e chine colorate, esposti in mostra e realizzati fra il 1973 e il 1992. "La vita mi ha dato la fortuna di conoscere Rosanna Fantuzzi, che di Augusto fu la compagna, e di assistere, da sindaco, al concerto di Zucchero che – il 19 luglio 2021, in piazza Trento e Trieste a Ferrara – ne ha ricordato l'affetto e il genio, riproponendo alcuni suoi brani storici. Momenti indimenticabili». Vero. Dunque il tempo e le generazioni non cambiano l'emozione e il messaggio di questo epico gruppo, e io non devo testimoniare come chi li ha conosciuti, con partecipazione e riconoscenza, ma da Presidente di una Fondazione che ha deciso di far vedere i sogni e le invenzioni di Augusto, documentati in catalogo a ritroso, dal 1992, l'anno in cui se n'è andato, al 1973, quando comincia a sognare".

Patrizia Lazzarin, 18 giugno 2022

 

 

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